CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 luglio 2022, 21999

Lavoro a progetto – Accertamento ispettivo -Natura subordinata del rapporto – Avviso di addebito – Omessi contributi – Responsabilità solidale del committente

Rilevato che

Con sentenza n. 1552 del 2017, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’impugnazione proposta da S.T., in proprio e quale gestore e legale rappresentante della Casa Famiglia V.M., nei riguardi dell’INPS (anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a.) e dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, avverso la sentenza del Tribunale di Ravenna che aveva rigettato i ricorsi avverso alcuni verbali dì accertamento ed il consequenziale avviso di addebito, con i quali era stato imposto il pagamento della contribuzione relativa ai rapporti di lavoro subordinati accertati con verbale del 27 gennaio 2012 ( per il periodo 27 ottobre- 31 dicembre 2011), seppure formalmente qualificati dalle parti come contratti a progetto;

ciò alla luce del carattere generico del progetto indicato, relativo alle prestazioni di badante per persone anziane svolte dai lavoratori; peraltro, ha osservato la Corte territoriale, già il Tribunale aveva evidenziato che l’avviso di addebito riguardava anche un accertamento ispettivo in ordine al quale era intervenuta sentenza n. 504 del 2012, passata in giudicato, con la quale era stata accertata in parte la fondatezza della pretesa contenuta in uno dei verbali;

la sentenza impugnata ha pure condiviso le motivazioni del primo giudice in ordine all’accertamento della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 29, comma secondo, d.lgs. n. 267 del 2003, posto che il T. era stato committente nel contratto d’appalto intercorso con l’appaltatore S.B. s.c.a.r.l. al cui interno le attività di lavoro subordinato erano state svolte. Da ultimo, la Corte ha rigettato il motivo d’appello relativo alla entità delle spese liquidate dal primo giudice in ragione della sua genericità; avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione S.T. sulla base di due motivi;

l’Ispettorato del lavoro e l’INPS non hanno svolto attività difensiva, limitandosi quest’ultimo a rilasciare procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso;

Considerato che

con il primo motivo di ricorso, si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 29, 61 e 69 d.lgs. n. 276 del 2003„ in relazione al fatto che la Corte territoriale aveva ritenuto la natura subordinata dei rapporti di lavoro in esame senza procedere all’accertamento di tale subordinazione, ma fondandola sulla affermata genericità del progetto; si trattava di un progetto legittimamente finalizzato a coordinarsi con il ciclo produttivo aziendale, né era condivisibile la valutazione della sentenza impugnata sull’esercizio di poteri direttivi da parte del T. sulle collaboratrici, fondata su erronee letture delle prove per testi raccolte;

con il secondo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003, con riguardo alla condanna al pagamento della sanzione derivante dalla responsabilità solidale, rispetto alle obbligazioni contributive sorte a carico dell’appaltatore (Cooperativa S.B.) prevista dal verbale n. 660000023684 del 24 gennaio 2012, emesso dall’INPS e relativo alla causa iscritta al numero di ruolo generale; il ricorrente espone di aver sempre ottenuto dalla citata Cooperativa i DURC, che gli stessi erano risultati sempre regolari e che, dalla qualificazione dei rapporti di lavoro,a progetto come subordinati, non poteva che derivarne la sola titolarità del datore di lavoro e la non genuinità del contratto d’appalto intercorso con lo stesso T.;

entrambi i motivi sono infondati;

quanto al primo motivo, la sentenza impugnata ha seguito l’orientamento consolidato della Corte di cassazione in tema di accertamento e conseguenze della genericità del progetto (da ultimo Cassazione civile, sez. lav., 03/02/2022, n. 3413);

si è, in particolare, affermato (Cass. Sez. lav., ord. n. 5418 del 25.2.2019) che in tema di contratto di lavoro a progetto, la definizione legale di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, richiede la riconducibilità dell’attività ad un progetto o programma specifico – senza alcuna differenza concettuale tra i due termini – il cui contenuto, sebbene non inerente ad una attività eccezionale, originale o del tutto diversa rispetto alla ordinaria attività di impresa, sia comunque suscettibile di una valutazione distinta da una “routine” ripetuta e prevedibile, dettagliatamente articolato ed illustrato con la preventiva individuazione di azioni, tempi, risorse, ruoli e aspettative di risultato, e dunque caratterizzato da una determinata finalizzazione, anche in termini di quantità e tempi di lavoro;

al riguardo si è, altresì, precisato (Cass. Sez. lav. sent. n. 171536 del 6.9.2016) che il contratto di lavoro a progetto, disciplinato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, prevede una forma particolare di lavoro autonomo, caratterizzato da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale, riconducibile ad uno o più progetti specifici, funzionalmente collegati al raggiungimento di un risultato finale determinati dal committente, ma gestiti dal collaboratore senza soggezione al potere direttivo altrui e quindi senza vincolo di subordinazione; ne deriva che il progetto concordato non può consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente, e dunque nella previsione di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti con l’ordinaria attività aziendale;

si è, altresì, statuito (Cass. Sez. lav. n. 8142 del 29.3.2017) che in tema di rapporti del D.Lgs. n. 276 del 2003, ex artt. 61 e segg., l’assenza del progetto di cui all’art. 69, comma 1, del medesimo decreto, che ne rappresenta un elemento costitutivo, ricorre sia quando manchi la prova della pattuizione di alcun progetto, sia allorché il progetto, effettivamente pattuito, risulti privo delle sue caratteristiche essenziali, quali la specificità e l’autonomia;

nel caso in esame, opera la definizione legale del contratto a progetto fornita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61 nel testo originario, poi sostituito dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 23, lett. a) modificato dal Di. n. 83 del 2012, art. 24 bis, comma 7 conv. in L. n. 134 del 2012 ed ancora idal D.L. n. 76 del 2013, art. 7, comma 2, lett. c) conv. in L. n. 99 del 2013 ed infine abrogato dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 52 di attuazione del c.d. Jobs Act;

in base al testo applicabile ratione temporis, per la configurazione della fattispecie è necessaria la riconducibilità dell’attività “a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa”;

questa Corte ha chiarito che l’assenza del progetto di cui al D. Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1, che rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie, ricorre sia quando manchi la prova della pattuizione di alcun progetto, sia allorché il progetto, effettivamente pattuito, risulti privo delle sue caratteristiche essenziali, quali la specificità e l’autonomia (Cass. n. 8142 del 2017). Il progetto concordato non può comunque consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente, e dunque nella previsione di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti con l’ordinaria attività aziendale (v. Cass. n. 17636 del 2016 e n. 8142 del 2017);

risulta dunque corretta la statuizione della Corte di merito, basata sulla ritenuta assenza di un valido progetto per la sua coincidenza con l’ordinaria attività aziendale, né risulta che tale giudizio in fatto sia viziato da alcuno dei vizi indicati dall’art. 360, primo comma n.5), c.p.c., che richiede l’omessa considerazione di fatti storici decisivi, oggetto di discussione tra le parti e non può basarsi su critiche ai poteri di apprezzamento delle risultanze istruttorie;

inoltre, la consolidata giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass. n. 27543 del 2020 e n. 12820 del 2016) ha pure affermato che il regime sanzionatorio previsto dall’art. 69 del d.lgs. n. 276 del 2003, pur imponendo in ogni caso l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, contempla due distinte e strutturalmente differenti ipotesi, atteso che, al comma 1, sanziona il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa come quello qui ricorrente – instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, realizzando un caso di c.d. conversione del rapporto “ope legis”, restando priva di rilievo l’appurata natura autonoma dei rapporti in esito all’istruttoria, mentre al comma 2 disciplina l’ipotesi in cui, pur in presenza di uno specifico progetto, sia giudizialmente accertata, attraverso la valutazione del comportamento delle parti posteriore alla stipulazione del contratto, la trasformazione in un rapporto di lavoro subordinato in corrispondenza alla tipologia negoziale di fatto realizzata tra le parti;

quanto al secondo motivo, ne va affermata l’inammissibilità,

va osservato che il ricorrente ha inteso contestare la responsabilità solidale riconosciuta a suo danno per due ragioni: sotto un primo profilo, si afferma che la natura non subordinata dei medesimi generi di per sé la carenza di responsabilità, ma tale presupposto risulta smentito da quanto sin qui affermato in ordine alla illegittima configurazione dei lavori a progetto; sotto altro profilo, il ricorrente ha inteso denunciare la valutazione di genuinità del contratto di appalto intercorso con la Cooperativa S.B., oggetto del verbale di accertamento posto in essere dall’INPS in data 24 gennaio 2012; sotto questo profilo, il ricorrente pare sostenere la tesi che la non genuinità del contratto di appalto dovrebbe derivare dalla mera constatazione della illegittimità dei contratti a progetto. Tuttavia, oltre a non cogliere con tale argomento alcun eventuale errore di diritto in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nel ricostruire l’istituto di cui all’art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003, relativa alla responsabilità del committente, il motivo non si confronta con la corretta ricostruzione operata dalla sentenza impugnata in punto di astratto contenuto dell’appalto genuino e ripropone la tesi della rilevanza della richiesta dei DURC (all’apparenza regolari) per evitare la responsabilità solidale), circostanza del tutto irrilevante, come già esplicitato dalla sentenza impugnata;

in definitiva, il ricorso va rigettato, non si deve provvedere sulle spese atteso il mancato svolgimento di attività difensive da parte degli intimati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.