CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 aprile 2019, n. 10337
Inps – Omessa contribuzione – Accertamento dell’estinzione per intervenuta prescrizione del credito contributivo
Ritenuto che
la Corte d’appello di Salerno, con sentenza n. 59 del 2013, ha rigettato l’impugnazione proposta da A.S. s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede – resa nei confronti dell’Inps (anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a.) e di Equitalia Sud s.p.a – con la quale era stata rigettata la domanda della stessa società di accertamento dell’estinzione per intervenuta prescrizione del credito vantato dall’Istituto per contributi omessi, sulla base del quale erano state notificate in data 16 luglio 2009 intimazioni di pagamento, nonché dell’erronea applicazione di sanzioni;
ad avviso della Corte territoriale, come denunciato dall’appellante, doveva essere corretta la qualificazione della domanda effettuata dal tribunale giacché si trattava di accertamento negativo del credito contributivo determinato dalla notifica delle intimazioni di pagamento e non di opposizione a cartella; tuttavia, doveva essere condiviso l’accertamento del primo giudice relativo all’avvenuta notifica delle cartelle esattoriali sottese alle intimazioni di pagamento posto che tali notifiche erano avvenute l’8 aprile 2003 e l’8 febbraio 2005;
pure infondato era ad avviso della Corte d’appello l’ulteriore motivo di impugnazione che reiterava l’eccezione di prescrizione dei contributi alla luce della circostanza che, comunque, dalla data della notifica delle cartelle non era decorso il termine decennale, posto che la mancata opposizione della cartella aveva reso ormai definitivo l’accertamento con la conseguente parificazione del titolo alla sentenza passata in giudicato e l’applicazione del termine di prescrizione decennale di cui al disposto dell’art. 2953 cod.civ.;
inoltre, andava confermato l’ulteriore rilievo contenuto nella sentenza impugnata relativo alla circostanza che la questione della legittimità delle sanzioni avrebbe dovuto formare oggetto di opposizione a cartella e, decorso il termine previsto dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999, l’irrogazione delle sanzioni non era più autonomamente impugnabile;
avverso tale sentenza A.S. s.r.l. propone ricorso per cassazione con due motivi, sostenendo: 1) violazione e o falsa applicazione dell’art. 3, comma nove, legge n. 335 del 1995 e dell’art. 2953 cod.civ. laddove si è ritenuto che il termine prescrizionale relativo ai contributi divenga decennale a seguito della mancata opposizione alla cartella; 2) omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio consistente nel non aver esaminato il motivo d’appello che, seppure in via subordinata, aveva sollevato la questione della nullità della notifica delle cartelle;
Considerato che
Il primo motivo è fondato alla luce di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione n. 23397 del 2016 cui si intende dare continuità; la sentenza appena citata ha affermato che soltanto un atto giurisdizionale può acquisire autorità ed efficacia di cosa giudicata e, che il giudicato, dal punto di vista processuale, spiega effetto in ogni altro giudizio tra le stesse parti per lo stesso rapporto e dal punto di vista sostanziale rende inoppugnabile il diritto in esso consacrato tanto in ordine ai soggetti ed alla prestazione dovuta quanto all’inesistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi del rapporto e del credito mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del “petitum” ovvero della “causa petendi” della originaria domanda (vedi, per tutte: Cass., 12 maggio 2003, n. 7272; Cass., 24 marzo 2006, n. 6628) »;
tale principio comporta che se nell’arco dei cinque anni dalla notifica della cartella non si procede alla riscossione coattiva o non viene notificato un atto interruttivo della prescrizione il credito si prescrive ed è strumento idoneo a far valere l’intervenuta prescrizione anche l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. (in combinato disposto con l’art. 618-bis c.p.c. in materia di previdenza), che tende a contestare l’an dell’esecuzione e, come è noto, uno dei «vizi » che giustificano il ricorso all’art. 615 c.p.c. è proprio l’intervenuta prescrizione del credito successiva alla formazione del titolo;
in particolare, l’eventuale decorrenza del termine per l’esperimento dell’azione di cui all’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46/1999, come precisato dalle SS.UU. citate, non rende incontrovertibile, come accade per i provvedimenti giurisdizionali non impugnati, la cartella esattoriale, ma preclude solamente la possibilità di contestare vizi di merito o di forma relativi al titolo e cioè alla cartella esattoriale, lasciando all’interessato la possibilità, ove vi siano i presupposti di esperire l’azione di opposizione all’esecuzione per far valere la prescrizione, che costituisce un vizio successivo alla formazione del titolo;
sempre le Sezioni Unite citate hanno affermato che la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della I. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima Corte di disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato; dunque, dovendo esaminarsi l’eccezione di prescrizione alla luce di tali principi, relativamente ai ruoli per gli anni dal 1993 al 1997 e dal 2000 al 2004, la sentenza va cassata e rinviata per nuovo esame;
il secondo motivo è inammissibile giacché è privo di reale incisività al fine di incrinare la motivazione, non evidenziandosi un fatto decisivo e discusso tra le parti (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014);
ci si limita a denunciare una omissione di motivazione su di un mero rilievo di possibile invalidità delle notifiche delle cartelle, per carenze di leggibilità delle sottoscrizioni, a fronte dell’accertamento, analiticamente descritto, operato dalla sentenza impugnata relativamente alla effettiva realizzazione del procedimento di notifica delle cartelle nn. 10020030010462919000 e 1002004008985610000; accertamento posto in essere esaminando sia gli estratti del ruolo versati in atti sia l’avviso di ricevimento relativo alla lettera raccomandata con la quale era stata inviata per la notifica alla odierna ricorrente la cartella 1002004008985610000, risultata debitamente consegnata a mani del destinatario o persona autorizzata e ritualmente sottoscritta;
le considerazioni svolte, dichiarato inammissibile il secondo motivo, impongono dunque di accogliere il primo motivo di ricorso, cassare la sentenza impugnata e rinviare per nuovo esame alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione che regolerà le spese del giudizio di legittimità.
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