CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25527
Tributi – Condono – Mancato versamento integrale di quanto dovuto in base al condono – Diniego del condono – Iscrizione a ruolo delle somme dovute
Rilevato che
1. nella controversia (Iscritta a r.g.n.12178/11), originata dall’impugnazione da parte della Società a responsabilità limitata L.E. della cartella emessa, ai sensi dell’art. 36 bis D.P.R. n. 600/1973, a seguito di provvedimento di diniego di condono, e relativa all’omesso versamento di IVA, IRPEG e IRAP dell’anno 2002, la Società ricorre su cinque motivi, nei confronti di EquitaIia Emilia Nord s.p.a. (che non ha svolto attività difensiva) e dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (d’ora in poi C.T.R.) ne aveva rigettato l’appello proposto avverso la decisione di primo grado (solo parzialmente favorevole, avendo la C.T.P. applicato, in luogo delle sanzioni integrali, quelle ridotte come da condono), confermando la legittimità della cartella a fronte del provvedimento di diniego del condono (proposto ex art. 9 bis della legge n.289/2002 e oggetto di distinta controversia) e dando atto, in mancanza di appello incidentale da parte dell’Agenzia delle entrate, del passaggio in giudicato della statuizione di limitazione delle sanzioni;
2. nella controversia (iscritta a r.g.n.7482/12) originata dall’impugnazione da parte della Società a responsabilità limitata L.E., di cartella – emessa a seguito di provvedimento di diniego di condono, ai sensi dell’art. 36 bis d.p.r. n.600/1973, e relativa all’omesso versamento di iva, Irpeg e Irap degli anni 1999, 2000, 2001, 2002 e 2003 – la Società ricorre su cinque motivi, nei confronti di Equitalia Centro s.p.a. (che non ha svolto attività difensiva) e dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna (d’ora in poi C.T.R.) ne aveva rigettato l’appello proposto avverso la decisione di primo grado (anch’essa sfavorevole) di rigetto del ricorso, confermando la legittimità della cartella a fronte del provvedimento di diniego del condono (oggetto di distinta controversia) e in mancanza di versamento integrale di quanto dovuto a seguito dell’accesso alla agevolazione ex art. 9 bis della legge n. 289/2002;
3. nella controversia (iscritta a r.g.n.7930/12) originata dall’impugnazione da parte della Società a responsabilità limitata L.E., del provvedimento di diniego opposto dall’Ufficio al condono di cui all’art. 9 bis della legge n. 289/2002 la Società ricorre su unico motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna (d’ora in poi C.T.R.) ne aveva rigettato l’appello proposto avverso la decisione di primo grado (anch’essa sfavorevole) di rigetto del ricorso, confermando la legittimità del provvedimento di diniego del condono, in mancanza di versamento integrale di quanto dovuto a seguito dell’accesso alla agevolazione ex art. 9 bis della legge 289 del 2002;
i ricorsi sono stati fissati in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380 bis 1 cod.proc.civ., introdotti dall’art.Ibis del d.l. 31 agosto 2016 n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016 n. 197;
la ricorrente ha depositato memoria nella controversia iscritta a r.g.n. 7482/12.
Considerato che
1. preliminarmente appare opportuno disporre la riunione dei ricorsi in quanto quello iscritto al n. 7930/12 – vertendo sulla legittimità del provvedimento di diniego del condono all’esito del quale furono emesse le cartelle impugnate oggetto dei primi due ricorsi – è pregiudiziale rispetto agli altri;
1.1. procedendo, pertanto, da primo alla trattazione del ricorso iscritto al n.7930/12, va rilevato che, con l’unico motivo di ricorso, la Società deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 bis della legge n. 289/02 e successive integrazioni e modifiche e, pur dando atto che la sentenza impugnata si muove lungo il solco interpretativo tracciato in materia da questa Corte, ritiene la sussistenza di ragioni sufficienti e idonee a mutare tale orientamento;
1.2. in particolare, secondo la prospettazione difensiva, l’art. 16 bis della legge n. 289 del 2002, nel prevedere la possibilità di procedere ad espropriazione immobiliare senza la previa iscrizione ipotecaria per le somme dovute a seguito di tutte le definizioni agevolate di cui alla medesima legge, consentirebbe di ritenere che la definizione di cui all’art. 9 bis legge n. 289/2002 si perfezioni con la presentazione della dichiarazione integrativa e con il versamento della prima rata;
1.3.la tesi non è condivisibile. Preliminarmente va rilevato che, essendo oggetto delle cartelle impugnate anche l’iva, per tale imposta va dato seguito ai principi già affermati da questa Corte (v. Cass. n. 20435 del 26/09/2014) secondo cui l’art. 9 bis della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nella parte in cui consente di definire una controversia con l’Amministrazione finanziaria evitando il pagamento delle sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento dell’ IVA, deve essere disapplicato a prescindere da specifiche deduzioni di parte e senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o processuali (quale, nella specie, il carattere “chiuso” del giudizio di cassazione), essendo in contrasto con gli obblighi previsti dagli artt. 2 e 22 della VI direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388 CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’IVA, secondo l’interpretazione resa dalla Corte di giustizia nella sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06, che ascrive a dette norme comunitarie portata generale;
per il resto, l’orientamento di questa Corte, anche di quello formatosi successivamente alla data di proposizione dell’odierno ricorso, è fermo nel ritenere che la definizione agevolata ai sensi dell’art. 9 bis della legge 27 dicembre 2002, n. 289, comportante la non applicazione delle sanzioni relative al mancato versamento delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 dicembre 2002, e per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data, si perfeziona solo se si provvede all’integrale pagamento del dovuto nei termini e nei modi previsti dalla medesima disposizione, attesa l’assenza di previsioni quali quelle contenute negli artt. 8, 9, 15 e 16 della medesima legge, che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale, e che sono insuscettibili di applicazione analogica, in quanto, come tutte le disposizioni di condono, di carattere eccezionale (cfr, tra le altre, Cass. n. 21364 del 30/11/2012; id. n. 25238 del 08/11/2013; id.26683 del 22/12/2016);
1.4 recentemente, peraltro, questa Corte (v. Cass. n. 14373 del 09/06/2017) ha condivisibilmente, disatteso la tesi difensiva della ricorrente, statuendo che <<in tema di condono fiscale, l’estensione alla definizione agevolata di cui all’art. 9-bis della I. n. 289 del 2002 delle norme dettate, per la riscossione dei debiti iscritti a ruolo, dagli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 della stessa legge, non incide sull’effetto estintivo dell’obbligazione di pagamento, ricollegato unicamente all’integrale versamento del dovuto, atteso che la portata dispositiva dell’art. 16 bis della legge predetta si risolve nella sola estensione dell’operatività delle disposizioni in merito all’agevolazione dell’azione esattoriale anche alla riscossione delle somme dovute a seguito del mancato pagamento delle rate del condono ex art. 9-bis della stessa legge, fermo restando che esse comprendono, oltre al residuo importo ancora dovuto a titolo di imposta, anche l’importo delle sanzioni calcolate sull’intera obbligazione tributaria originaria;
1.5. alla luce dei superiori principi, condivisi dal Collegio, il ricorso iscritto al ruolo generale n. 7930/2012, va, pertanto, rigettato;
2. confermata la legittimità del provvedimento di diniego al condono, può ora procedersi all’esame dei ricorsi aventi ad oggetto le cartelle emesse a seguito di tale provvedimento sfavorevole;
2.1. con il primo motivo del ricorso, iscritto al r.g.n. 12178/2011, la Società deduce, ai sensi del n. 4, 1 comma, dell’art. 360 cod.proc.civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli art 295 e 324 cod.proc.civ. per non avere la C.T.R. sospeso il processo malgrado la contemporanea pendenza del contenzioso avente ad oggetto il provvedimento di diniego del condono;
2.2. con il secondo motivo si deduce la medesima questione sotto il diverso profilo di violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.lgs. 546/1992;
2.1.1.le censure sono inammissibili per inconferenza rispetto al decisum giacché il Giudice di appello laddove ha statuito che negata l’applicazione del condono, il recupero dei tributi dovuti, al netto delle somme versate, è legittimo salvo l’esito della controversia ha deciso incidentalmente la questione e, d’altronde, entrambi i mezzi sono inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse, laddove le controversie oggi sono tutte pendenti innanzi allo stesso giudice;
2.1.2. peraltro, sul punto, la giurisprudenza di questa Corte (v. tra le altre, Cass. n. 15881 del 29/07/2016) è consolidata nel ritenere che <<in tema di condono fiscale, qualora il contribuente abbia presentato richiesta di definizione amministrativa ex art. 9 bis della I. n. 289 del 2002, la mancata notificazione del provvedimento motivato di rigetto dell’istanza di condono non comporta alcuna decadenza a carico dell’Amministrazione finanziaria, né si traduce in una violazione del diritto di difesa del contribuente, poiché questi, a norma dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, può proporre tutte le censure deducibili avverso il provvedimento presupposto, a lui non notificato, in sede di impugnazione della cartella esattoriale emessa per il recupero dell’imposta, equivalendo la notifica di questo atto a manifestazione implicita, da parte dell’Ufficio, del convincimento di ritenere consolidata la pretesa tributaria e, conseguentemente, della volontà di negare l’ammissione al condono>>;
2.3. con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 212/2000 e dell’art. 3 della legge 241/90 laddove la C.T.R. aveva ritenuto la cartella impugnata sufficientemente motivata in quanto evidenziava / tributi e le sanzioni che consentono di comprendere attraverso la semplice lettura della cartella stessa, la causale della richiesta del fisco;
2.4. con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n.5 cod.proc.civ., l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata laddove la C.T.R. – nel rilevare che quando il semplice raffronto tra i dati della dichiarazione del contribuente e quelli riportati nella cartella consenta, come nella specie, di comprendere le ragioni della pretesa tributaria …non vi è motivo per caricare l’Amministrazione di oneri ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti dalla legge – avesse omesso di spiegare le ragioni per le quali era giunta a tale conclusione rispetto al caso concreto sottoposto al suo esame, mentre essa contribuente aveva illustrato le singole circostanze che le impedivano di comprendere il contenuto della cartella stessa;
2.5. con ¡I quinto motivo, infine, si denunzia, ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n. 4 cod.proc.civ., la sentenza impugnata di omessa pronuncia laddove il Giudice di appello aveva omesso di pronunciarsi sulla questione relativa all ‘obbligatori età dell’avviso bonario anteriormente alla notificazione della cartella;
2.6 esaminate le censure congiuntamente, siccome connesse, le stesse non sono meritevoli di accoglimento;
2.6.1. in ordine al terzo e quarto motivo da un canto è sufficiente, all’uopo, richiamare il consolidato orientamento di questa Corte (v. Cass. n. 21804 del 20/09/2017; n. 11612 del 2017; n. 15564 del 2016; n. 14236 del 2017; n. 25329 del 2014) per cui in tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicché, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa; d’altro va rilevata la mancanza di specificità dei mezzi di impugnazione laddove gli stessi non riproducono, se non per una generica sintesi insufficiente allo scopo, il contenuto della cartella della cui omessa motivazione ci si duole (cfr. Cass. n. 16147 del 28/06/2017; id. n. 2928 del 2015);
2.6.2. il quinto motivo è inammissibile alla luce del consolidato insegnamento di questa Corte per cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (v. Cass.n. 29191/2017; 24155/2017) e, nella specie, appare evidente che il Giudice di appello ritenendo nel merito la legittimità dell’emissione della cartella abbia implicitamente rigettato l’eccezione della sua nullità per carenza di invio dell’avviso bonario;
2.6.3 d’altronde, va ribadito l’altrettanto consolidato principio espresso da questa Corte (cfr., tra le altre Cass. n. 7291 del 22/03/2017; id. n. 15740 del 2016; id. n.2412 del 2017) secondo cui in tema d’imposte sui redditi, l’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 consente all’Amministrazione finanziaria di procedere direttamente all’iscrizione a ruolo, senza previa emissione dell’avviso di accertamento, quando la maggiore imposta risulti dovuta sulla base dei meri dati numerici esposti nella dichiarazione del contribuente;
2.7 ne consegue il rigetto del ricorso iscritto al n.r.g.12178/11;
3. Con i primi quattro motivi del ricorso iscritto al r.g.n. 7482/2012 si deduce, ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n.4 dell’art. 360 cod.proc.civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la C.T.R. omesso di pronunciare su quattro specifici motivi di appello relativi rispettivamente all’illegittimità della cartella emessa sulla base dell’originaria dichiarazione invece che sulla definizione del condono (primo motivo); all’omissione di motivazione ed inintelligibilità della cartella (secondo motivo); alla nullità della cartella per mancanza di preventivo avviso bonario (terzo motivo); all’illegittimità delle pretese impositive per iscrizioni a ruolo di importi regolarmente versati e non dovuti (quarto motivo);
3.1.il primo motivo è infondato laddove la C.T.R., affermando espressamente l’inefficacia della definizione agevolata ex art.9 bis della legge n.289 del 2002, ha implicitamente rigettato il motivo di appello;
3.2. in effetti, la C.T.R. ha omesso di pronunciare sui motivi di appello oggetto del secondo, terzo e quarto mezzo di impugnazione per cassazione ma, non essendo necessari accertamenti in fatto, sulle questioni di diritto dedotte questa Corte può pronunciarsi (cfr., di recente, Cass. n. 16171 del 28/06/2017: olla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto>>) rilevandone l’infondatezza per le ragioni già svolte sub 2.6 in ordine al secondo e terzo motivo;
3.3. egualmente infondato il quarto motivo avendo già questa Corte (cfr. Cass n. 26683 del 22/12/2016; id. n. 379 del 2016; id. n. 23530 del 2014) condivisibilmente statuito che <<il condono fiscale ex art. 9 – bis della I. n. 289 del 2002, che costituisce una forma di condono demenziale, è condizionato all’integrale versamento di quanto dovuto, sicché il pagamento parziale delle somme indicate nella dichiarazione integrativa ne comporta il mancato perfezionamento e non fa venir meno l’illiceità della condotta, neppure limitatamente alle somme parzialmente corrisposte, ma, al contrario, porta ad emersione il definitivo ed originario inadempimento dell’obbligazione tributaria, legittimando la pretesa sanzionatoria dell’Amministrazione finanziaria commisurata all’intero importo dell’imposta non versata nei termini di legge>>;
3.4. per le medesime ragioni di cui al quarto motivo e di quelle già svolte sub 1.3. e 1.4. va rigettato anche il quinto motivo di ricorso con il quale si deduce, in subordine, la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 bis della legge n. 289/2002;
in conclusione, i ricorsi, previa riunione, meritano rigetto con condanna della contribuente alla refusione delle spese processuali;
P.Q.M.
Riuniti i ricorsi li rigetta.
condanna la ricorrente alla refusione, in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali liquidate in complessivi euro 7.200,00 oltre spese prenotate a debito.