CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 ottobre 2021, n. 27648
Tributi – Imposta di registro – Compravendita di complesso immobiliare – Valore imponibile – Determinazione – Valutazione estimativa – Valori OMI – Funzione di indirizzo – Perizia di parte – Legittimità
Rilevato che
1. – con sentenza n. 5171/2018, depositata in data 1 giugno 2018, la Commissione tributaria regionale della Campania ha accolto, per quanto di ragione, l’appello proposto da C.I. S.r.l., così integralmente riformando la decisione di prime cure, dietro rideterminazione del valore imponibile di registro della compravendita di un complesso immobiliare registrata in data 3 giugno 2016;
1.1 – per quel che qui ancora rileva, il giudice del gravame ha ritenuto che:
– ai valori di mercato registrati dall’Osservatorio del Mercato immobiliare (OMI) doveva attribuirsi, ai fini della rettifica di valore operata dall’Agenzia, una funzione di ausilio e d’indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, conseguendo dall’impiego di detti valori indicazioni di larga massima tenuto conto che il valore di un immobile può variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico, nonché lo stato delle opere di urbanizzazione;
– alla stregua di una perizia di parte, – che appariva convincente avuto riguardo «al rigore scientifico e al metodo analitico adoperati sullo specifico immobile», – il valore del complesso immobiliare in contestazione doveva essere determinato in € 2.251.605,00, posto che detta relazione peritale era condivisibile relativamente alla riduzione del valore accertato dall’Ufficio (in € 3.338.800,00) in considerazione dei dati riferibili a «fattore edilizio, …epoca di costruzione, …qualità e stato edilizio, … pertinenze comuni ed esclusive …. livello di piano.»;
– diversamente non poteva convenirsi col perito in ordine all’ulteriore riduzione di valore (pari al 5%) operata con riferimento al «cd. fattore posizionale», posto che il complesso immobiliare non poteva risentire di un qualche svantaggio posizionale ricadendo «nel centro del Comune di Casamicciola Terme e nella zona costiera;
2. – l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un solo motivo;
– C.I. S.r.l. resiste con controricorso.
Considerato che
1. – ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione ad un rapporto estimativo che, redatto dall’Agenzia del Territorio, si assume non aver formato oggetto di esame da parte del giudice del gravame; omesso esame, questo, desumibile dai rilievi svolti nella gravata sentenza in ordine alla funzione probatoria dei valori cd. OMI ed ai dati peritali offerti da controparte;
– con un secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia denuncia violazione dell’art. 115, c. 1, cod. proc. civ., sul rilievo che a fondamento della decisione era stata posta (solo) la perizia di controparte, non anche il citato rapporto estimativo dell’Ufficio;
2. – i due motivi, – che si prestano ad un esame congiunto perché afferiscono ad una medesima questione di fondo, e che pur prospettano profili di inammissibilità, – vanno senz’altro disattesi;
3. – in relazione alla riformulazione dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ. (secondo il cui disposto rileva, ora, l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»), qual conseguente alla novella di cui all’art. 54, c. 1, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, la Corte ha statuito che detta disposizione «deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale ” del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciarle in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.»; e si è, in particolare, rilevato che la censura di omesso esame di un fatto decisivo deve concernere un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), così che lo stesso omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde, ex plurimis, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32550; Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881);
3.1 – i due motivi di ricorso, – che omettono del tutto di esplicitare gli specifici referenti fattuali del prospettato vizio di motivazione (art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ.) con riferimento al loro carattere decisivo, – si risolvono, pertanto, in generiche censure che non trovano fondamento in relazione alle denunciate violazioni di legge, posto che il giudice del gravame, come si è detto, ha svolto uno specifico accertamento probatorio senza violare né il riparto degli oneri probatori rilevanti nella fattispecie né la regola di giudizio fondata sulle prove offerte dalle parti (art. 115 cod. proc. civ.; v., ex plurimis, Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass., 28 febbraio 2018, n. 4699; Cass., 11 ottobre 2016, n. 20382; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione; Cass., 10 giugno 2016, n. 11892);
3.2 – a fronte, poi, degli specifici accertamenti svolti dal giudice del gravame, di cui sopra s’è dato conto, inammissibile risulta la censura articolata con riferimento al vizio di motivazione (art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ.), posto che il motivo di ricorso, – nel trascrivere il rapporto estimativo il cui esame si assume pretermesso, – si risolve in una (indistinta) riproposizione di argomenti probatori volti a censurare nel merito i contenuti dimostrativi delle fonti di prova dal giudice del gravame poste a fondamento della decisione, riproposizione che, così, finisce per devolvere alla Corte, – non solo un non consentito riesame dei dati probatori valorizzati dal giudice del merito, ma anche, – la stessa identificazione dei fatti, in tesi decisivi, perché concludenti in una direzione dimostrativa opposta a quella dei dati probatori valorizzati dal giudice del gravame;
4. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti non sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater), trattandosi di ricorso proposto da un’amministrazione dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr., ex plurimis, Cass., 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., 5 novembre 2014, n. 23514; Cass. Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9938; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 5.600,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
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