CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 ottobre 2021, n. 27815
Infortunio sul lavoro – Mancata verifica del rispetto delle misure di sicurezza – Responsabilità datoriale – Omessa prova della effettiva conoscenza o conoscibilità di eventuali pratiche incaute
Rilevato che
1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 2071/2019, in riforma della pronuncia del Tribunale di Milano n. 344/18, ha condannato V.C. e la G. Soc. Cooperativa di Facchinaggio srl, in solido, al pagamento della somma di euro 85.723,02 in relazione all’infortunio patito da A.A., con riguardo al quale l’INAIL aveva sopportato un costo infortunistico di euro 74.019,26 (aggiornato al 23.10.2015) ed era stata contestata alla datrice di lavoro la violazione del precetto di cui all’art. 63 co. 1 in combinato disposto con l’art. 64 co. 1 D.Igs. n. 81/08 con il relativo processo penale conclusosi in appello con la intervenuta prescrizione del reato.
2. A fondamento della decisione la Corte territoriale ha ritenuto che, dalle risultanze probatorie acquisite, era emersa la responsabilità di parte datoriale che aveva omesso di controllare il rispetto delle misure di sicurezza, da parte dei propri dipendenti e nello specifico dell’A., per il comportamento di quest’ultimo che, seppure imprudente nel collocarsi a fianco dei bancali di merce in movimento per tenerli fermi nella operazione di carico nel cassone di un camion, non aveva i caratteri della abnormità.
3. Avverso la decisione di seconde cure ha proposto ricorso per cassazione V.C. affidato a due motivi, cui ha resistito l’INAIL con controricorso.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis cpc.
Considerato che
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cpc, l’omessa, inconsistente e/o tautologica motivazione sull’esame di un fatto decisivo della controversia per la mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, della circostanza che le misure di sicurezza fossero state tutte regolarmente adottate e che non vi fosse stata una prassi consolidata sulla violazione delle misure stesse e, inoltre, per la omessa prova della effettiva conoscenza o conoscibilità del datore di lavoro di eventuali pratiche incaute.
3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, la violazione, erronea e/o falsa interpretazione ed applicazione delle norme di diritto (art. 2087 cc), secondo cui vi è esonero di responsabilità a fronte della prova dell’adozione di tutte le misure di sicurezza previste per legge e che l’obbligo datoriale di vigilare sull’osservanza delle misure prevenzionistiche adottate può essere assolto attraverso la predisposizione di soggetti a ciò deputati.
4. Il primo motivo è inammissibile.
5. Il vizio di motivazione può essere, infatti, censurato in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cpc, in relazione all’art. 132 co. 2 n. 4 cpc, solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente ovvero manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, queste non ravvisabili nel caso in esame.
6. Inoltre, l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 27415/2018; Cass. n. 8053/2014), per cui anche sotto questo profilo le doglianze, come articolate, non rientrano nel perimetro del vizio denunciato.
7. Il secondo motivo è inammissibile, sia perché viene chiesta una nuova rivisitazione del merito della vicenda, non consentita in sede di legittimità, sia perché difetta di specificità e pertinenza, rispetto alla ratio decidendi della gravata sentenza, relativamente alla mancata allegazione della esistenza di una valida delega delle funzioni in materia di prevenzione antinfortunistica dalla datrice di lavoro ad altri soggetti a ciò deputati.
8. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
9. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
10. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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