CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 agosto 2021, n. 22785
Tributi – Accertamento catastale – Classamento di immobile ex art. 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004
L’Ufficio Provinciale di Roma Territorio notificava alla società S.I.GO.S. Soc. Immobiliare di C.G. & C. Sas , l’avviso di accertamento, che rettificava il classamento di un immobile di sua proprietà sito in Roma, in Piazza A., identificato al foglio 578, particella183, sub. n. 9, microzona Salario Trieste.
In particolare, ai sensi dell’art. 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004, l’immobile, che era censito in categoria A/4 classe 4, per una rendita pari ad € 1.224,00, veniva rettificato in categoria A/2, classe 3, per una rendita pari ad € 1.781,78.
Avverso tale atto la società proponeva ricorso innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Roma che, con sentenza n. 21780/19/2015, veniva respinto. In particolare, i giudici di primo grado chiarivano che l’Ufficio aveva operato il nuovo classamento, secondo la procedura di cui all’art. 1 c. 335 cit. e sulla base dei criteri e delle modalità operative sancite dalla Determinazione del Direttore dell’Agenzia del Territorio del 16.2.2005 (che si legge in G.U. n. 40 del 18.2.2005).
L’atto impugnato, secondo i primi giudici, consentiva alla società contribuente di esercitare pienamente il suo diritto di difesa e delineava in maniera sufficientemente chiara l’oggetto del contendere, indicando tutti gli elementi dai quali era possibile ricostruire il percorso seguito nella modifica della classe di merito dell’unità immobiliare di cui trattasi. Era agevole rilevare che l’Ufficio aveva puntualmente esposto sia le condizioni per l’attivazione della procedura, sia il prospetto di calcolo fondato sui dati OMI, pubblici e facilmente reperibili dello scostamento dei valori catastali e di mercato già sopra richiamati, nonché gli indici di rivalutazione della microzona.
Inoltre risultava che l’immobile di proprietà della odierna ricorrente era stato confrontato con unità immobiliari del tutto simili per consistenza, ubicazione e tipologia a quella di proprietà della ricorrente. Dunque, la motivazione detratto impugnato doveva ritenersi esente da tutti i denunciati profili di nullità e illegittimità esposti in ricorso.
Avverso tale pronuncia, la società proponeva impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale che, con sentenza n. n. 7583/7/2017, accoglieva l’appello della società compensando le spese. I giudici di II grado, in particolare, rilevavano che l’atto con cui era stato adottato il nuovo classamento, richiedeva, ai fini di una congrua motivazione, non solo il riferimento ai suddetti rapporti ed al relativo scostamento nonché ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, ma anche l’indicazione degli elementi che, in concreto, avevano inciso sul diverso classamento, tenendo conto che l’attribuzione di una determinata classe era correlata sia alla qualità urbana del contesto in cui I ‘immobile era inserito, sia alla qualità ambientale della zona di mercato immobiliare in cui I ‘unità stessa era situata, sia infine alle caratteristiche edilizie dell’unità stessa e del fabbricato che la comprendeva. Riteneva , quindi, la nullità dell’accertamento in quanto I ‘Agenzia delle Entrate lo aveva sostanzialmente giustificato con la progressiva trasformazione urbana e socio-economica della microzona, ma tale trasformazione in effetti rappresentava solo la spiegazione del perché la microzona aveva registrato lo scostamento previsto dall’art. 1, comma 335 della legge 311/2004.
Avverso detta sentenza ricorreva l’Agenzia delle Entrate deducendo:
1.Violazione e falsa applicazione dell’art.1, comma 335, della legge n.311 del 2004, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. .
2. Violazione e falsa applicazione dell’art.7 della Legge n. 212 del 2000, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
SIGOS si costituiva con controricorso.
Secondo l’ Agenzia, erano stati rispettati i presupposti di fatto e di diritto che legittimavano l’emissione del provvedimento impugnato e gli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei contribuenti erano adeguatamente motivati con l’esatta indicazione dei dati catastali e del rapporto valore/rendita catastale media, discostantesi di oltre il 35% dalla media dell’intera zona.
Verificato lo scostamento, infatti, per oltre il 35% dall’analogo rapporto delle microzone comunali, il Comune aveva richiesto di procedere alla revisione dei classamenti sugli immobili ubicati nella microzona anomala, proprio in ossequio al principio di eguaglianza e di capacità contributiva, che non tolleravano un più favorevole trattamento fiscale di cespiti di valore superiore ad altri.
Sul punto, la legge n. 311 del 2004 aveva sostanzialmente previsto una revisione generalizzata (art.1, comma 335) e una revisione puntuale (art. 1, comma 336) delle rendite. Si trattava, secondo la ricorrente, di una norma speciale, essendo stata introdotta, in attesa di una riforma del sistema catastale, per attenuare, nel modo più celere possibile, le sperequazioni fiscali ed evitare situazioni di palese ingiustizia all’interno del territorio del comune.
Le finalità della normativa, sempre secondo l’Agenzia, erano state riconosciute anche dalla giurisprudenza (Cass. del 19 ottobre 2016. n. 21176) che aveva stabilito che, nel caso di un riclassamento di cui all’art. 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004, ai fini della motivazione, era sufficiente indicare il presupposto della rettifica, cioè la norma di riferimento in base alla quale veniva operata la revisione, non essendo neppure necessario il previo sopralluogo dal momento che la rivalutazione non era riconnessa a singole variazioni edilizie degli immobili.
Con il secondo motivo, la ricorrente evidenziava che l’articolo 7 della Legge n. 212 del 2000, rubricata “chiarezza e motivazione degli atti”, imponeva di motivare i provvedimenti amministrativi illustrando i motivi di fatto e le ragioni giuridiche che avevano imposto l’adozione dell’atto. Tale norma era stata rispettata da parte dell’Ufficio. Infatti, nel caso di specie, non vi erano incertezze sul fatto che il riclassamento dell’unità immobiliare fosse da riconnettere alla fattispecie di cui all’art. 1, comma 335 e non in quella di cui all’art. 1, comma 336 della legge 311 del 2004.
Le ragioni che avevano portato all’attribuzione di una nuova rendita catastale, infatti, non erano state dettate da trasformazioni specifiche dell’unità abitativa, ma erano giustificate da una risistemazione generale (per ragioni di equità) dei parametri relativi alla microzona in cui si collocava l’unità immobiliare, resa necessaria dai cambiamenti che si erano avuti nel tempo e che avevano prodotto, in quello specifico ambito territoriale, una consistente rivalutazione del patrimonio immobiliare e della connessa redditività, che non trovava più corrispondenza nei classamenti originari. Quindi, l’atto non difettava di motivazione essendo stati rispettati tutti i presupposti di fatto e di diritto richiesti dalla legge per procedere al nuovo classamento immobiliare.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente.
Il ricorso non è fondato.
Come già osservato dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di estimo catastale, l’obbligo di motivazione a carico dell’Amministrazione si atteggia diversamente a seconda che la stessa operi d’iniziativa o su sollecitazione del contribuente ed assume una connotazione più ampia anche quando l’Agenzia del territorio muta d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che ne risulti già munita; in tal caso la dilatazione della componente motivazionale si giustifica per il fatto che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione.
Costituisce, infatti, orientamento consolidato quello secondo cui “In tema di estimo catastale, quando procede all’attribuzione di ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia del Territorio, a pena di nullità del provvedimento per difetto di motivazione, deve specificare se tale mutamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dall’unità immobiliare in questione, oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare. L’Agenzia dovrà indicare, nel primo caso, le trasformazioni edilizie intervenute, e, nel secondo caso, l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano. Tali specificazioni e indicazioni, infatti, sono necessarie per rendere possibile al contribuente di conoscere i presupposti del riclassamento, di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento e di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa; nonché di impedire all’Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate. (Vedi Cass. n. 9626, n. 19814 e n. 19949 del 2012; n. 16643 e n. 21532 del 2013; n. 16887, n. 17335 e n. 23247 del 2014).
Si è osservato ancora (Cass. n. 19989/2019), in relazione al contenuto minimo della motivazione di tali atti di riclassamento di immobili già muniti di rendita catastale, ma oggetto di rettifica per iniziativa dell’Amministrazione finanziaria, che:
a) se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi del comma 335 della l. n. 311 del 2004, art. 1, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento;
b) se la variazione è stata effettuata ai sensi della l. n. 311 del2004, art. 1, comma 336, in ragione di trasformazioni edilizie subite dall’unita immobiliare, l’atto deve recare l’analitica indicazione di tali trasformazioni;
c) nell’ipotesi di riclassificazione avvenuta ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, l’atto deve precisare a quale presupposto – il non aggiornamento del classamento ovvero la palese incongruità rispetto a fabbricati similari – la modifica debba essere associata, specificamente individuando, nella seconda ipotesi, i fabbricati, il loro classamento e le caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento. (Vedi Cass. n. 19820 del 2012; n. 5784 e n. 10489 del 2013; n. 697 del 2015).
E che: “la motivazione dell’atto di “riclassamento” non può essere integrata dall’Amministrazione finanziaria nel giudizio di impugnazione avverso lo stesso (vedi da ultimo Cass. n. 25450 del 2018 e n. 6065 del 2017), né il fatto che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione, al fine di non legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della motivazione, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione atti a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa.” Ciò perché l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo “persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (cfr. Cass. n. 7056 del 2014; n. 15842 del 2006; n. 23009 del 2009).
Nel caso in esame, risulta che l’Amministrazione ha proceduto d’ufficio al mutamento di classamento ai sensi dell’art. 1, comma 335, della l. n. 311 del 2004, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui gli immobili sono situati, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale, in tale microzona, rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali. In queste ipotesi, la ragione giustificativa del mutamento di rendita non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, né la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339, ed elaborate con la determinazione direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), cui sono allegate le linee guida definite con il concorso delle autonomie locali.
Sotto altro profilo, va anche rilevato come la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 249 dell’ 1 dicembre 2017, abbia ritenuto “non irragionevole” la scelta fatta dal legislatore di consentire una revisione del classamento per microzone, in quanto basata sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene, tanto che il fattore posizionale già costituisce una delle voci prese in considerazione dal sistema catastale in generale. La modifica del valore degli immobili, presenti in una determinata microzona, ha una indubbia ricaduta sulla rendita catastale ed il conseguente adeguamento, in presenza di un’accresciuta capacità contributiva, mira ad eliminare una sperequazione a livello impositivo.
La Corte Costituzionale, con la pronuncia indicata, ha, fra l’altro, affermato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, cosi incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ed ha, significativamente e chiaramente , ribadito la necessità di una provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione.
Riconosciuta la legittimità dello strumento in generale, se ne impone, tuttavia, un corretto utilizzo, che a giudizio di questa Corte non può prescindere da un adeguata valutazione, caso per caso, del singolo immobile, oggetto di riclassificazione. Poiché non è sufficiente il rispetto dei criteri generali previsti dalla norma, ma si richiede che l’attribuzione della nuova rendita venga contestualizzata in riferimento alle singole unità immobiliari, anche gli oneri motivazionali devono adeguarsi ad esigenze di concretezza e di analiticità, senza che possa ritenersi sufficiente una motivazione standardizzata, applicata indistintamente, che si limiti a richiamare i presupposti normativi in modo assertivo.
Ebbene, con riferimento a tale specifica ipotesi, questa Corte ha ripetutamente affermato, in relazione a contenziosi sorti in conseguenza di applicazioni fatte in diversi Comuni, che “In tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi dell’art. 1, comma 335, della l. n. 311 del 2004, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento ai suddetti parametri di legge ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del ridassamento, allorché da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, esigendosi che detto obbligo motivazionale sia assolto in maniera rigorosa in modo che il contribuente sia posto in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento, avente carattere “diffuso” ( Vedi Cass. n. 3156 del 2015; n. 22900 del 2017; n. 16378, n. 23129, n. 28035 e n. 28076 del 2018; n. 9770 del 2019), ed ancora che ” In tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi dell’art. 1, comma 335, della l. n. 311 del 2004 nell’ambito di una revisione parziale dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente Corte di Cassazione – copia non ufficiale nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, dovendo porre il contribuente in grado di conoscere le concrete ragioni che lo giustificano – come evidenziato anche dalla sentenza della Corte Cost. n. 249 del 2017 – deve indicare i motivi per i quali i valori considerati abbiano determinato il suddetto scostamento, facendo riferimento agli atti da cui ha tratto impulso l’accertamento, costituiti dalla richiesta del Comune e dalla determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio, nonché ai dati essenziali del procedimento estimativo delineati da tali fonti normative integrative che abbiano inciso sul classamento. ” (vedi Cass. n. 31829 del 2018 e da ultimo Cass.19989/19; 19990/20; 22671/2019 tutte assunte nell’udienza del 7.5.2019).
In applicazione dei suindicati principi, a cui questa Corte intende conformarsi, non può ritenersi sufficientemente motivato il provvedimento assunto dall’Ufficio, che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto di scostamento senza esplicitare gli elementi che, in concreto, lo hanno determinato, che non possono prescindere da quelli indicati dall’art. 8 del d.P.R. n. 138 del 1998 (qualità urbana ed ambientale della microzona nonché caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende) e ciò ai duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto. (Vedi Cass. n. 25766 del 2018; n. 23789 del 2018; n. 17413 del 2018; n. 17412 del 2018; n. 8741 del 2018; n. 4903 e n. 10403 del 2019).
Inoltre, con riferimento ai casi in cui è disposto un mutamento di categoria dell’immobile, non può ritenersi sufficiente il riferimento alla microzona ed alle sue caratteristiche, perché la mera collocazione nella microzona non incide sulla destinazione funzionale dell’immobile che condiziona l’attribuzione della categoria.
Quanto ai mutamenti di classe, se è vero che l’attribuzione di una determinata classe è indubbiamente correlata alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), e alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, tali caratteristiche generali vanno sempre individuate in concreto, in riferimento alla specifica porzione di territorio in cui si inserisce la revisione, individuando gli effettivi interventi urbanistici e le attività realmente incidenti sulla migliore qualità dell’utilizzo degli immobili della zona.
Oltre al fattore posizionale, ai fini valutativi rileva anche il fattore edilizio, per cui non è possibile prescindere dalle caratteristiche edilizie specifiche della singola unità e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, stato di conservazione, l’anno di costruzione, eccetera), non essendo sostenibile che tutti gli immobili di una stessa zona abbiano necessariamente la medesima classe.
Il ricorso va pertanto respinto. Il recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate, rispetto all’epoca di introduzione della lite, giustificano la integrale compensazione delle spese.
P.Q.M.
respinge il ricorso e compensa le spese di lite.
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