CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 luglio 2019, n. 18814
Socio accomandatario – Requisiti per l’iscrizione alla gestione commercianti – Prestazioni di carattere commerciale
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Venezia, giudicando sugli appelli riuniti avverso due sentenze del Tribunale della stessa città, in riforma delle stesse rigettava l’opposizione proposta da M. C. a cinque cartelle esattoriali aventi ad oggetto contributi per l’iscrizione alla gestione commercianti.
2. La Corte territoriale premetteva che risultava provato in causa che l’appellato era socio accomandatario di 16 società denominate Bar/ Bar (con l’aggiunta di un numero progressivo da uno a sedici) che avevano tutte come oggetto sociale l’acquisto e la gestione di pubblici esercizi, la stessa sede legale e lo stesso socio accomandatario. Risultava altresì provato dalle visure camerali che ognuna delle società era priva di dipendenti nei periodi di causa e che a distanza di pochi mesi aveva posto in essere tramite il suo unico socio accomandatario una serie di operazioni costituite da contratti di stipula o risoluzione di affitti, comodato e compravendita di esercizi commerciali. Riteneva su tali basi che sussistessero i requisiti per l’iscrizione alla gestione commercianti in quanto tutte le 16 società svolgevano un’attività commerciale e l’unico socio accomandatario ne era titolare e gestore valendosi del suo lavoro e ne aveva la piena responsabilità; inoltre, egli era l’unico soggetto che operava all’interno della società, eseguendo le prestazioni di carattere commerciale di cui all’oggetto in modo continuativo e non occasionale, considerato che le società non avevano dipendenti che potessero svolgere le medesime mansioni.
Negava infine pregio all’obiezione della contemporanea iscrizione alla gestione separata in ragione dell’attività svolta in qualità di consulente e/o amministratore di altre società, in base all’intervento normativo di carattere interpretativo determinato dall’art. 12 comma 11 del d.l. n. 78 del 2010 conv. in I. n. 122 del 2010 e della giurisprudenza che vi aveva fatto seguito.
3. Per la cassazione della sentenza M. C. ha proposto ricorso, affidato ad un unico articolato motivo, cui ha resistito l’Inps con controricorso.
4. M. C. ha depositato anche memoria ex art. 380 bis.l. c.p.c.
Considerato che
5. il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1 comma 203 della I. 23 dicembre 1996 n. 662, 2318 comma due e 2697 del codice civile.
6. Il motivo attinge la motivazione della Corte territoriale in relazione all’individuazione dell’attività delle società di cui il ricorrente era socio accomandatario, che si concretizzava in operazioni finalizzate alla costituzione ed immediata cessione a terzi di pubblici esercizi, senza attività di somministrazione di bevande e attività accessorie.
7. Aggiunge che la prevalenza ed abitualità dell’attività commerciale devono ritenersi ex lege sussistenti non in relazione alla posizione di socio accomandatario, ma dell’ attività svolta in concreto.
8. Il ricorso non è fondato.
Occorre qui ribadire che ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, l’iscrizione alla gestione commercianti è obbligatoria ove ricorrano congiuntamente i requisiti previsti dalla legge e cioè: la titolarità o gestione di imprese organizzate e/o dirette in prevalenza con il lavoro proprio e dei propri familiari; la piena responsabilità ed i rischi di gestione; la partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; il possesso, ove richiesto da norme e regolamenti per l’esercizio dell’attività propria, di licenze e qualifiche professionali (in tal senso, Cass., n. 5444 del 2013);
9. Questa Corte ha chiarito che la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui prova è a carico dell’istituto assicuratore (Cass. n. 3835 del 26/02/2016, Cass. n. 26680 del 2018).
10. Perché, quindi, sorga l’obbligo dell’ iscrizione per i singoli soci non è sufficiente il requisito di cui alla lettera b), ossia la responsabilità illimitata per gli oneri ed i rischi della gestione, ma è comunque richiesta anche l’ulteriore condizione di cui alla lettera c) ed è quindi necessaria la partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.
11. Per la sussistenza del requisito di cui alla lettera c) peraltro vanno tenuti distinti i due piani del funzionamento della società, con i connessi poteri di amministrazione, e della gestione della attività commerciale, che ben può essere affidata a terzi estranei alla compagine sociale o ad altri soci che non siano anche amministratori.
12. L’onere di dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi della pretesa impositiva, e dunque dei requisiti congiunti di abitualità e prevalenza, è a carico dell’Inps (cfr. Cass. n. 5763 del 2002; Cass., n. 23600 del 2009).
13. La decisione della Corte territoriale è coerente con i richiamati principi, in quanto l’obbligo contributivo è stato ancorato alla verifica in concreto dello svolgimento personale da parte del C. di tutti i compiti necessari per la concreta realizzazione dello scopo sociale, e dunque di una serie di operazioni commerciali costituite da contratti di stipula o risoluzione di affitti, comodato e compravendita di esercizi commerciali, cui egli provvedeva personalmente per tutti gli aspetti, essendo l’unico soggetto che operava all’interno delle società, prive di dipendenti. Nessun rilievo assume dunque il fatto, valorizzato in ricorso, che il C. non svolgesse attività di somministrazione di cibi e bevande, mentre l’accertamento fattuale compiuto dal giudice territoriale non è stato fatto oggetto di specifica censura.
14. Segue coerente il rigetto del ricorso.
15. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
16. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 3.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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