CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25547
CIGS – Violazione degli obblighi informativi – Mancata specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere
Rilevato
1. che la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado la quale, in parziale accoglimento della domanda di E. P., aveva condannato la datrice di lavoro C. s.p.a. al pagamento delle differenze fra la normale retribuzione di fatto e quanto percepito a titolo di CIGS oltre che all'”anticipo tfr” previsto dall’accordo sindacale 21.6.2011 oltre accessori;
1.1. che la statuizione di conferma, per quel che ancora rileva, è stata fondata sulla violazione degli obblighi informativi prescritti al fine della validità della cigs, sulla mancata specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e delle modalità di effettuazione della prevista rotazione;
1.2. che quanto al primo profilo è stato osservato che non risultava versata in atti la comunicazione iniziale di avvio della procedura di cui all’art. 1, comma 7 Legge n. 223/1991 e all’art. 5, Legge n. 164/1975 la quale non poteva ritenersi costituita dal verbale di accordo in data 10.6.2009 presso il Ministero dello Sviluppo Economico ove era stata solo prevista la attivazione delle procedure di cigs necessarie per dare avvio al piano di ristrutturazione /conversione con ricorso alla cigs per 24 mesi per 219 lavoratori, mancando del tutto l’indicazione dei criteri dei lavoratori da sospendere; quanto, alle modalità delle modalità della rotazione è stato osservato che l’unico possibile riferimento rappresentato dall’Ipotesi di accordo in pari data si limitava a puntualizzare solo che la stessa non avrebbe potuto avere durata superiore ai sette mesi per ciascun anno di cigs;
1.3. che l’Accordo intervenuto successivamente non poteva avere efficacia sananate del vizio genetico rappresentato dalla accertata violazione dell’art. 1, comma 7, Legge n. 223 /1991, non essendo dato alle parti collettive di disporre dei diritti dei singoli già entrati nel loro patrimonio;
1.4. che, in ogni caso, l’Accordo in questione era inidoneo ad integrare i requisiti di specificità dei criteri di scelta e le modalità della rotazione in quanto si stabiliva che la sospensione avrebbe riguardato genericamente 291 lavoratori, in assenza di indicazioni sul totale occupato dalla società, sul relativo inquadramento sui motivi che rendevano necessario il ricorso alla procedura ; il mero riferimento al criterio delle esigenze tecnico produttive non rispondeva ai doveri di informativa;
1.5. che le argomentazioni dell’appellante relative alla mancata considerazione della realtà operativa in cui versava la società e di una serie di circostanze imprevedibili che avrebbero reso impossibile la individuazione a priori dei criteri di scelta e di rotazione diversi dal criterio temporale risultavano del tutto irrilevanti, atteso che l’art. 1, comma 7, Legge n. 223 71991, cit. non prevede deroghe in ragione di specifiche situazioni aziendali;
1.6. che a tanto conseguiva il rigetto delle istanze istruttorie ripropose da C. s.r.l. in sede di gravame;
2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso C. s.r.l. sulla base di tre motivi; che la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;
2.1. che C. s.r.l. ha depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis. 1. cod. proc. civ., la seconda delle quali tardiva;
Considerato
1. che con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1 Legge n. 223 /1991 in relazione agli accordi 12.6.2009 – efficacia sanante – nonché insufficiente e contraddittoria motivazione. Si assume, in sintesi, con riferimento al rilievo dell’assenza della comunicazione di apertura che il ricorrente, con la domanda di primo grado, si era doluto esclusivamente che nel verbale di esame congiunto non si fosse pervenuti ad una corretta definizione dei criteri di rotazione, senza dedurre la mancata effettuazione della comunicazione, circostanza peraltro da escludersi in presenza della positiva conclusione della trattativa e dello stesso esame congiunto delle parti sociali;
2. che con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1, Legge n. 223/1991 cit. in relazione all’Accordo 12.6.2009 ed all’Ipotesi di accordo – violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 420 cod. proc. civ.- errata e falsa interpretazione di circostanze documentali e non controverse- insufficiente e contraddittoria motivazione;
2.1. che si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto la inidoneità, comunque, dell’Accordo richiamato ad integrare i requisiti di specificità dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e delle modalità della rotazione, sul rilievo che l’assunto del giudice di appello secondo il quale sarebbe mancata la indicazione del rapporto tra lavoratori posti in cigs e il totale dei lavoratori occupati dalla società C. non teneva conto della circostanza, documentalmente provata, della coincidenza tra i due dati, ulteriormente evidenziandosi che tutti i lavoratori presenti in azienda erano stati ricompresi tra quelli interessati dalla cigs;
3. che con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1 Legge n. 223/1991 cit. in relazione all’Accordo 12.6.2009 ed all’Ipotesi di accordo circa la definizione dei criteri di rotazione – violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 420 cod. proc. civ. – omessa e/o insufficiente e contraddittoria motivazione- difetto di istruttoria rispetto a circostanze decisive;
3.1. che si assume che la sentenza impugnata non aveva considerato con riferimento alle modalità di applicazione della rotazione che il riferimento alle “esigenze tecniche produttive” andava considerato con l’integrazione contenuta nell’Ipotesi di accordo che puntualizzava che la integrazione salariale avrebbe riguardato ciascun lavoratore interessato per un periodo non superiore a sette mesi per ogni anno, con possibilità di deroga solo per ragioni prestabilite; tali parametri integravano le prescrizioni normative al fine della validità della procedura;
3.2. che le ragioni sulla base delle quali le parti erano pervenute in sede di accordo alla definizione in termini modali e temporali dei criteri di rotazione, scaturiti dalla particolare realta operativa nella quale versava la C., sulla quale era stata articolata prova V orale, non erano state correttamente considerate dalla sentenza impugnata;
4. che il primo motivo di ricorso è inammissibile per carente esposizione del fatto processuale in quanto le censure articolate, in violazione del disposto dell’art. 366, comma 1 n. 3 cod. proc. civ. , non sono sorrette dalla esposizione delle allegazioni in fatto e deduzioni in diritto sviluppate dalle parti negli scritti difensivi del giudizio di merito, indispensabili a consentire la verifica ex actis dell’assunto della mancata deduzione in prime cure della non conformità al parametro legale della comunicazione ex art. 1, comma 7 Legge n. 223/1991 cit. (ex plurimis Cass. 28/5/2018 n. 13312); in particolare, per dare contezza delle effettive doglianze in punto di diritto rivolte alla procedura di cigsdal ricorrente, si rivela del tutto insufficiente la riproduzione di alcune espressioni riportate nel ricorso di primo grado in quanto slegate dal complessivo contesto di riferimento non consentono la puntuale individuazione dei profili di illegittimità ascritti alla procedura di cigs ;
4.2. che, pertanto, non risulta contrastata l’affermazione del giudice di appello all’assenza, fra gli atti di causa, della comunicazione iniziale di avvio della procedura e al carattere decisivo di tale mancanza (v. sentenza, pag. 11, ult. capoverso);
5. che il secondo motivo è inammissibile sia per costituire il rilievo della mancanza in atti della comunicazione di apertura della cigs, giusitificazione sufficiente a fondare l’illegittimità della procedura sia per il riscontro, anche in questo caso, del il difetto di autosufficienza nell’esposizione del fatto processuale secondo quanto già evidenziato in relazione al primo motivo;
5.1. che, in particolare, la carente esposizione del fatto processuale non consente di ritenere dimostrato il carattere incontroverso della circostanza – che si assume pacifica- relativa al fatto che la collocazione in cigs aveva riguardato tutti i dipendenti C., i quali erano in numero inferiore a quelli previsti dall’Accordo 12.6-2009;
5.2. che, infatti, secondo quanto precisato da questa Corte, ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (v. tra le altre, Cass. 12/10/2017 n. 24062; Cass. 03/02/2015 n. 1926);
5.3. che quale ulteriore profilo di inammissibilità occorre evidenziare che nell’evocazione dei documenti alla base delle censure articolate non è soddisfatto il requisito della trascrizione o riassunto destinato ad evidenziarne il relativo contenuto, come prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. (Cass. 12/12/2014, n. 26174; Cass. 07/02/2011, n. 2966), rivelandosi a tal fine insufficiente la riproduzione solo di alcuni stralci degli accordi richiamati, compresa la cd. Ipotesi di accordo, inidonei a dare sicura contezza sia del complessivo contenuto degli stessi sia della loro interrelazione nei termini prospettati in ricorso;
6. che il terzo motivo di ricorso è inammissibile per le ragioni sopra evidenziate in punto di violazione dell’art. 366 comma 1, nn. 3 e 6 cod. proc. civ., dovendo ulteriormente osservarsi che la odierna ricorrente non contrasta specificamente l’affermazione della sentenza impugnata secondo la quale era da escludere efficacia sanante degli accordi successivi a quello del 10.6.2009;
7. che all’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento, secondo soccombenza, delle spese di lite;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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