CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 aprile 2018, n. 9140
Cartella esattoriale – Lavoratori posti in mobilità ai quali venivano procurate offerte di lavoro – Mancato riconoscimento del beneficio dell’esonero dell’obbligazione contributiva – Genuina operazione di reperimento – Assetti proprietari coincidenti, né rapporti di collegamento o controllo dell’impresa che colloca in mobilità con quella che assume – Onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti
Rilevato
che con sentenza depositata L’11.7.2012 la Corte d’appello di Ancona, confermando la pronuncia del giudice di prime cure, ha respinto l’opposizione a cartella esattoriale proposta dalla società R. di M.M. & C. s.r.l. per debiti contributivi derivanti dal mancato riconoscimento del beneficio dell’esonero dell’obbligazione contributiva per i lavoratori posti in mobilità ai quali aveva procurato offerte di lavoro, ex art. 5, commi 4 e 5, della legge 23.7.1991, n. 223, non ritenendo sussistenti le condizioni per il riconoscimento del suddetto esonero;
che avverso detta sentenza la società propone ricorso affidato a tre motivi e l’Inps si difende con controricorso;
Considerato
che con i primi due motivi la società ricorrente deduce violazione degli artt. 2697 cod.civ., dell’art. 5, comma 5 della legge n. 223 del 1991, dell’art. 102 cod. proc. civ. nonché vizio di motivazione (ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) lamentando l’omessa integrazione necessaria del contraddittorio nei confronti della società (T. s.r.l.), disposta ad assumere i lavoratori posti in mobilità, nonché l’inversione dell’onere della prova circa l’insussistenza delle condizioni per fruire del beneficio dell’esonero parziale del pagamento dei contributi (da attribuirsi a carico dell’Inps), rilevando inoltre l’insufficiente valutazione della documentazione prodotta a sostegno dell’insussistenza della condizione ostativa dettata dall’art. 8, comma 4 bis, della legge n. 223 ed il malgoverno della prova per presunzioni a fronte dell’assenza di prove in ordine a conferimenti, partecipazioni indirette, atti di rappresentanza, deleghe tra le due società R. e T.;
che con il terzo motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 12 preleggi al cod.civ. e dell’art. 8, comma 4 bis della legge n. 223 del 1991, avendo, la Corte territoriale, fornito una lettura di quest’ultima disposizione non conforme all’art. 3 Cost. “che non consente diversità davanti alla legge, anche di condizioni personali” e all’art. 41 Cost. che afferma la libertà dell’iniziativa economica privata;
che il ricorso – inammissibile con riguardo alle argomentazioni che suggeriscono una rivisitazione del materiale istruttorio affinché se ne fornisca una valutazione diversa da quella accolta dalla sentenza impugnata, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione – è infondato, avendo questa Corte già chiarito che il beneficio della parziale esenzione dall’onere economico del pagamento della contribuzione a favore di lavoratori posti in mobilità opera per le aziende che reperiscano, ai dipendenti collocati in mobilità, altre offerte lavorative, purché si tratti di una genuina operazione di reperimento, nel senso che la impresa che colloca in mobilità non deve avere assetti proprietari coincidenti, né rapporti di collegamento o controllo con quella destinataria (Cass. n. 2616 del 2010, confermata, implicitamente, quanto al criterio di riparto degli oneri probatori, da Cass. n. 6586 del 2012);
che è stato precisato come – ai fini di individuare i fatti costitutivi o impeditivi del beneficio preteso (e il correlato criterio di riparto dell’onere probatorio) – l’esame del combinato disposto degli artt. 5, comma 5, e 8, comma 4 bis della legge n. 223 del 1991 dimostra che l’assenza di collegamenti tra l’azienda che colloca in mobilità i dipendenti e quella che li assume è fatto costitutivo del diritto, operando, tale condizione, nello stesso modo sia per i benefici invocati dall’impresa che pone in mobilità i lavoratori sia per l’ipotesi, speculare, in cui la riduzione dei contributi venga chiesta dall’impresa che assume i lavoratori (cfr., con riguardo al caso dell’impresa che assume, Cass. n. 8988 del 2008, ove si è escluso il diritto al beneficio in un caso in cui le due imprese presentavano una composizione strettamente familiare, che vedeva, nell’un caso, la presenza dei soli coniugi, mentre, con riguardo all’impresa che aveva assunto i dipendenti licenziati, anche quella dei figli della medesima coppia);
che la sussistenza di due distinti diritti a fruire di benefici contributivi (a favore dell’impresa che colloca in mobilità i lavoratori, ex art. 5, comma 5, della legge n. 223 del 1991, e a favore dell’impresa che assume lavoratori, ex art. 8, comma 4 bis, della medesima legge), escludendo la configurabilità di un rapporto unico ed inscindibile tra i due soggetti, comporta, sul piano processuale, l’autonomia delle domande proposte all’Istituto previdenziale, la quale impedisce di ravvisare un litisconsorzio necessario;
che, inoltre, la soluzione esegetica innanzi illustrata è confermata dal consolidato assetto di questa Corte in materia di sgravi e fiscalizzazioni, in base al quale, essendo il pagamento dei contributi un’obbligazione nascente dalla legge, spetta al debitore dimostrare il suo esatto adempimento e, quindi, grava sull’impresa che vanti il diritto al beneficio contributivo l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata (cfr. Cass. n. 5137 del 2006, Cass. Sez. U. n. 6489 del 2012; da ultimo, Cass. n 13011 del 2017);
che, infine, l’apprezzamento del giudice di merito circa il ricorso alla prova presuntiva e la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di produzione, sono incensurabili in sede di legittimità, l’unico sindacato in proposito riservato al giudice di legittimità essendo quello sulla coerenza della relativa motivazione, che, nel caso di specie, risulta congrua e coerente, avendo, la Corte distrettuale effettuato una valutazione di sintesi di tutti gli elementi probatori raccolti (cfr. con riguardo al sindacato della Corte di Cassazione in materia di prova presuntiva, Cass. n. 3983 del 2003 e, da ultimo, Cass. n. 10973 del 2017);
che in conclusione il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
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