CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 giugno 2018, n. 15365
Tributi – IRPEF – Utili extra bilancio di società a ristretta base societaria – Presunzione di distribuzione ai soci – Onere di prova contraria a carico del socio
Fatti e ragioni della decisione
S.G. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, contro l’Agenzia delle Entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Calabria indicata in epigrafe che ha respinto l’appello del contribuente, confermando la pronunzia di primo grado con la quale era stato ritenuto legittimo l’accertamento emesso per la ripresa a tassazione di Irpef e altri tributi relativi all’anno 2009.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
Con l’unico motivo proposto il ricorrente deduce il vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, dolendosi del fatto che la CTR non aveva indagato sull’esistenza dei presupposti per l’emissione dell’accertamento quanto al vincolo di solidarietà e di reciproco controllo fra i soci di società a ristretta base sociale, senza esaminare elementi prospettati nel corso del giudizio e rendendo una motivazione illogica e contraddittoria.
Il motivo è inammissibile e infondato.
Ed invero, la censura prospetta, anzitutto, l’insufficiente e contraddittoria motivazione sotto il paradigma del vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c. l n.5 c.p.c.) senza considerare che la novella al primo comma dell’art.360 c.p.c. citato ha eliminato dal controllo di legittimità la verifica circa il carattere illogico e/o insufficiente della motivazione – cfr.Cass.S.U. n.8054/2014.
La stessa censura, d’altra parte, sotto il medesimo paradigma del n.5 dell’art. 360 c. 1 c.p.c., prospetta un vizio di violazione di legge quando adduce che la CTR aveva omesso di indagare sull’effettiva sussistenza del vincolo di solidarietà e di reciproco controllo sulla gestione sociale ai fini della verifica della pretesa fondata sulla distribuzione di utili extra bilancio.
Nemmeno ammissibile risulta la censura con riguardo al dedotto omesso esame dei fatti rappresentati dalla proposizione della querela del socio nei confronti dell’amministratore, posto che, per come riconosce lo stesso ricorrente, non vi è stato omessa considerazione del fatto, non potendosi tuttavia riconoscere un controllo di questa Corte sulle valutazioni espresse dal giudice di merito in ordine a tale fatto.
Quanto all’omesso esame della proposizione di azione di responsabilità spiccata dal socio nei confronti dell’amministratore P. M., è appena il caso di evidenziare che tale elemento non risulta, ex ante decisivo ai fini del giudizio, non incidente sull’onere della prova, incombente in capo al socio, di dimostrare che gli utili extra bilancio non erano stati distribuiti, anzi confermando, indirettamente tale assunto.
Questa Corte è infatti ferma nel ritenere che è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (Cass. n. 5076 del 2011, n. 9519 del 2009 e n. 7564 del 2003; Cass. 6780/03; Cass. 7564/03; Cass. 16885/03; Cass.n. 18640/2008; Cass.n.8954/13). Ora, è ben evidente che la circostanza appena ricordata non avrebbe potuto fornire alcuna elemento di prova, anche solo indiziaria, in ordine al mancato reinvestimento degli utili da parte della società o all’estraneità del ricorrente alla gestione della società secondo quanto affermato da questa Corte (cfr.Cass.n. 1932/2016, Cass. n. 17461/2017, Cass.n.26873/2016).
Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, dando atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater del dPR n.115/2002 per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in euro 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater del dPR n. 115/2002 per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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