CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 aprile 2019, n. 10316
Tributi – ICI – Centrali elettriche – Rideterminazione della rendita – Parti dell’impianto da considerare – Rideterminazione imposta – Sanzioni – Esclusione – Incertezza normativa
Ritenuto che
1. Enel Produzione s.p.a. impugnava, limitatamente all’irrogazione delle sanzioni, l’avviso di accertamento ICI per l’anno 2006 con cui Gestel s.r.l., concessionaria del Comune di Riva del Garda, aveva richiesto la maggiore imposta dovuta in relazione alla rendita attribuita dal Servizio Catasto della Provincia Autonoma di Trento il 29.11.2011 sulla base del fatto che, con riguardo alle centrali elettriche, nella determinazione della base imponibile occorreva tener conto dei fabbricati e delle costruzioni comprensive delle parti mobili strutturalmente connesse, anche in via transitoria mediante qualsiasi mezzo di unione, che realizzassero un unico bene complesso. La Commissione Tributaria di primo grado di Trento rigettava il ricorso. Proposto appello da parte della contribuente, la Commissione Tributaria di secondo grado di Trento lo accoglieva sul rilievo che le sanzioni non erano dovute in quanto, anche per il periodo immediatamente successivo – l’entrata in vigore dell’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44,convertito dalla legge 31 maggio 2005, n. 88, permaneva incertezza in ordine all’individuazione delle parti dell’impianto che dovevano essere considerate ai fini della determinazione della rendita, considerato che solo con Circolare n. 6/T del 30.11.2012 l’Agenzia del territorio aveva risolto i dubbi interpretativi sorti a seguito della citata norma di cui all’art. 1 quinquies e che la contribuente aveva promosso iniziative con il Servizio Catasto per individuare quali fossero le modalità di dichiarazione e di classamento che si erano concluse con l’accordo stipulato il 18.5.2011 tra il predetto Servizio Catasto e la società avente causa della contribuente.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione Gestel s.r.l., concessionaria del Comune di Arco, affidato ad un motivo. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso illustrato con memoria.
Considerato che
1. Con l’unico, complesso, motivo la ricorrente deduce violazione di legge ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, cod. proc. civ.. Sostiene che la commissione di secondo grado ha erroneamente ritenuto non essere dovute le sanzioni per il mancato pagamento della maggiore imposta lei dovuta per il periodo successivo all’entrata in vigore dell’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44, convertito dalla legge 31 maggio 2005, n. 88, che, in via di interpretazione autentica, ha disposto nel senso che, con riguardo alle centrali elettriche, nella determinazione della base imponibile deve tenersi conto anche degli impianti connessi con i fabbricati e destinati alla produzione dell’energia. Ciò in quanto non assumeva rilievo la circostanza che sussistessero condizioni di incertezza in ordine alla determinazione del valore da attribuire ai fini catastali, posto che, nell’attesa della attribuzione della rendita, la contribuente, trattandosi di fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, avrebbe dovuto corrispondere l’imposta sulla base dei valori contabili ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del d. Igs. 504/1992. Inoltre il comportamento negligente della contribuente, al quale riconnettere la decadenza delle sanzioni, era ravvisabile nel fatto che non aveva presentato domanda alcuna di attribuzione della rendita catastale tramite il modello DOCFA o atto equipollente. La commissione di secondo grado era incorsa anche nel rubricato vizio di motivazione laddove aveva considerato irrilevante le circostanze della mancata corresponsione dell’imposta con ricorso al metodo contabile e della omessa presentazione da parte di Enel Produzione S.p.A. della domanda di attribuzione di rendita catastale.
2. Questo Collegio osserva che la Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 13076 del 24/06/2015; Cass. n. 4394 del 24/2/2014; Cass. n. 3113 del 12/2/2014; Cass. n. 24670 del 28/11/2007) è ripetutamente intervenuta a definire l’ambito di non debenza delle sanzioni enunciando i seguenti principi di diritto: per “incertezza normativa oggettiva tributaria” deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie; l’incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6 che distingue in modo netto le due figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza (pur ricollegandovi i medesimi effetti) e perciò l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operato dalla amministrazione; l’incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria. L’essenza del fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente: 1) nella difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2) nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) nella mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) nel contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente. Tali fatti indice devono essere accertati, esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra loro contrastanti ed incompatibili. Costituisce, quindi, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione”.
Ora, va considerato che l’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44, convertito dalla legge 31 maggio 2005, n. 88, prevede: <<1. Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, limitatamente alle centrali elettriche, si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi dell’articolo 10 del citato regio decreto-legge, gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili (costruiti per le speciali esigenze dell’attività’ industriale di cui al periodo precedente anche se fisicamente non incorporati al suolo.
I trasferimenti erariali agli enti locali interessati sono conseguentemente rideterminati per tutti gli anni di riferimento.
La norma individua, dunque, nuovi criteri per la determinazione della rendita catastale prescrivendo che debbano essere considerati non solo i fabbricati censiti in catasto con la categoria D ma anche gli impianti mobili ad essi connessi e necessari per la produzione di energia elettrica. Nel caso di specie, ove non è contestato che gli immobili fossero già iscritti in catasto con attribuzione di rendita fin dal 1997, tant’è che la contribuente aveva versato in relazione ad essi l’Ici dovuta al Comune di Nago Torbole, non può trovare applicazione l’art. 5, comma 3, del d. Igs. 504/92, poiché tale norma prevede che l’Ici debba essere corrisposta secondo il valore contabile per i fabbricati classificabili nel gruppo D non ancora iscritti in catasto. Ne consegue che la contribuente non aveva l’obbligo di corrispondere l’Ici secondo il valore contabile in attesa dell’attribuzione della nuova rendita, posto che la norma di cui all’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44 ha indicato ulteriori beni di cui occorre tener conto nella determinazione della rendita, prevedendo, così, da un lato l’obbligo delle agenzie del territorio e degli uffici del catasto di attribuire nuove rendite agli immobili già accatastati e, dell’altro, l’obbligo dei contribuenti di presentare la dichiarazione Docfa o atto equipollente indicando in via propositiva il valore dell’intero impianto, comprensivo dell’accorpamento dei manufatti non dichiarati, e pagando l’imposta lei sulla base dei fabbricati similari già iscritti, a norma dell’art. 5, comma 4, d. Igs. 504/92, successivamente abrogato dall’art. 1, comma 173 lett. a della legge 296/2006 ( legge finanziaria 2007 ).
Le sanzioni non appaiono dovute neppure se si considera il profilo della omissione da parte della contribuente della richiesta di attribuzione di nuova rendita con la procedura DOCFA.
Invero mette conto considerare che, dopo l’entrata in vigore dell’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44, sussisteva Obiettiva incertezza circa la concreta individuazione dei manufatti che avrebbero dovuto essere considerati / al fine di incrementare il valore dell’impianto e circa il valore da attribuire agli stessi, tenuto conto della vetustà e dell’obsolescenza. Ciò è confermato dal fatto che, come rilevato dalla Commissione Tributaria di secondo grado, la contribuente aveva promosso iniziative con il Servizio Catasto per individuare quali fossero le modalità di dichiarazione e di classamento che si erano concluse con l’accordo stipulato il 18.5.2011 tra il predetto Servizio Catasto e la società avente causa della contribuente, ove si faceva menzione dell'”annoso problema inerente l’attribuzione della rendita catastale degli impianti per la produzione di energia idroelettrica ciò induce a ritenere che sussistessero obiettive difficoltà nell’individuazione dei beni e nella stima degli stessi tale per cui financo la redazione della domanda di accatastamento con procedura DOCFA presentava problematiche non facilmente risolvibili. E significativo appare altresì il fatto che la contribuente, dopo l’attribuzione della rendita da parte del Servizio Catasto della Provincia Autonoma di Trento il 29.11.2011 e la notifica del conseguente avviso di liquidazione dell’Ici per l’anno 2005, non ha inteso impugnare i predetti atti sotto il profilo dell’entità della rendita ma solamente sotto il profilo sanzionatorio, ritenendo di essere stata impossibilitata a quantificare l’imposta dovuta prima della determinazione da parte del predetto Servizio Catasto. Infine correttamente la CTR ha evinto elementi di incertezza dalla Circolare dell’Agenzia del Territorio 6/2012 la cui finalità era quella di dare risposta ai numerosi quesiti finalizzati a chiarire, nell’ambito dell’accertamento catastale, le metodologie tecnico operative per la determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari da recensire nei gruppi D ed E. Tale Circolare, invero, adottata ben sette anni dopo l’entrata in vigore dell’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44, sottendeva il permanere di dubbi nell’applicazione della legge pur essendo decorsi sette anni dall’entrata in vigore dell’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44, il che vieppiù evidenzia l’incertezza in cui versava la contribuente nel periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore della norma.
3. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali si compensano in considerazione della novità della questione trattata. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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