CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 dicembre 2018, n. 32208
Accertamento – Immobili – Estimi catastali – Classamento – Microzone
Ritenuto che
L’Agenzia delle entrate ricorre sulla base di tre motivi per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Puglia 2024/23/2017, dep. 1 giugno 2017, che ha rigettato l’appello dell’Ufficio, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento ex art. 1, comma 335 I. 311/2004, per estimi catastali in relazione a unità immobiliare inclusa nella cosiddetta “microzona 1 e 2 del Comune di Lecce”, per la quale era stato effettuato “il processo di revisione parziale del classamento catastale” determinando il “conseguente aumento della rendita”. In particolare, la C.T.R. ha ritenuto il provvedimento di riclassamento carente “di motivazione in ordine ai miglioramenti realizzati”, in violazione dell’art. 7 I. 212/00, oltreché “per difetto di specificazione (…), mancando del tutto, in essi, l’indicazione di fatti e circostanze che avevano determinato il diverso classamento”. L.M. è rimasto intimato.
Considerato
che il ricorso è affidato a tre motivi;
che, col primo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del D. Lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., giacchè la C.T.R. avrebbe erroneamente omesso di disporre la sospensione per pregiudizialità del processo, stante la pendenza di un giudizio avanti ai giudici amministrativi, riguardante la validità delle delibere sulla revisione di classamento di unità immobiliari nelle microzone 1 e 2 di Lecce;
che, col secondo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 7 I. 212/2000;
che, col terzo motivo, si deducono: violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 335, della legge n. 311/2004, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché degli artt. 3 e 53 Cost., avendo la C.T.R. mancato di considerare che la norma in questione sarebbe volta a rendere uniforme il mancato aggiornamento delle rendite catastali, attenuando le sperequazioni fiscali e garantendo l’equità e l’uguaglianza tra i cittadini all’interno di uno stesso Comune e, dunque, avrebbe consentito una revisione massiva dei classamenti degli immobili di proprietà.
Il primo motivo non è fondato.
La sentenza impugnata è stata pubblicata il 1 giugno 2017, allorquando, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 156/2015, non ricorreva più un’ipotesi di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., essendo eventualmente applicabile l’art. 337, comma 2, c.p.c. che, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di quest’ultimo (Cass. Sez. 6-5. n. 29553 del 11/12/2017): di conseguenza, anche a voler superare la considerazione che il vizio denunciato non censura l’art. 337 comma 2 c.p.c., resta il fatto che tale articolo non obbliga il giudice a procedere alla sospensione.
Inoltre, l’art. 39 comma 1 bis – aggiunto dall’art. 9, comma 1, lettera o), del D. Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 10 gennaio 2016- nella parte in cui prevede “La commissione tributaria dispone la sospensione la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia della cui definizione dipende la decisione della causa”, non sembra evidentemente applicabile al caso di specie, essendo la pregiudizialità invocata rispetto alla giurisdizione amministrativa, in particolare del Consiglio di Stato.
Il secondo motivo, nella specie violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. 212/2000, ed il terzo motivo col quale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 335, della legge n. 311/2004, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché degli artt. 3 e 53 Cost., sono infondati.
L’art. 7 della l. n. 212 del 2000, richiede di indicare “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione”, mirando a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa al fine di consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa (v. ex multis Cass. n. 25037 del 23710/2017, n. 21532 del 20/09/2013).
Il procedimento di “revisione parziale del classamento” di cui all’art. 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate ai fini della visione del classamento dell’art. 9 del d. P.R. 23 marzo 1998, n. 1238, sottraendone l’attuazione alla piena discrezionalità dell’amministrazione competente. In virtù di ciò, ne consegue che suddetta procedura non può sottrarsi dall’applicazione dei parametri previsti in via ordinaria, tutti incidenti complessivamente e comparativamente nella qualificazione della stessa. Pertanto, non può ritenersi motivato congruamente il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, allorché non siano evincibili, in concreto, gli elementi che hanno inciso sul provvedimento di riclassamento (Cass., sez. 5, n. 22900 del 29/09/2017).
La Corte Costituzionale, inoltre, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha ribadito la necessità di un provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione, poiché “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”.
La C.T.R. ha, in definitiva, applicato i predetti principi.
Questo Collegio ritiene di non dare seguito all’orientamento espresso nella sentenza Sez. 5, n. 21176 del 19 ottobre 2016 circa la motivazione degli atti di classamento, trattandosi di un precedente rimasto isolato; nulla sulle spese, in mancanza di costituzione dell’intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.