CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 marzo 2020, n. 7047
Compenso professionale – Attività stragiudiziale in favore di società – Assunzione di impegno personale al pagamento del compenso – Ipotesi di contratto a favore del terzo – Decesso – Rivalsa nei confronti degli eredi – Esclusione
Fatti di causa
Con atto di citazione ritualmente notificato L.F.E. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Latina I.E. deducendo di aver svolto, su suo incarico ed in suo favore, prestazioni professionali di natura stragiudiziale ed invocandone la condanna al pagamento del corrispettivo, pari ad € 3.157,63. Si costituiva il convenuto resistendo alla domanda. Il giudizio veniva interrotto a seguito del decesso del convenuto e riassunto nei confronti dei suoi eredi.
Con sentenza n. 2669/2012 il Tribunale di Latina rigettava la domanda ravvisando la carenza di legittimazione passiva in capo alla parte convenuta.
Interponeva appello il L.F. e si costituivano gli eredi dell’originario convenuto resistendo al gravame.
Con la sentenza oggi impugnata, n. 3602/2017, la Corte di Appello di Roma rigettava l’impugnazione.
Propone ricorso per la cassazione di tale decisione L.F.E. affidandosi ad un unico motivo. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di Cassazione. La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1411, 2222, 2229 e 2230 c.c. perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente inquadrato la fattispecie nell’ambito del contratto a favore del terzo. Al contrario, il giudice di merito avrebbe dovuto ravvisare la sussistenza di un rapporto professionale diretto tra il L.F. e lo I. e ritenere quest’ultimo direttamente obbligato per il pagamento del compenso dovuto al professionista.
La censura è infondata.
Come risulta dalla narrazione del fatto riportata a pag.2 e s. del ricorso, l’odierno ricorrente ha agito nei confronti dello I. per ottenere il pagamento dei compensi relativi all’attività professionale che egli aveva svolto in favore di S. S.r.l. e di G.S. S.r.l., sul presupposto che il primo si fosse impegnato a provvedere personalmente al saldo di quanto dovuto al professionista incaricato di assistere le predette società.
Dalla lettura della sentenza impugnata risulta tuttavia che la prova orale escussa in primo grado aveva evidenziato che lo I. “era titolare” delle due società, in seno alle quali rivestiva la carica di “Presidente”. Da tale circostanza il giudice di appello ha fatto derivare la conclusione che “… lo I. aveva agito non in proprio ma nell’interesse delle società che rappresentava e nei confronti di tali soggetti avrebbe dovuto agire l’avvocato per ottenere il compenso dovuto” (cfr. pag.3).
Ne discende che il riferimento all’istituto del contratto a favore di terzo contenuto in apertura della motivazione della decisione impugnata – nella parte in cui la Corte territoriale richiama, riassumendola, la censura mossa dal L.F. alla sentenza del Tribunale – non comporta alcun inquadramento della fattispecie nell’ambito del predetto istituto. Al contrario, la motivazione resa dalla Corte capitolina evidenzia che quest’ultima ha ritenuto sussistente un rapporto professionale diretto tra il L.F. e le due società S. S.r.l. e G.S. S.r.l., in favore delle quali il professionista aveva reso la propria attività. Questo convincimento, reso in punto di fatto e quindi non utilmente sindacabile in Cassazione, è stato completato dalla Corte di Appello con l’osservazione che il L.F. non aveva fornito la prova del fatto che lo I., nel conferirgli il mandato (come detto in nome e per conto delle due società delle quali era legale rappresentante) “… avesse assunto l’obbligo di provvedere personalmente al pagamento degli onorari” (cfr. ancora pag.3). La sentenza impugnata resiste pertanto alle critiche addotte dal ricorso e supera I rilievi svolti in memoria circa l’onere della prova.
Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva, da parte degli intimati, nel presente giudizio di legittimità.
Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n.115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della Legge n. 228 del 2012, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della Legge n. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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