CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 aprile 2019, n. 10289
Tributi – ICI – Esenzione ex art. 7, co. 1, lett. i), D.Lgs. n. 504 del 1992 – Immobile destinato a casa di riposo – Verifica della natura economica o non economica dell’attività svolta – Destinazione a scuola materna – Utilizzo concreto, effettivo e attuale dell’immobile alla destinazione didattica
Rilevato che
1. Con ricorso proposto alla Commissione Tributaria Provinciale di Livorno la Congregazione Sorelle Poveri S. Caterina da Siena impugnava n. 3 avvisi di accertamento per ICI relativa alle annualità 2007, 2008 e 2009, inerenti a n. 4 immobili destinati ad attività assistenziali e didattiche, eccependo che in relazione a detti immobili sussistevano i requisiti sia soggettivi che oggettivi per riconoscere l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504/1992.
Il Comune dì Livorno sì costituiva sostenendo che l’ICI non doveva essere pagato solo per l’immobile adibito a residenza delle religiose.
2. Con sentenza n. 272/2/11, la commissione tributaria provinciale di Livorno accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando non dovuta l’ICI sui locali adibiti ad assistenza anziani e ad abitazione delle religiose, respingendo nel resto il ricorso.
3. Avverso tale pronuncia proponeva appello il Comune di Livorno, relativamente alla parte che aveva accolto il ricorso, sostenendo il carattere commerciale dell’attività svolta nell’immobile destinato a casa di riposo.
La Congregazione Sorelle Poveri S. Caterina da Siena proponeva a sua volta appello incidentale in relazione alla parte della sentenza che non aveva riconosciuto l’esenzione ICI per l’immobile destinato a scuola materna.
4. Con sentenza n. 73/23/13, pronunciata il 18/3/2013 e depositata il 21/5/2013, la commissione tributaria regionale di Firenze, sezione distaccata di Livorno, confermava la sentenza di primo grado, compensando tra le partì le spese processuali.
5. Avverso tale sentenza il Comune di Livorno ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
Resiste con controricorso la Congregazione Sorelle dei Poveri di S. Caterina da Siena, che ha proposto anche ricorso incidentale articolato in un unico motivo.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso il Comune di Livorno ha censurato la sentenza impugnata per “violazione e falsa applicazione dell’art. 7, lett. i), del d.lgs. 504/92. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c.”.
In particolare, il Comune ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto l’esenzione dall’ICI per l’immobile destinato a casa di cura per anziani, in ragione del carattere essenzialmente assistenziale dell’attività ivi svolta e delle modalità applicate, ritenute “non commerciali”. Sostiene in proposito il ricorrente che l’attività in questione, è svolta in forma aziendale, in quanto incassa rette, paga stipendi, organizza personale dipendente, e, dunque, si qualifica come commerciale, con conseguente inapplicabilità dell’esenzione prevista dall’art. 7, lett. i) del d.lgs. n. 504/1992 irrilevante sarebbe, inoltre, anche il richiamo da parte del giudice di secondo grado alla circolare del Ministero delle Finanze 2/DF del 26/1/2009 (peraltro erroneamente citata nella parte che si riferisce all’attività educativa, anziché a quella assistenziale), sia per la natura non vincolante delle circolari, sia perché superata dal parere del Consiglio di Stato n. 4180 del 4/10/2012 ed in contrasto con la definizione di “attività svolte con modalità non commerciali” resa con il successivo parere del Consiglio di Stato n. 4802 del 13/11/2012.
1.1. Il motivo è fondato.
E’ opportuno ricordare che la norma invocata dal ricorrente ha subito nel tempo successive modifiche che hanno dato luogo a disposizioni legislative parzialmente diverse.
In particolare, l’art. 7 comma 1 lett. i) del d.lgs. 504/1992 nel testo vigente dal 01/01/2003 al 03/10/2005, disponeva l’esenzione ICI per <gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, prevideniziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222.».
Successivamente, il citato art 7 è stato integrato e modificato, dapprima, dall’art. 7 comma 2 bis del d.l. n. 203 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248 del 2.12.2005, che aveva esteso l’esenzione disposta dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse, e, poi, dall’art. 39 del d.l. n. 223 del 2006, convertito con modificazioni nella L. 248 del 2006 (in vigore dal 4/7/2006 sino alla sua sostituzione con l’IMU, a partire dal gennaio 2012) che, modificando il comma 2 bis del citato art 7, ha stabilito che l’esenzione disposta dal d.lgs. 504 del 1992 art. 7 comma 1 lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera «che non abbiano esclusivamente natura commerciale».
1.2. Nella specie, essendo oggetto di impugnazione accertamenti ICI relativi alle annualità 2007-2008 e 2009, viene direttamente in rilievo ratione temporis l’ultima versione del citato art. 7, lett. 1), come ritenuto anche dalla CTR, ancorché erroneamente affermando che la modifica legislativa apportata dal citato art. 39 del d.l. n. 223 del 2006 (al pari di quella precedentemente disposta dal citato art. 7 comma 2 bi s del d.l. n. 203 del 2005), avrebbe valore interpretativo della precedente formulazione della norma: in proposito giova ribadire che le modifiche dell’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs n. 504 del 1992 non sono applicabili retroattivamente, trattandosi di disposizioni che hanno carattere innovativo e non interpretativo (Cass., sez. 5, 16/06/2010, n. 14530, Rv. 613772 – 01; Cass., sez. 5, 15/07/2015, n. 14795, Rv. 636054 – 01), ancorché nel caso in esame tale questione, come si è osservato, risulta irrilevante trattandosi di annualità di imposta che comunque rientrano temporalmente nella vigenza della disposizione innovativa.
1.3. Nella formulazione della norma applicabile a tutte le annualità di imposta di cui è causa, l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 è subordinata alla compresenza di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia), e di un requisito oggettivo, rappresentato dalla natura “non esclusivamente commerciale” dell’attività svolta nell’immobile.
1.4. L’accertamento della natura delle attività in discorso deve essere operato in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale (V. Cass., sez. 5, 8/7/2015, n. 14226, Rv. 635798-01, la quale ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva riconosciuto l’esenzione ad una scuola paritaria di ispirazione religiosa, i cui utenti pagavano un corrispettivo, attribuendo erroneamente rilievo alla circostanza che l’attività fosse in perdita).
1.5. Nella specie, la ricorrenza del requisito soggettivo non è stata oggetto di contestazione nel corso del giudizio di merito, né costituisce motivo di censura in questa sede.
Per quanto attiene invece al requisito oggettivo, sul quale si incentra il ricorso proposto dal Comune ricorrente, il requisito della natura “non esclusivamente commerciale” richiesto dalla disposizione nel testo applicabile alla fattispecie in esame deve essere interpretato anche alla luce della sua compatibilità con i principi del diritto dell’Unione Europea.
1.6. Questa Corte (cfr. Cass. civ. sez V, 12/2/2019, n. 4066, Rv. 652784 – 01) ha infatti chiarito che deve tenersi conto della decisione 2013/284/UE della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, ed ha in proposito affermato che l’esenzione ICI prevista in favore degli enti non commerciali dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, è compatibile con il divieto di aiuti di Stato sancito dalla normativa unionale solo ove abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica, dovendo intendersi tale, secondo il diritto dell’Unione, l’attività svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico.
1.7. La citata decisione della Commissione dell’Unione Europea, nel valutare se il d.lgs. 504/1992 art. 7 comma 1, lett. i), in tema di esenzione ICI, nelle sue diverse formulazioni succedutesi nel tempo, concretizzasse una forma di aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione, ha precisato che anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato ed ha altresì osservato che anche laddove un’attività abbia una finalità sociale, questa non basta da sola ad escluderne la classificazione di attività economica.
Al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività è necessario dunque che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico.
1.8. Con la predetta decisione la Commissione dell’Unione Europea ha valutato la compatibilità delle disposizioni legislative di cui si discorre con l’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato, a mente del quale: ((sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino dì falsare la concorrenza». Conformemente a tale disposizione, la Commissione ha esaminato: 1) se la misura è finanziata dallo Stato o mediante risorse statali; 2) se la misura conferisce un vantaggio selettivo; 3) se la misura incide sugli scambi tra gli Stati membri e falsi o minacci di falsare la concorrenza.
Ha quindi osservato che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione dì impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento: pertanto, anche un soggetto che in base alla normativa nazionale è classificato come un’associazione o una società sportiva può essere considerato come un’impresa ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato.
L’unico criterio rilevante al riguardo è se il soggetto interessato svolga o meno un’attività economica.
Inoltre, osserva la Commissione, l’applicazione della normativa sugli aiuti dì Stato non dipende dal fatto che un soggetto venga costituito per conseguire utili, poiché anche un ente senza fine di lucro può offrire beni e servizi sul mercato.
1.9. L’attenzione della Commissione UE si è poi focalizzata sul comma 2 bis dell’art. 7 citato, (già abrogato all’epoca della decisione) norma che qui viene in rilievo, come si è detto, nelle sua ultima formulazione per gli anni di imposta 2007-2009. La Commissione UF, ha dato atto che era stata emanata una circolare ministeriale (29 gennaio 2009) esplicativa dei criteri utili per stabilire quando le attività di cui all’art. 7 lett. i) dovevano essere considerate di natura «non esclusivamente commerciale». Se erano soddisfatte le condizioni indicate nella circolare, si riteneva che gli enti non commerciali erano esentati dall’ICI anche quando le attività da essi svolte presentavano elementi di natura economica.
In proposito, per quanto qui interessa, la Commissione DE non esamina espressamente le indicazioni della circolare con riferimento alle attività assistenziali, ma valutando in via esemplificativa tale circolare riguardo alle analoghe attività ricettive e sanitarie, ricorda che per le prime era richiesto che non fossero rivolte a un pubblico indifferenziato, ma a categorie predefinite e che il servizio non fosse fornito per l’intero anno solare. Il fornitore di servizi era inoltre tenuto ad applicare tariffe di importo ridotto rispetto ai prezzi di mercato e la struttura non doveva funzionare come un normale albergo; per il settore delle attività sanitarie, invece, era essenzialmente richiesto che gli enti non commerciali avessero concluso una convenzione o un contratto con le autorità pubbliche.
Ebbene, anche tali condizioni previste dalla circolare ministeriale, ad avviso della Commissione, non sono sufficienti ad escludere la natura economica delle attività in questione.
Invero, con specifico riferimento alle attività assistenziali (non direttamente esaminate dalla Commissione la citata circolare ministeriale stabiliva che “si intendono svolte con modalità non esclusivamente commerciali le attività convenzionate o contrattualizzate per le quali sono previste rette nella misura fissata in convenzione”, ovvero, quanto “alle attività per le quali l’ente pubblico non ha ad oggi sviluppato un organico sistema di convenzionamento, la modalità di esercizio deve prevedere: a) prestazioni gratuite o con compenso simbolico (es. mensa per i poven); b) prestazioni con rette, ma a condizione che l’attività non chiuda con un risultato superiore al pareggio economico” Orbene, tali criteri non sono stati tenuti in considerazione dal giudice d’appello nella decisione oggi impugnata, la quale peraltro impropriamente richiama la circolare ministeriale n. 2/I917 con riferimento ai criteri indicati per le attività didattiche e non per le attività assistenziali.
Anzi, nel rilevare che l’attività svolta nell’immobile in questione ha carattere essenzialmente assistenziale a favore degli anziani, “considerato le modalità applicate non commerciali sia per le rette sociali che non coprono neppure i costi di gestione, che per la tipologia di attività rivolta alle fasce più deboli e disagiate, sia economicamente che per il loro specifico stato di condizione fisica”, la CTR ha assegnato un rilievo preminente al fine assistenziale, che invece, non è ritenuto rilevante ex sé né secondo la citata circolare n. 2/DF né, tantomeno, secondo la Commissione UE, la quale espressamente esclude che la finalità sociale sia da sola sufficiente ad escludere la classificazione dell’attività come di natura economica.
Anche il riferimento alle tariffe applicate, effettuato nella sentenza impugnata con una generica valutazione di insufficienza a coprire i costi di gestione, non considera, come invece richiesto preliminarmente dalla circolare ministeriale, se l’attività in discorso rientri tra quelle per le quali esiste un sistema di convenzionamento.
In ogni caso, tale considerazione non è in sé significativa ai fini che qui interessano alla luce dei principi dettati dalla Commissione UE, atteso che quest’ultima nella sua decisione ha ritenuto, in linea generale, che l’applicazione dei soli criteri di cui alla citata circolare non vale ad escludere la natura economica delle attività interessate, dovendo essere approfondita l’entità della frazione dei costi in concreto coperta.
Del resto, anche precedentemente alla decisione della Commissione UE, questa Corte aveva chiarito che per escludere la natura commerciale dell’attività svolta in un immobile adibito a casa di soggiorno per anziani occorreva verificare che la retta pagata dagli ospiti della struttura non costituisse un contributo inidoneo a coprire, per una parte significativa, i costi effettivi di gestione (Cass., sez. 5, 2173/2012, n. 4502, Rv. 622054 — 01), non potendo assumere rilievo la mera circostanza che l’attività sia in perdita (Cass., sez. 5, 8/7/2015, n. 14226, Rv. 635798 – 01).
1.10. Sulla base delle considerazioni svolte, la Commissione UE ha ritenuto che la disposizione in esame sia all’origine di una perdita di risorse statali nella misura in cui, garantendo un’esenzione fiscale, concede un vantaggio selettivo agli enti non commerciali che svolgono determinate attività. La misura deve quindi essere considerata aiuto di Stato, incompatibile con il Trattato, mentre l’esenzione fiscale prevista dal nuovo regime dell’imposta municipale unica, applicabile dal 1 gennaio 2012, non costituisce un aiuto di Stato.
La Commissione non ha tuttavia ordinato il recupero delle somme, ritenendolo impossibile. Tuttavia, questa parte della decisione, che sembrava chiudere il capitolo dell’aiuto dì Stato illegittimamente concesso in virtù della norma in esame con una sorta di sanatoria, è stata annullata dalla recente sentenza della CGUE del 6 novembre 2018, (cause riunite C-622/16 P – C-623/16 P, C-624/16 P) dove si è evidenziato che l’ordine di recupero di un aiuto illegale è la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità e che diversamente si farebbero perdurare gli effetti anticoncorrenziali della misura; in particolare la CGUE ha ricordato che le decisioni della Commissione volte ad autorizzare o vietare un regime nazionale hanno portata generale.
Ciò impone al giudice nazionale una ancora maggiore attenzione nella decisione delle cause pendenti, per evitare che si produca l’effetto, in assoluto contrasto con i principi sopra enunciati, di attribuire oggi, in presenza di questo arresto della giurisprudenza europea, un vantaggio indebito, tramite una illegittima esenzione dal tributo.
1.11. Così ricostruita la portata e l’efficacia del dato normativo applicabile alla fattispecie, deve concludersi che il giudice d’appello ha fatto una non corretta applicazione della norma, così come essa deve leggersi ed intendersi alla luce della giurisprudenza nazionale e dei principi di diritto comunitario, in quanto, per tutte le annualità oggi in esame, non è stata correttamente valutata la ricorrenza del presupposto oggettivo per l’esenzione dall’ICI.
Infatti, in conformità ai principi sopra indicati, si devono considerare irrilevanti -ai fini tributari- le argomentazioni con le quali la CFR ha escluso la comrnercialità dell’attività esercitata nell’immobile di cui è causa, basandosi esclusivamente sulle indicazioni fornite dalla Circolare del Ministero delle Finanze n. 2/1) del 20/1/2009, ed in particolare sulla assenza del lucro soggettivo e della libera concorrenza e sulla presenza di finalità di solidarietà sociale, nonché sul rilievo (impropriamente richiamato in quanto relativo alle attività didattiche) che “una scuola meritevole di esenzione deve essere paritaria, non deve essere discriminatoria in fase di accesso e non deve chiudere con un risultato superiore al pareggio economico ovvero deve reimpiegare gli avanzi di gestione nella stessa attività didattica”, criteri che la CTR ha ritenuto soddisfatti nel caso in esame ma che, per quanto sopra evidenziato, non possono ritenersi idonei ad escludere la natura economica delle attività svolta nell’immobile quale casa di riposo per anziani, essendo altresì necessario verificare la gratuità di tali attività ovvero che gli eventuali importi versati dagli anziani siano, per la loro entità, simbolici o comunque inidonei a costituire una retribuzione del servizio prestato in quanto notevolmente inferiori ai costi di gestione. Tale ulteriore e puntuale accertamento di fatto, da condurre in modo rigoroso, non è stato svolto nella sentenza impugnata.
2. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, si deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 7, lett. i), del digs. 504 / 92 e vizio di motivazione, Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c.”.
La Congregazione Sorelle dei Poveri di Santa Caterina da Siena sostiene che la sentenza impugnata avrebbe errato nel negare l’esenzione ICI per l’immobile adibito a scuola materna sul rilievo che, di fatto, in tale immobile non veniva svolta alcuna attività didattica. Ad avviso della parte ricorrente in via incidentale, infatti, ciò che dovrebbe rilevare ai fini dell’esenzione è la destinazione didattica dell’immobile e non già il concreto utilizzo dello stesso, là dove il termine “utilizzo” adoperato dal legislatore verrebbe a richiamare un concetto ampio di disponibilità, in cui debbono essere ricomprese sia le situazioni di possesso che di detenzione, come chiarito da Cass. 16/4/2008 n. 9948, senza fare riferimento ad un concetto dinamico di concretezza ed effettività relativamente alle attività considerate dalla norma.
2.1. Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha escluso la esenzione ICI per il fabbricato destinato a scuola materna “stante che, a prescindere dalla destinazione, è risultato che di fatto nello stesso non viene svolta alcuna attività didattica, e la norma di esenzione invocata dalla controparte (art. 7, lett. i) d.lgs 504/92) è chiara nel richiedere che l’immobile sia utilizzato per l’esercizio di una delle attività elencate dalla norma, e che tale utilizzo sia effettivo e reale e non soltanto potenziale. Il contribuente appellante ha confermato che tale attività didattica non viene esercitata negli immobili, limitandosi invece solo ad affermare tramite perizi che immobili hanno sempre mantenuto le caratteristiche strutturali per essere destinati all’attività didattica”.
Sulla base delle circostanze di fatto così accertate, e non contestate dalla contribuente, la CTR ha fatto corretta applicazione della norma invocata, la quale richiede espressamente che gli immobili siano “utilizzati” dai soggetti ivi indicati “destinandoli” ad una delle attività esenti.
Questa Corte ha in passato affermato che la disposizione in esame correla l’esenzione ICI all’esercizio, effettivo e concreto, di una delle attività indicate dalla norma di cui si discorre (Cass. 20/5/2005, n. 10646, Rv. 581548 -01).
Tale principio, al quale il Collegio intende dare continuità, deve tuttavia essere ulteriormente precisato.
La norma, invero, fa riferimento a due condizioni che debbono coesistere ai fini dell’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili: 1) l’utilizzo dell’immobile da parte di uno dei soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 917/1985; 2) la destinazione dell’immobile ad una delle attività ivi indicate.
Partendo da tale considerazione, questa Corte ha altresì affermato che l’espressione “utilizzo” non fa riferimento ad un concetto dinamico di “concretezza o di effettività” relativamente allo “svolgimento” delle attività considerate dalla norma, ma indica solo la natura del rapporto tra l’immobile ed il soggetto che ne dispone (Cass., sez. 5, 16/04/2008, n. 9948, Rv. 602602 – 01, in motivazione).
Quest’ultima precisazione, invero, non si pone in contrasto con il pregresso arresto (che si riferisce in generale all’esercizio” dell’attività), ma consente di chiarire che l’effettività e la concretezza devono investire non tanto l’utilizzo”, inteso quale svolgimento attuale e diretto delle attività previste dalla norma (che può anche venir meno per ragioni transitorie e contingenti, indipendenti dalla volontà del contribuente, come nel caso della citata Cass. n. 9948/2008, in cui si discorreva di un terreno non effettivamente utilizzato perché inagibile), bensì la “destinazione” impressa all’immobile dal soggetto che lo “utilizza” (e sempre che si trattii di uno dei soggetti” di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi„ approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni”).
Quel che rileva, dunque, è la circostanza che l’immobile sia effettivamente ed attualmente “destinato” allo svolgimento di una delle attività esenti, secondo le concrete possibilità contingenti, le quali possono anche richiedere dei tempi strumentali per costruire o ristrutturare gli edifici in cui svolgere l’attività, nonché per compiere le necessarie pratiche burocratiche. Ferma restando la necessità che tale destinazione sia “utilizzata” dal soggetto che invoca l’esenzione, utilizzazione che può concretizzarsi anche nella esecuzione delle attività necessarie a rendere attuale l’esercizio dell’attività cui l’immobile è destinato.
Giova in proposito richiamare il principio espresso da Cass., sez. 5, 19/4/2017 n. 9787, Rv. 643632 – 01, secondo cui l’ esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 spetta anche per le aree edificabili che, a seguito del rilascio di concessione edilizia, siano state destinate ad attività didattiche, a prescindere dalla realizzazione concreta degli immobili, essendo sufficiente, a tal fine, che le aree interessate siano assoggettate ai passaggi materiali e burocratici necessari per la realizzazione delle opere.
Nella motivazione tale sentenza condivisibilmente precisa che “diverso potrebbe essere il trattamento qualora l’area non venga impegnata con atti amministrativi inequivoci e tempestivi al fine protetto dal legislatore fiscale o addirittura qualora fosse ambiguamente trattenuta per una rivendita speculativa o altro fine. In tal caso l’ente pubblico proprietario non potrebbe vantare il diritto all’agevolazione”.
Nella specie, risulta pacifico che l’immobile di cui si discorre, pur dotato delle caratteristiche strutturali per essere destinato all’attività didattica, non è utilizzato per lo svolgimento di tale attività; la contribuente, tuttavia, non ha indicato alcuna ragione di tale inattività, né, in particolare, ha allegato che il non-utilizzo è stato transitorio e funzionale ad un successivo concreto esercizio dell’attività da intraprendere nei tempi ragionevolmente necessari per lavori di ristrutturazione, adeguamento a normative di sicurezza, ecc..
Ne deriva che la “destinazione” dell’immobile di cui è causa si connota di astrattezza ed ipoteticità incompatibili con quel carattere di concretezza, effettività ed attualità richiesti dalla norma di esenzione. Ciò in quanto, ai fini dell’esenzione, il soggetto che ha l’utilizzo dell’immobile deve altresì effettivamente e concretamente “destinarlo” all’attività ritenuta dal legislatore meritevole di usufruire del regime di favore in materia di ICI, non rilevando la mera statica adeguatezza strutturale del bene allo svolgimento di una determinata attività ove ad essa si affianchi un comportamento inerte del proprietario, essendo piuttosto necessario un comportamento attivo e dinamico volto a realizzare concretamente quella destinazione solo potenziale.
3. In conclusione, il ricorso principale merita accoglimento, mentre deve essere rigettato il ricorso incidentale. La sentenza impugnata deve essere pertanto essere cassata in relazione al ricorso accolto, con rinvio della causa alla commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, per accertare in concreto, con criteri di rigorosità ed alla luce della giurisprudenza nazionale e dei principi eurounitari sopra ricordati, la natura economica o non economica dell’attività svolta nell’immobile adibito a casa di riposo per anziani, verificando in particolare se tale attività, ancorché avente una finalità sociale, sia stata prestata a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un importo simbolico, tale comunque da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio e da non poter essere pertanto considerato una retribuzione del servizio stesso. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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