CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 giugno 2020, n. 11375
Istruttore di tennis – Contributi dovuti all’ENPALS – Figura degli addetti agli impianti sportivi – Nessuna introduzione di una nuova categoria di lavoratori assoggettati alla tutela – Esplicitazione della ricomprensione nell’ambito della stessa di figure emergenti nella pratica
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato l’opposizione proposta dal T.C.P. avverso la cartella esattoriale che aveva intimato il pagamento di € 17.095,05 a titolo di contributi dovuti all’Ente nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei lavoratori dello spettacolo – ENPALS, somme aggiuntive ed interessi relativi a tre istruttori di tennis che avevano svolto la loro attività presso il detto T.C. negli anni 2005-2006, come accertato nel verbale del 12/5/2008.
2. Per la cassazione della sentenza il T.C.P. ha proposto ricorso, affidato a 5 motivi, illustrati anche con memoria ex art. 380 bis. 1.c.p.c., cui l’INPS, quale successore dell’ ENPALS, ha resistito con controricorso.
Considerato che
3. come primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs C.p.S. n. 708 del 1947 come modificato dall’art. 43 della legge n 289 del 2002 in relazione al d.m. 15 marzo 2005. Lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che le predette disposizioni abbiano comportato l’estensione del concetto di spettacolo fino a ricomprendere figure operanti nel campo dello sport, mentre l’articolo 3 del d.lgs C.p.S. n. 708 del 1947, nell’ individuare i soggetti tenuti all’iscrizione all’ente previdenziale, fornisce un elenco tassativo, delegando a un DPR e ad un DM il progressivo aggiornamento dei soggetti assicurati. La normazione delegata ai sensi del d.lgs C.p.S. n. 708 del 1947 ex articolo 3 comma 2 avrebbe mantenuto sempre un collegamento in senso lato con lo spettacolo, sicché il collegamento con l’offerta di uno spettacolo costituirebbe un vincolo ineludibile imposto alla normazione secondaria. Ne discenderebbe che sia il d.m. del 15 marzo 2005 che il precedente d.m. novembre 1997 dovrebbero ritenersi illegittimi nella parte in cui hanno esteso l’obbligo assicurativo e contributivo all’Enpals con riferimento agli istruttori sportivi, a prescindere da ogni collegamento con lo spettacolo.
4. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 67 lettera m) del DPR 917 del 1986 (TUIR), del d.m. 15 marzo 2005 in relazione all’art. 3 comma 2 del d.lgs C.p.S. n. 708 del 1947, come sostituito dall’art. 43 comma 2 della I. n 289 del 2008 e dell’articolo 35 comma 5 del d.l. 30/12/2008 n. 207, convertito nella legge n. 14 del 2009. Lamenta che la Corte d’Appello non abbia considerato il fatto, pur incontestato, che il T.C. è un’associazione un’associazione che svolge attività dilettantistica senza fini di lucro, iscritta alla FIT, sicché non potrebbe sussistere alcun obbligo contributivo in virtù di quanto previsto dall’articolo 67 lettera m) del TUIR, che include fra i cosiddetti redditi diversi, esclusi dall’obbligo contributivo, quelli derivanti da attività svolte nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, come nel caso si ricava dai contratti stipulati con gli istruttori oggetto del verbale.
5. Come terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs C.p.S. n. 708 del 1947 come modificato dall’art. 43 della legge n. 289 del 2002 in relazione al d.m. 15 marzo 2005, nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e la violazione dell’articolo 112 c.p.c.. Lamenta che la Corte d’Appello di Roma non abbia considerato il fatto, prospettato sia nel primo che nel secondo grado di giudizio, che la società non è proprietaria degli impianti sportivi in cui svolge la propria attività dilettantistica.
6. Come quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 67 lettera m) del DPR 917 del 1986 (TUIR), nonché la violazione degli articoli 111 della Costituzione e 132 c.p.c. Lamenta che la Corte territoriale non abbia ritenuto che nei redditi dei maestri G. e S. non esistessero i requisiti della professionalità e dell’abitualità delle prestazioni svolte in favore del T.C.P., in quanto essi non hanno mai percepito importi superiori agli € 4500 annui.
7. Come quinto motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e la violazione degli articoli 111 e 132 c.p.c. e lamenta che la Corte territoriale abbia fondato la propria decisione sui soli verbali ispettivi, senza dare spazio ad alcun incombente istruttorio.
8. Il ricorso dev’essere rigettato, risultando infondati tutti i motivi proposti.
9. In merito al primo, si rileva che l’ art. 3 del d.lgs C.p.S. 16 luglio 1947 n. 708 ha individuato le categorie dei lavoratori dello spettacolo iscritti all’ENPALS. La legge di ratifica n. 29 novembre 1952 n. 2388, al n. 21 dell’art. 3 ha previsto l’obbligatoria iscrizione, tra gli altri, degli «addetti agli impianti sportivi». Si è sin dagli albori registrata quindi un’estensione della tutela al di fuori dello stretto limite della categoria dei lavoratori dello spettacolo, abbracciando figure professionali accomunate dalla finalità di intrattenimento della prestazione, al di là del carattere propriamente artistico. Il legislatore è stato del resto consapevole, già con la prima disposizione regolatrice, che il concetto di spettacolo era passibile di sviluppo e modificazione nel tempo, avendo rimesso (art. 3) ad un decreto del Capo dello Stato su proposta del Ministro del lavoro, di estendere l’assicurazione ENPALS ad altre categorie di lavoratori dello spettacolo non contemplate nella medesima disposizione.
10. L’ art. 2, comma 22, sub d), della legge 8 agosto 1995 n. 335 ha poi delegato il Governo a procedere all’ armonizzazione delle prestazioni pensionistiche dei lavoratori dello spettacolo; la delega è stata realizzata con l’art. 2, comma 1, del d.lgs 30 aprile 1997, n. 182, che ha previsto la distinzione in tre gruppi dei lavoratori dello spettacolo iscritti all’Ente nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei lavoratori dello spettacolo, ai fini dell’individuazione dei requisiti contributivi e delle modalità di calcolo delle contribuzioni e delle prestazioni.
11. Coerentemente, il d.m. 10 novembre 1997 ha raggruppato i lavoratori dello spettacolo, iscritti all’ENPALS, indipendentemente dalla natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro, appartenenti alle categorie indicate all’art. 3 del d.lgs C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708, ratificato con modificazioni nella I. 29 novembre 1952, n. 2388, per le finalità di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs 30 aprile 1997, n. 182, ed ha contemplato ancora, nell’ambito del gruppo B, gli «addetti agli impianti sportivi».
12. E’ poi seguita la legge 27 dicembre 2002 n. 289, art. 43, comma 2, che ha sostituito il d.Lgs.C.p.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 2, rimettendo ad un decreto del Ministro del lavoro (non più ad un decreto del Capo dello Stato), sentite le organizzazione sindacali più rappresentative di lavoratori e datori di lavoro e su eventuale proposta dell’Enpals che provvede periodicamente al monitoraggio «delle figure professionali operanti nel campo dello spettacolo e dello sport», di adeguare le categorie dei soggetti assicurati presso l’ENPALS. In forza di detta delega è intervenuto da ultimo il d.m. 15 marzo 2005, che ha dichiaratamente «rimodulato la composizione dei citati tre gruppi, come individuati dal d.lgs. n. 182 del 1997, a seguito dell’ampliamento delle categorie dei lavoratori dello spettacolo operata dal decreto interministeriale adottato ai sensi dell’art. 3, comma 2, primo periodo, del predetto d.lgs C.P.S. n. 708 del 1947, e sulla scorta di una verifica dell’evoluzione delle professionalità e delle forme di regolazione collettiva dei rapporti dì lavoro di settore», ed ha maggiormente dettagliato la preesistente previsione contemplando, nell’ambito del raggruppamento di cui alla lettera B), gli «impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi».
13. Non vi è stata quindi l’introduzione di una nuova categoria di lavoratori assoggettati alla tutela dell’Enpals, ma l’esplicitazione della ricomprensione nell’ambito della stessa di figure emergenti nella pratica, che già in precedenza potevano esservi fatte rientrare (v. in senso analogo, con riferimento agli animatori turistici, Cass. n. 3219 del 14/02/2006 e Cass. n. 9996 del 29/04/2009).
14. In tal senso, gli istruttori di nuoto che svolgono la propria attività in corsi di nuoto svolgentisi in piscine sono stati ritenuti rientrare tra «gli addetti agli impianti sportivi» di cui all’art. 3, primo comma, n. 21 del d.lgs. C.p.S. n. 708 del 1947 (Cass. 08/10/2014, n. 21245).
15. In merito al secondo motivo, questa Corte ha chiarito (v. Cass. n. 24365 del 30/09/2019) che i compensi per la formazione, didattica, preparazione e assistenza di attività sportiva dilettantistica, qualora non siano conseguiti nell’esercizio di professioni né derivino da un rapporto di lavoro dipendente, sono «redditi diversi» e, come tali, esenti dalla contribuzione previdenziale, anche con riguardo al periodo precedente all’entrata in vigore dell’art. 35, comma 5, del d.l. n. 207 del 2008, conv. dalla l. n. 14 del 2009, il quale – disponendo che nelle parole «esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche» contenute nell’art. 67, comma 1, lett. m) del D.P.R. n. 917 del 1986, T.U.I.R., sono ricomprese «la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza» all’attività sportiva dilettantistica – ha natura di norma di interpretazione autentica del predetto art. 67, con portata chiarificatrice della nozione ivi contenuta.
16. La condizione affinché detti redditi possano essere considerati tali, espressamente prevista dal primo inciso dell’art. 67, è che essi non siano «conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, ne’ in relazione alla qualità di lavoratore dipendente», intendendosi per esercizio di arti e professioni, ai sensi dell’art. 53 del TUIR «l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo» diversa dall’attività di impresa.
17. La sussistenza di tale condizione ostativa è stata nel caso accertata dal giudice di merito, che ha argomentato a p. 7 della sentenza che l’attività degli istruttori di tennis, di lavoro autonomo e natura professionale, era svolta con abitualità, come si ricavava dal verbale di accertamento.
18. Accertamento fattuale che non è qui censurabile al di là dei limiti oggi delineati dall’art. 360 n. 5 c.p.c., né in tal senso adeguatamente censurato.
19. Il terzo motivo di ricorso è parimenti infondato, in quanto è incontestato che la prestazione sia stata resa dagli istruttori di tennis in favore del T.C., e tanto è bastato alla Corte territoriale per individuare il suo obbligo contributivo. Non osta a tale soluzione il fatto che il T.C. potesse non essere titolare della proprietà degli impianti, considerato che per essere titolare dell’obbligazione contributiva dei soggetti con i quali ha convenuto l’attività di istruttori di tennis è sufficiente che ne avesse comunque facoltà di utilizzo.
20. In merito al quarto motivo, occorre qui rilevare che il reddito percepito può costituire un indice del carattere professionale (o meno) dell’attività svolta, potendo deporre nel senso della sua mera occasionalità, come del resto è ritenuto anche nella circolare dell’Enpals valorizzata nel corpo del motivo.
21. Nel caso, tuttavia, all’esito della valutazione del compendio fattuale, tale elemento è stato ritenuto dalla Corte di merito secondario rispetto all’abitualità dello svolgimento dell’attività di istruttore.
22. Il quinto motivo formula una critica del tutto generica all’accertamento fattuale compiuto dal giudice di merito, che ha valorizzato il contenuto del verbale di accertamento senza neppure indicare quali sarebbero gli incombenti istruttori ai quali avrebbe dovuto dare spazio.
23. In proposito, l’analisi della Corte d’appello è stata quindi svolta sulla base delle emergenze processuali, ed in coerenza con il principio secondo il quale il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, anche se la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche (Cass. n. 23800 del 07/11/2014). Pur non essendo forniti di efficacia probatoria privilegiata in ordine alle circostanze di fatto che essi segnalino di aver accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese da terzi, né in ordine alla veridicità del contenuto di quanto agli ispettori riferito, i verbali dei pubblici ufficiali possono comunque fornire utili elementi di valutazione anche sotto tale aspetto nell’eventuale successivo giudizio di opposizione, costituendo elementi di convincimento con i quali il giudice deve criticamente confrontarsi (Cass. n. 15208 del 03/07/2014).
24. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
25. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 3.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.