CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 marzo 2020, n. 7086
Gestione commercianti – Omesso versamento dei contributi previdenziali – Opposizione avverso cartella esattoriale
Rilevato che
1. con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di Appello di Trento confermava la decisione di primo grado che aveva ritenuto inammissibile, perché tardiva, l’opposizione proposta da C.C. avverso la cartella esattoriale con la quale l’INPS aveva chiesto il pagamento della somma di Euro 17.246,24 per omesso versamento dei contributi previdenziali eccedenti il minimale dei redditi per la gestione commercianti, relativi all’anno 2005;
2. ad avviso della Corte territoriale correttamente il primo giudice aveva qualificato l’azione come opposizione agli atti esecutivi, per essere incentrata su contestazioni alla regolarità formale del titolo, con declaratoria di inammissibilità perché non svolta nei termini di cui all’art. 617 cod.proc.civ.;
3. in ogni caso, pur premesso che la contestazione delle ragioni di merito sull’inesistenza del credito, in conseguenza del vizio procedimentale dell’atto presupposto, era stata svolta solo in sede di gravame, la Corte di merito, in adesione alla qualificazione propugnata dall’appellante, di opposizione ex art. 29 d.lgs. n.46 del 1999, confermava la decisione del primo giudice in ordine alla mancanza, nel ricorso in opposizione, di contestazione del credito azionato e di deduzioni sull’inesistenza del maggior reddito pur all’esito della notificazione della cartella della quale era a conoscenza dell’entità complessiva del credito e della pretesa applicazione dell’aliquota per il contributo variabile a percentuale sull’ammontare del reddito accertato;
4 per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso C.C., affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrato con memoria, avverso il quale l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., ha conferito solo delega in calce alla copia notificata del ricorso;
Considerato che
5. con i plurimi motivi di ricorso la parte ricorrente censura la sentenza impugnata per la qualificazione dell’azione come opposizione agli atti esecutivi, e la conseguente declaratoria di inammissibilità per tardività, deducendo di avere introdotto la questione formale della mancata notificazione della cartella di pagamento solo in via strumentale alla contestazione della pretesa esecutiva dell’ente impositore, della quale non era previamente venuto a conoscenza proprio in conseguenza della mancata notificazione della cartella esattoriale, sicché l’eccepita inesistenza/nullità della notificazione dell’accertamento tributario era sottesa all’introduzione e allegazione, nel giudizio di opposizione, della mancanza di un maggior reddito rispetto a quello dichiarato e, dunque, della contestata sussistenza di un conseguente maggior debito per contributi previdenziali;
6. il ricorso è da rigettare;
7. come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al d.lgs. n. 46 del 1999, il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva, che dall’art. 24 dello stesso decreto è fissato in quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo (cfr. ex plurimís Cass. n. 20791 del 2019 e i precedenti ivi richiamati);
8. inoltre, nell’ipotesi in cui un’unica sentenza contenga sia decisioni riguardanti il merito della pretesa e sia decisioni riguardanti la regolarità formale del procedimento (quali in particolare quelle della cartella e/o della notificazione), ciascun tipo di decisione è assoggettata al proprio regime impugnatorio: rispettivamente: appello, per le prime (nel regime applicabile ratione temporis), e ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., per le seconde, salvo il rispetto del principio dell’apparenza (ex multis: Cass. n. 20816 del 2009 e i precedenti ivi richiamati);
9. tale ultimo principio comporta che per individuare il mezzo di impugnazione si deve fare riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione compiuta dal giudice nel provvedimento, indipendentemente dall’esattezza di essa e dalla qualificazione dell’azione operata dalla parti, sicché una sentenza emessa a definizione di un giudizio di opposizione esecutiva è impugnabile con l’appello se il giudice ha qualificato l’azione come opposizione all’esecuzione, mentre è impugnabile solo con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. se è stata qualificata dal giudice come opposizione agli atti esecutivi (fra le tante: Cass. n. 16379 del 2005);
10. al fine della corretta qualificazione della domanda occorre fare riferimento alla causa petendi e al petitum che, nell’opposizione all’esecuzione, investono l’an della esecuzione, cioè il diritto del creditore di procedervi, mentre, nell’opposizione agli atti esecutivi, investono il quomodo, vale a dire le modalità con le quali il creditore può agire in sede esecutiva (v., fra le altre, Cass. n. 13381 del 2017);
11. tanto premesso, le censure svolte con il ricorso all’esame non colgono nel segno tenuto conto che il decisum della Corte territoriale non si è fermato all’inammissibilità, per tardività, dell’opposizione agli atti esecutivi, come già statuito dal primo giudice, ma in considerazione delle censure svolte con il gravame, e della contestata qualificazione dell’azione, si è addentrata anche in tale ambito, riqualificando l’azione come opposizione all’esecuzione, concludendo comunque nel senso della lacunosa prospettazione, fin dagli atti introduttivi del giudizio di opposizione, in ordine all’inesistenza di un maggior reddito e alla contestazione dell’ammontare del reddito;
12. peraltro, a confutazione della statuizione ora impugnata, il ricorrente anche con la memoria illustrativa affida la sintesi dell’impugnazione di legittimità alla riaffermazione del valore meramente strumentale del vizio formale (la mancanza di notifica della cartella) alla contestazione della pretesa esecutiva dell’ente impositore, il che conferma soltanto la pretesa di ritenere implicita la censura, nel merito, della sussistenza di un maggiore debito per contributi previdenziali, senza incrinare la decisione gravata e in dispregio degli oneri di allegazione e prova, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale;
13. vale ricordare che, in tema di contributi «a percentuale», la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è dato dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito ex art. 1, co. 4, legge n. 233 del 1990, quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento (v., fra le tante, Cass. n. 27950 del 2018 alla cui più ampia motivazione si rinvia);
14. quanto, infine, alla dedotta pendenza del giudizio tributario, va rilevata la totale diversità dei titoli relativi a quel giudizio rispetto alla materia contributiva che forma oggetto del presente giudizio;
15. non si provvede alla regolazione delle spese per non avere la parte intimata svolto attività difensiva;
16. ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.