CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 marzo 2020, n. 7095
Tributi – Accertamento plusvalenza – Costi deducibili – Onere di prova a carico del contribuente
Fatti e ragioni della decisione
La CTR Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza resa dal giudice di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di N.P.E. per la ripresa a tassazione di una plusvalenza non dichiarata, riteneva provati i costi deducibili idonei ad incidere sull’ammontare della plusvalenza in ragione delle somme riconosciute dall’Ufficio in sede di accertamento con adesione – per euro 28.000,00 – nonché l’importo di euro 8.540,00 non contestato dal medesimo ufficio. Riteneva, per converso, che le ulteriori voci relative ad ulteriori costi non erano state dimostrate dalla parte contribuente, sulla quale incombeva il relativo onere, risultando generica la fattura dei lavori di ristrutturazione e verosimilmente riferibile a lavori eseguiti su due diversi appartamenti, l’uno della contribuente e l’altro della di lui figlia, evidenziando la mancanza di prova della documentazione amministrativa attestante le tipologie dell’intervento edilizio svolto.
La N. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Ha, altresì, prodotto una memoria la quale risulta tardiva in quanto depositata in data 11.01.2020.
L’Agenzia delle entrate non si è costituita.
Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 21, comma 2, lett. g) del d.P.R. n.633/1972 e dell’art. 226 della dir. CE 2006/112/CE. Secondo la ricorrente la fattura non potrebbe considerarsi generica ed i lavori effettuati risulterebbero dalla fattura stessa.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.2697 c.c. La ricorrente assume che l’onere della prova in ordine all’insussistenza dei presupposti per ridurre l’importo della plusvalenza incomberebbe sull’amministrazione, attrice in senso sostanziale, la quale non l’avrebbe assolto.
Con il terzo motivo si deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. Si deduce che la CTR non avrebbe considerato l’accordo di separazione dal quale sarebbe emerso l’obbligo del marito della N. – C. – di corrispondere l’importo di lire 100.000,00, oltre al pagamento del canone di lire 1.000.000. Tali importi anticipati dal C., secondo la ricorrente sarebbero stati utilizzati per ristrutturare l’immobile per poi rivenderlo. La ricorrente aggiunge che l’altro immobile, esistente nel medesimo stabile ed intestato alla figlia, non sarebbe mai stato ristrutturato, non risultando esistente alcuna pratica amministrativa.
Il primo ed il secondo motivo meritano un esame congiunto e sono infondati.
Giova ricordare che la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che nel processo tributario, ove il contribuente assolva l’onere, a suo carico, di provare il fatto costitutivo del diritto alla deduzione dei costi o alla detrazione dell’IVA mediante la produzione delle fatture, l’Amministrazione finanziaria ne può dimostrare l’inattendibilità anche mediante presunzioni, sicché il giudice di merito deve prendere in considerazione il complessivo quadro probatorio al fine di verificare l’esistenza o meno delle operazioni fatturate, ivi compresi i fatti secondari indicati – cfr. Cass. n. 2935 del 13/02/2015.
Peraltro, si è parimenti evidenziato che rientra nei poteri dell’Amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, con conseguente possibilità di negazione della deducibilità di parte di un costo ritenuto non proporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (cfr. Cass. n. 26646/2017).
Orbene, a tali principi si è pienamente uniformato il giudice di appello, ritenendo non provati i costi, né proporzionati e le deduzioni incidenti sulla plusvalenza contestata alla parte contribuente, sicché le censure sono entrambe infondate.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, riguardando fatti incidenti su valutazioni fattuali della CTR e sforniti del carattere della decisività rispetto all’assunto della ricorrente, volto a dimostrare l’esistenza di costi effettuati per la ristrutturazione dell’appartamento di sua proprietà che il giudice di appello ha escluso con una motivazione dettagliata ed analitica.
Ed invero, la CTR ha, con valutazione insindacabile in questa sede, individuato nell’assenza di prova circa i costi ulteriori rispetto a quelli riconosciuti come esistenti dal giudice di appello la ragione impeditiva rispetto all’accoglimento della domanda tesa a ridurre ulteriormente la plusvalenza accertata in relazione alla genericità della fattura dei lavori, alla mancata indicazione dei lavori eseguiti, all’assenza di documentazione amministrativa a supporto degli stessi ed alle valutazioni operata dal giudice di appello in ordine alla destinazione delle somme per la ristrutturazione non solo dell’appartamento della contribuente, ma anche di altro immobile della figlia.
Sulla base di tali considerazioni, appare evidente come i fatti che la ricorrente assume non essere stati oggetto di disamina da parte della CTR, non solo sono stati presi già in considerazione dalla CTR che li ha ritenuti non conducenti (rendendo inammissibile la censura – Cass., S.U., n. 8053/2014), ma non sarebbero in ogni caso in grado di determinare, con una valutazione prognostica da svolgere ex ante, un giudizio di segno diverso da quello svolto dalla CTR.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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