CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 marzo 2021, n. 7116
Tributi – Imposta di registro – Provvedimento di ammissione al passivo di un creditore chirografario – Avviso di liquidazione nei confronti di coobbligato – Motivazione – Obbligo di allegazione dell’atto
Rilevato che
La P. Finanziaria S.p.A. ha impugnato un avviso di liquidazione per imposta di registro nella misura dell’1% emesso nei confronti della ricorrente quale coobbligata in solido in relazione al provvedimento di ammissione al passivo di un creditore chirografario, deducendo – per quanto rileva in questa sede – la nullità dell’avviso per difetto di motivazione per non essere stato allegato all’atto il provvedimento oggetto di assoggettamento ad imposta.
La CTP di Parma ha rigettato il ricorso e la CTR dell’Emilia Romagna, con sentenza in data 14 maggio 2019, ha accolto l’appello della contribuente (nel giudizio proseguito dalla P. S.p.A. in qualità di assuntore, a seguito della chiusura della procedura di amministrazione straordinaria della P. Finanziaria S.p.A.). Ha ritenuto il giudice di appello che l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, che indichi solo la data e il numero del provvedimento oggetto di registrazione, è illegittimo, ove non venga allegato l’atto oggetto di tassazione, in quanto pregiudica il diritto di difesa del contribuente.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato a un unico motivo; la P. S.p.A. resiste con controricorso.
La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 I. 27 luglio 2000, n. 212, 3 I. 7 agosto 1990, n. 241, 3 e 53 Cost., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto viziato l’atto impositivo quanto al profilo motivazionale, non essendo stato allegato allo stesso l’atto sottostante oggetto di liquidazione dell’imposta.
Sostiene la ricorrente che l’atto di appello della contribuente dimostrerebbe come la stessa si sia difesa adeguatamente nel merito, deducendo l’erronea applicazione dell’imposta proporzionale sul valore nominale del credito in luogo dell’importo del credito ridotto dalla falcidia concordataria.
Rileva, pertanto, che il corretto esercizio del diritto di difesa della contribuente consentirebbe di ritenere assolto l’onere di motivazione, avendo l’Amministrazione finanziaria messo la contribuente in condizione di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali. Deduce, inoltre, che nel caso di specie ricorrerebbe un mero vizio formale e che i vizi meramente formali degli atti non danno luogo a nullità dell’atto ove, in assenza del menzionato vizio formale, il contenuto dell’atto non sarebbe stato diverso.
2. Va osservato preliminarmente – come rileva parte controricorrente – che non vi è alcuna evidenza che la società contribuente «disponesse formalmente della sentenza» oggetto di liquidazione dell’imposta (come deduce la ricorrente), non emergendo tale circostanza dalla sentenza impugnata. Deve, pertanto, escludersi che la CTR abbia dato per presupposto che la contribuente conoscesse formalmente l’atto oggetto di liquidazione, di modo che trova nella specie applicazione il principio secondo cui l’onere di allegazione dell’atto oggetto di tassazione non riguarda i casi di atti o documenti conosciuti o redatti dal contribuente (Cass., Sez. V, 1° luglio 2020, n. 13402).
Diversamente, nel caso di specie si verte in tema di atti conoscibili da parte del contribuente assoggettati ad imposta di registro, relativamente ai quali è del tutto consolidato l’orientamento secondo cui in tema di imposta di registro, è nullo per difetto di motivazione e conseguente illegittima compressione del diritto di difesa del contribuente, l’avviso di liquidazione di imposta ed irrogazione di sanzioni in cui la motivazione dell’atto faccia riferimento a documentazione né allegata, né riprodotta nell’avviso stesso, atteso che l’obbligo di allegazione previsto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad un’attività di ricerca che comprimerebbe illegittimamente il suo diritto di difesa (Cass., Sez. V, 11 maggio 2017, n. 11623; Cass., Sez. V, 25 marzo 2011, n. 6914). Principio specificamente applicato al caso (del tutto sovrapponibile a quello di specie) in cui l’avviso di liquidazione dell’imposta emesso ex art. 54, comma 5, del d.P.R. n. 131/1986 dia indicazione solo della data e del numero del provvedimento oggetto di registrazione, senza allegare l’atto oggetto di liquidazione, con conseguente nullità dello stesso per difetto di motivazione ex art. 7 l. n. 212/2000 per lesione del diritto di difesa, non potendosi costringere il contribuente a un’attività di ricerca che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare (Cass., Sez. VI, 28 giugno 2019, n. 17486; Cass., Sez. VI, 16 novembre 2018, n. 29491; Cass., Sez. V, 14 febbraio 2018, n. 3555; Cass., Sez. VI, 7 dicembre 2017, n. 29402).
Quanto alle deduzioni di parte ricorrente, secondo cui l’avviso di liquidazione farebbe riferimento (oltre che all’imposta recuperata e all’atto tassato), anche al fondamento normativo della tassazione e alle parti coinvolte nel processo civile, è da rilevare come le stesse si palesino generiche, non consentendo di valutare la pregnanza di tali indicazioni ai fini dell’esercizio del diritto di difesa, non avendo peraltro la ricorrente riprodotto in ricorso – come richiesto dal principio di autosufficienza – i passaggi rilevanti dell’avviso di liquidazione.
3. La CTR, ritenendo nullo per difetto di motivazione l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, al quale non era allegato l’atto oggetto di tassazione, né riprodotto nei suoi termini essenziali, si è uniformata ai principi sopra richiamati.
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della P. S.p.A., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge.
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