CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 aprile 2022, n. 11866
Cartella esattoriale – Contributi previdenziali – Notifica dell’intimazione di pagamento – Termine di prescrizione
Rilevato che
1. La Corte di appello di Lecce, con la sentenza n. 814/2017, ha confermato la pronuncia del giudice di primo grado che aveva rigettato l’opposizione a intimazione di pagamento a cartella esattoriale, già opposta in precedente giudizio conclusosi con decisione di rigetto del ricorso, passata in giudicato, ritenendo non prescritto il credito perché tra la data di deposito della sentenza e quella della notifica dell’intimazione di pagamento non era decorso il termine di prescrizione decennale.
2. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20387/2021, ha rigetto il ricorso proposto da C. srl.
3. A fondamento della decisione i giudici di legittimità hanno precisato che il passaggio in giudicato del provvedimento giurisdizionale, che aveva rigettato l’opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali, era idoneo a tramutare il termine di prescrizione in quello decennale previsto dall’art. 2953 cc.
4. Per la revocazione di tale sentenza ha proposto ricorso la C. srl ai sensi dell’art. 395 n. 4 cpc, cui ha resistito l’INPS con controricorso.
5. L’Agenzia delle Entrate Riscossione non ha svolto attività difensiva.
6. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis cpc.
7. Parte ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con l’articolata istanza di revocazione si sostiene che l’errore di fatto, risultante dagli atti e documenti di causa, ai sensi dell’art. 391 bis cpc e 395 n. 4 cpc, consistente nella omessa percezione (svista) che la sentenza n. 1280/2005 del Tribunale di Brindisi, Sezione Lavoro, prodotta dall’INPS e versata in atti, risultava sfornita del relativo attestato di cancelleria di cui all’art. 124 disp. att. cpc afferente all’avvenuto passaggio in giudicato: questione rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
2. Il ricorso è inammissibile.
3. In punto di diritto, va evidenziato che l’errata presupposizione della sussistenza o meno del giudicato non costituisce errore di fatto, rilevante ai fini della revocazione ex art. 395 n. 4 cpc, ma errore di diritto, in quanto il giudicato, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici, sicché la sua interpretazione va assimilata, per natura ed effetti, a quella delle norme giuridiche (Cass. n. 28138/2019; Cass. n. 10930/2017). Inoltre, anche l’eventuale esame della attestazione della Cancelleria di cui all’ad. 124 disp att. cpc, ovvero l’accertamento sulla necessità o meno della stessa, ai fini di ritenere provata la sussistenza del giudicato, costituisce valutazione di diritto e non errore di percezione.
4. In punto di fatto, invece, deve sottolinearsi che l’esistenza del giudicato, relativamente alla sentenza n. 1280/2005 del Tribunale di Brindisi, non era in discussione tra le parti in quanto la stessa C. srl, nell’originario ricorso per cassazione (pag. 15 punto 1.17) dava atto che la suddetta pronuncia era appunto passata in giudicato. Invero, con il suddetto ricorso non era stato contestato il passaggio in giudicato della sentenza, bensì si contrastava la natura della stessa, asseritamente non di condanna, e si sosteneva la sua inidoneità a trasformare il termine prescrizionale da quinquennale in decennale.
5. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile, non vedendosi in ipotesi di errore revocatorio.
6. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore del controricorrente INPS, che si liquidano come da dispositivo; nulla per l’intimata.
7. Ai sensi dell’ad. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente INPS, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge; nulla per l’intimata. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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