CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25561

Licenziamento intimato oralmente – Impugnazione – Decadenza – Applicabilità art. 8, L. n. 604/1966

Rilevato

Che la Corte d’Appello di Lecce rigettava l’appello proposto dal sig. F.F., confermando la sentenza di primo grado con cui era stata dichiarata l’inefficacia del licenziamento intimato oralmente al Sig. C.P. in data 17/12/2009;

che la Corte territoriale riteneva infondate le censure dell’appellante relative a omessa pronuncia in ordine all’eccezione preliminare di nullità del ricorso introduttivo per indeterminatezza dell’oggetto, in ragione della individuazione nell’atto del petitum (sia formale che sostanziale) e della causa petendi; la Corte rilevava del pari l’infondatezza della censura attinente l’avvenuta decadenza del lavoratore dal potere di proporre impugnazione avverso il licenziamento, ritenendo inapplicabile la previsione di cui all’art. 8 I. 604/1966 alla luce dell’incontestata oralità del licenziamento; che il ricorrente propone ricorso affidato a due motivi;

che S.C.P. resiste con controricorso;

Considerato

Che il ricorrente deduce con il primo motivo omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione.

Omessa decisione in ordine alla eccezione preliminare di nullità della sentenza per omessa decisione sulla eccezione di nullità del ricorso per genericità ed indeterminatezza. Nullità della sentenza di appello. Violazione e falsa applicazione dell’art. 414 cod. proc. civ. Con tale articolato motivo di ricorso, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non si era pronunciata sull’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per omessa motivazione in ordine alla rilevata nullità dell’originario ricorso per indeterminatezza e genericità;

che con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 legge 15/07/66 n. 604 e succ. mod. (art.32 legge 4/11/2010 n. 183; legge 26/02/2011 n.10). Illegittimo rigetto dell’eccezione preliminare di intervenuta decadenza del ricorrente dall’impugnativa di licenziamento e dell’eccezione di omessa impugnativa. Omessa valutazione all’eccezione di omessa impugnativa. Nullità della sentenza. Illogicità e contraddittorietà della sentenza. Con tale secondo motivo di censura il ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia rilevato l’omessa impugnazione del licenziamento nei termini di legge e, in ogni caso, la mancanza di un’impugnazione formalmente valida antecedente alla instaurazione del giudizio finalizzato alla declaratoria di illegittimità del recesso. A tal proposito evidenzia l’inidoneità della raccomandata inviata dal sig. C.P. a costituire valido mezzo d’impugnazione, attesa la sua genericità ed indeterminatezza, caratteri che rendono impossibile desumerne una chiara volontà di impugnare;

che il primo motivo di ricorso risulta infondato in quanto costituisce principio cardine in materia di impugnazione quello in forza del quale la sentenza di appello, anche se confermativa della decisione di primo grado, è destinata a sostituirsi totalmente a quest’ultima (effetto sostitutivo dell’appello). Da esso discende che le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione, con la conseguenza che il giudice di secondo grado investito delle relative censure non deve dichiarare la nullità della sentenza, ma è chiamato a decidere sulle questioni poste a fondamento dei rilievi di nullità (rif. Cass. N. 1323 del 19/01/2018);

che il secondo motivo di ricorso deve ritenersi del pari infondato, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui l’azione per far valere l’inefficacia del licenziamento orale è sottratta all’onere dell’impugnazione stragiudiziale in ragione dell’assenza di un atto scritto da cui l’art. 6 della I. n. 604 del 1966, anche a seguito delle modifiche apportate dall’art. 32 della I. 183 del 2010, possa far decorrere il termine di decadenza per proporre impugnazione (cfr. Cass. 9/11/2015 n.22825). Orientamento questo a cui risulta essersi correttamente attenuta la Corte di merito, che ha fondato la propria decisione sul dato incontestato dell’oralità del licenziamento e sulla conseguente inapplicabilità del termine di cui all’art. 6 della I. n. 604 del 1966 per proporre impugnazione, con la conseguenza che il licenziamento risulta assoggettato al solo termine prescrizionale;

che in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato con regolamentazione delle spese secondo soccombenza;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 3.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.