CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 luglio 2018, n. 18430
Tributi – Accertamento – Contenzioso tributario – Procedimento – Registrazioni scritture contabili
Fatti di causa
Rilevato che, nel procedimento avente r.g. 25522 del 2011, Progetto Casa di S. S. e Z. G. s.n.c. ricorreva contro un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate ed avente ad oggetto IVA ed IRAP per il 2004;
che Z. G., in qualità di socio della suddetta società, ricorreva contro un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate ed avente ad oggetto IRPEF per il 2004;
che la Commissione Tributaria Provinciale di Bari, con sentenza n. 133/23/08, riuniva per connessione oggettiva i due ricorsi e li accoglieva;
che avverso detta sentenza l’Agenzia delle entrate proponeva appello davanti la Commissione Tributaria Regionale la quale, con sentenza n. 132/7/10, lo rigettava per difetto di specifici motivi d’appello pure previsti a pena di inammissibilità dall’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992 e “o7 conseguenza il subordinato appello incidentale proposto dai contribuenti non merita, doverosamente, alcun esame perché non si è verificata la subordinata ivi indicata avendo deciso il rigetto per inammissibilità dell’appello principale”;
che avverso detta sentenza ricorreva per Cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi e la società contribuente e Z. G. resistevano con controricorso chiedendo il rigetto del ricorso;
che in prossimità dell’udienza la società ricorrente nonché Z. G. depositavano memoria insistendo per il rigetto del ricorso;
rilevato che, nel procedimento avente r.g. 4200 del 2013, S. S., in qualità di socio della suddetta società, ricorreva contro un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate ed avente ad oggetto IRPEF per il 2004, facendo riferimento nel ricorso al giudizio intercorrente tra la società e l’altro socio e l’Agenzia delle entrate;
che la Commissione Tributaria Provinciale di Bari accoglieva il ricorso proprio considerando che la Commissione Tributaria Provinciale di Bari aveva accolto il ricorso proposto dalla società e dall’altro socio e la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato il ricorso in appello;
che avverso detta sentenza l’Agenzia delle entrate proponeva appello che veniva rigettato in quanto “il percorso logico giuridico seguito dai primi giudici pone le proprie basi sia sui motivi della decisione assunta con sentenza n, 133/23/08 con la quale la CTP di Bari aveva accolto il ricorso proposto dalla società nella quale il sig. S. S. era nell’anno in contestazione socio al 50% sia sulle eccezioni prospettate dal contribuente.
E’ da evidenziare che la CTR Puglia con sentenza 132/7/10 aveva ritenuto inammissibile l’appello presentato dall’Ufficio.
Pur in presenza di decisione della Cassazione alla quale si è appellata l’Ufficio, gli elementi a base dell’accertamento consistenti solo su ipotesi di occultamento di presunti ricavi e su omessa regolarità delle scritture contabili, inducono a ritenere l’appello dell’Ufficio basato solo su presunzioni semplici prive di qualsiasi prova concreta e ad accogliere l’eccezione del contribuente”;
che avverso detta sentenza ricorreva per Cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi e la società contribuente e Z. G. resistevano con controricorso chiedendo il rigetto del ricorso;
che in prossimità dell’udienza S. S. depositava memoria insistendo per il rigetto del ricorso e chiedendo la riunione al procedimento n. 25522 del 2011 per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva;
che in prossimità dell’udienza, con riferimento al procedimento n. 25522 del 2011, la Procura Generale depositava conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
Ritenuto preliminarmente che va disposta la riunione del ricorso r.g.n. 4200/2013 (Agenzia delle entrate c. S. S.) al ricorso r.g.n. 25522/2011 (Agenzia delle entrate c. Progetto Casa di S. S. e Z. G. s.n.c. e Z. G.), di iscrizione più risalente, atteso che entrambi vertono sul medesimo rapporto impositivo e sul medesimo accertamento dell’Agenzia delle entrate, contenuto in un unico provvedimento, e presentano stretta connessione soggettiva ed oggettiva;
ritenuto che questi elementi, come chiesto da S. S. in seno al procedimento r.g.n. 4200/2013 con nota del 6 aprile 2018, rendono più razionale la riunione dei procedimenti connessi ex art. 274 cod. proc. civ. e 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, considerando che la loro trattazione separata determinerebbe l’eventualità di soluzioni contrastanti, che sono configurabili profili di unitarietà sostanziale delle controversie, che i motivi dei ricorsi per Cassazione sono sostanzialmente analoghi e che sussistono ragioni di economia processuale, in ossequio ai principi di cui all’art. Ili Cost. e 6 della CEDU (Cass., S.U. 23 gennaio 2013, n. 1521), pur se i giudici di appello sono diversi;
considerato che, quanto al procedimento n. 25522 del 2011, con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la società contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto inammissibile l’appello proposto dalla parte erariale;
considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la società contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 in combinato disposto con l’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., e 118 disp. att. cod. proc. civ. in quanto la sentenza sarebbe nulla per difetto assoluto di motivazione, avendo la Commissione Tributaria Regionale, nonostante l’affermata inammissibilità del gravame, confermato nella parte motiva la sentenza di primo grado, ritenendola “pregevole e ben motivata”;
considerato che, quanto al procedimento n. 4200 del 2013, con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la società contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, perché la sentenza impugnata, pur avendo dato atto della presenza di altro procedimento avente come parti la società di cui lo S. è socio nonché l’altro socio della stessa società, e pur avendone tenuto conto ai fini della decisione di merito, non ha considerato che nella fattispecie ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario originario;
considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la società contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. in quanto la sentenza sarebbe nulla per difetto assoluto di motivazione, per non aver illustrato l’iter logicogiuridico seguito per giungere alla formazione del proprio convincimento;
ritenuto che, quanto al procedimento n. 25522 del 2011, effettivamente, come deduce l’Agenzia delle entrate, riportandone i relativi brani nel ricorso per cassazione, nell’atto di appello la contestazione della sentenza di primo grado era evidente, avendola l’Ufficio censurata proprio nella parte in cui la Commissione Tributaria Provinciale aveva ritenuto che, nell’accertamento, non risultava alcuna dichiarazione d’inattendibilità delle scritture contabili, nonché nell’ulteriore capo relativo all’illegittimità dell’accertamento induttivo – che, sempre secondo la sentenza di primo grado, avrebbe dovuto essere invece effettuato in modo analitico – deducendo, al riguardo, che le ripetute e continue omesse fatturazioni della società avevano indotto i verbalizzanti a non ritenere attendibile detta contabilità, procedendo alla rideterminazione del reddito in maniera presuntiva, come previsto dal comma 1, lett. “d” dell”art. 39 d.p.r. n. 600/1973;
che, di conseguenza, la sentenza impugnata, con la sua decisione, ha disatteso il principio secondo cui, in tema di giudizio di appello, la ricorrenza della specificità dei motivi non può essere definita in via generale ed assoluta, ma va correlata con la motivazione della sentenza impugnata e deve ritenersi sussistente quando alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengono contrapposte quelle dell’appellato in modo da incrinare il fondamento logico – giuridico delle prime, come nell’ipotesi in cui, con riferimento ad un autonomo capo di sentenza, l’appellante, pur non procedendo all’esplicito esame dei passaggi argomentativi della sentenza, svolga il motivo di appello in modo incompatibile con la complessiva argomentazione della decisione impugnata sul punto, posto che l’esame dei singoli passaggi della stessa è inutile, una volta che l’appellante abbia esposto argomentazioni incompatibili con le stesse premesse del ragionamento della sentenza impugnata (Cass. n. 15936/2003; 9083/2017);
ritenuto che, quanto al secondo motivo di ricorso e anche con riferimento ad entrambi i motivi di ricorso di cui al procedimento n. 4200 del 2013 (che possono essere trattati congiuntamente, denunciando entrambi nella sostanza la mera apparenza della motivazione della sentenza impugnata] la sentenza impugnata si è pronunziata nel merito attraverso un richiamo assolutamente generico alla sentenza di primo grado, con una statuizione rientrante nelle ipotesi di motivazione apparente, in quanto la sentenza in motivazione ha rinviato alla decisione di primo grado senza aver chiarito i motivi in base ai quali abbia ritenuto di condividere le conclusioni della sentenza gravata (Cass: n. 22022/2017, secondo cui deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello; Cass. 15884/2017; S.U. n. 7074/2017; Cass. n. 22232/2016, secondo cui la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture);
che, infatti, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 7 aprile 2017, n. 9105: nel procedimento n. 25522 del 2011 si afferma infatti solo che ”l’appello principale è infondato per mancanza di motivi specifici dell’impugnazione”, mentre nel procedimento n. 4200 del 2013 si afferma infatti solo che “gli elementi a base dell’accertamento consistenti solo su ipotesi di occultamento presunti ricavi e su omessa regolarità delle scritture contabili, inducono a ritenere l’appello dell’Ufficio basato solo su presunzioni semplici prive di qualsiasi prova concreta e ad accogliere l’eccezione del contribuente”;
che i ricorsi dell’Agenzia delle entrate vanno dunque riuniti e accolti e le sentenze impugnate vanno cassate con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio, affinché valuti la legittimità sostanziale della pretesa del Fisco.
P.Q.M.
Riunito il ricorso r.g.n. 4200/2013 al ricorso r.g.n. 25522/2011, accoglie sia il ricorso r.g.n. 25522/2011 che il ricorso r.g.n. 4200/2013, cassa entrambe le sentenze impugnate e rinvia entrambi i procedimenti perché siano trattati unitariamente dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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