CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 aprile 2019, n. 10407
Tributi – IRPEF – Plusvalenza tassabile per la cessione di terreni – Qualificazione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria – Omessa dichiarazione plusvalenza – Determinazione – Valore dei terreni – Corrispettivo incassato
Rilevato
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso una sentenza della CTR di Roma, di accoglimento dell’appello proposto dai contribuenti D.F.A. e D.F.M. contro una decisione della CTP di Frosinone, di rigetto del ricorso dai medesimi proposto avverso due avvisi di accertamento IRPEF 2007, avendo la CTR ritenuto che non sussisteva la ritenuta plusvalenza, ipotizzata dall’ufficio in ordine ai terreni ceduti dai due contribuenti e che aveva dato luogo all’avviso impugnato;
che, invero, secondo la CTR, detti terreni non erano suscettibili di utilizzazione edificatoria al momento della loro cessione, come poteva evincersi dal giudicato formatosi in materia di imposta di registro;
Considerato
che il ricorso è affidato a due motivi;
che con il primo motivo l’ufficio lamenta motivazione apparente, contraddittoria ed illogica, violazione e falsa applicazione dell’art. 36 n. 4 del d.lgs n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 cod. proc. civ., in quanto la sentenza impugnata non aveva tenuto conto del mutato orientamento giurisprudenziale e della direttiva dell’Agenzia delle entrate n. 28 del 2015, avendo erroneamente ritenuto che il giudicato formatosi sulla sentenza che aveva annullato l’avviso di rettifica, emesso ai fini dell’imposta di registro, costituisse legittimo presupposto per la quantificazione del valore finale da assumere ai fini della plusvalenza per le II.DD.; al contrario, in tema di accertamento delle imposte sui redditi ed ai fini della determinazione in via induttiva del reddito da plusvalenza patrimoniale derivante dalla cessione di un terreno edificabile, la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato al valore di mercato accertato in via definitiva ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro non poteva essere più legittimata, alla stregua dello ius superveniens, costituito dall’art. 5 comma 3 del d.lgs. n. 147 del 2015, secondo il quale non poteva più farsi riferimento al valore accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ma doveva farsi esclusiva applicazione dell’art. 68 del TUIR, alla stregua del quale le plusvalenze realizzate mediante cessione di terreni erano costituite dalla differenza fra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta ed il prezzo d’acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo; inoltre esisteva agli atti un certificato di destinazione urbanistica, dal quale risultava l’inclusione dei terreni oggetto della controversia in zona a destinazione produttiva di prg, fin dal 1990, si che era da ritenere che fin da tale epoca il terreno in esame avesse vocazione edificatoria;
che con il secondo motivo l’ufficio denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 67 comma 1 lettera B) del d.P.R. n. 917 del 1986 e dell’art. 36 comma 2 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che il giudicato formatosi sulla sentenza che aveva annullato l’avviso di rettifica emesso ai fini dell’imposta di registro potesse implicare anche una valutazione definitivamente negativa circa la suscettibilità edificatoria del terreno, sebbene fosse circostanza pacifica che il terreno oggetto della compravendita fosse stato inserito fin dal 1990 nel prc del Comune con destinazione produttiva;
che i contribuenti non hanno presentato controricorso;
che l’Agenzia delle entrate ha presentato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.;
che i due motivi di ricorso in esame, da trattare congiuntamente siccome strettamente correlati fra di loro, sono manifestamente fondati;
che invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 11543 del 2016; Cass. n. 6135 del 2016), occorreva tener conto nella specie della norma di cui all’art. 5 comma 3 del d.lgs. n. 147 del 2015, alla stregua del quale “gli artt. 58, 68, 85 ed 86 del TUIR si interpretano nel senso che, per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione ed il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato e definito ai fini dell’imposta di registro, di cui al d.P.R. n. 131 del 1986, ovvero delle imposte ipotecarie e catastali di cui al d.lgs. n. 347 del 1990″;
che l’attuale art. 68 del TUIR prevede al comma 1, in relazione al precedente art. 67, che le plusvalenze realizzate mediante cessione di terreni sono costituite dalla differenza fra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta ed il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo;
che, pertanto, alla stregua del citato d.lgs. n. 147 del 2015, da qualificare quale norma d’interpretazione autentica ex art. 1 comma 2 della legge n. 212 del 2000 e quindi applicabile retroattivamente, non può più sostenersi che il corrispettivo incassato corrisponda al valore venale in comune commercio del bene compravenduto, quale accertato ai fini dell’imposta di registro;
che erroneamente la sentenza impugnata ha quindi ritenuto illegittimi gli avvisi di accertamento, con i quali l’ufficio aveva rettificato il reddito dei contribuenti per il 2007, contestando l’omessa dichiarazione della plusvalenza, che sarebbe stata da essi conseguita sul prezzo dell’atto di cessione dei terreni di cui è causa, sulla base della presunzione della corrispondenza fra il prezzo effettivamente incassato e quello assunto come valore di mercato nell’accertamento definitivo ai fini dell’imposta di registro;
che i due motivi di ricorso vanno dunque accolti; la sentenza impugnata va cassata e gli atti vanno rinviati alla CTR di Roma in diversa composizione, affinché proceda a nuovo accertamento e determini altresì le spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia gli atti alla CTR di Roma in diversa composizione per nuovo esame e per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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