CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 ottobre 2022, n. 29774
Lavoro – Marittimo – Contratto di arruolamento a tempo indeterminato – Mancata scrizione al turno particolare – Risoluzione di diritto ex art. 343 n. 5 cod. nav. – Illegittimità
Rilevato che
1. La Corte di appello di Napoli in accoglimento del reclamo proposto da M.F. ed in riforma dell’ordinanza del Tribunale di Napoli ha accertato che – incontroversa la sussistenza con la C. s.p.a. di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituito a seguito di sentenza passata in giudicato – il lavoratore, sbarcato per malattia il 3.2.2016 e successivamente riconvocato per ulteriori imbarchi il 26.4 ed il 1.6.2016, il 14.7.2016, dopo un rimprovero scritto fu cancellato/non iscritto nel turno particolare. Ha ritenuto che tale provvedimento, anche per il riferimento all’art. 343 n. 10 del Codice della navigazione, fosse un licenziamento conseguente al non aver assunto il proprio posto a bordo nel termine stabilito prima della partenza della nave dal porto di arruolamento o di approdo.
Pertanto, esclusa l’applicabilità l’art. 18 del c.c.n.I del 1.7.2015 richiamato dalla C. ma piuttosto gli artt. 83 e 84 del c.c.n.l. – che regolano l’avvicendamento stante la natura dello specifico rapporto sorto, non per convenzione, ma in base ad un titolo giudiziale che ha accertato l’illegittimità dei termini apposti ad una serie di contratti ed ha disposto la conversione in un contratto a tempo indeterminato – ha sottolineato che i mancati imbarchi erano stati determinati dall’illegittima condotta datoriale che aveva preteso di subordinarli di volta in volta all’iscrizione del lavoratore nel turno particolare. Ha ritenuto che l’atipicità del rapporto costituito con il F. era ben nota al datore di lavoro che ne aveva dato atto con i sindacati all’atto della disdetta del contratto collettivo del 2007 e della stipula di quello del 2015 e di accordi di secondo livello. Ha poi ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 18 comma 4 della legge n. 300 del 1970 modificata dalla legge n. 92 del 2012 restando esclusa tuttavia l’esistenza di un motivo illecito determinante.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la C. s.p.a. affidato a due motivi ai quali resiste con tempestivo controricorso.
Considerato che
3. Con il primo motivo di ricorso si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 84 del CCNL di categoria, assumendosi l’erronea interpretazione da parte del giudice di secondo grado delle disposizioni contrattuali in tema di “avvicendamento” del personale marittimo.
4. Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1460,2086 e 2104 cod.civ. in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.. Sostiene la ricorrente che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che fosse giustificato il diniego della prestazione da parte del lavoratore che, invece, potrebbe giustificarsi solo a fronte di un integrale inadempimento datoriale nella specie insussistente. Deduce che nella specie, al contrario, sarebbe ravvisabile proprio quella grave insubordinazione che giustifica il recesso come risulta dai documentati reiterati rifiuti della prestazione ed in particolare di iscrizione nel turno particolare e rifiuto imbarchi con contratto a tempo indeterminato.
5. Le censure, da esaminare congiuntamente, non possono essere accolte.
5.1. Va evidenziato che il contratto considerato, conformemente alla decisione resa dal Tribunale di Napoli e passata in giudicato, si configura come un contratto di arruolamento a tempo indeterminato: in virtù della struttura del medesimo, il lavoratore, anche quando non in regime contrattuale di continuità retribuita di lavoro (CRL) non addiviene ad una sequela non continua di imbarchi con distinti contratti di arruolamento (cfr., sul punto, Cass. n. 20412 del 2019; Cass. n. 7823 del 2001) rimanendo, invece, il rapporto unico ed indistinto.
5.2. questa Corte ha sicuramente affermato, in termini generali (cfr., Cass. n. 24672 del 2016, Cass. n. 21230 del 2015) che in tema di rapporto di lavoro nautico, il regime di continuità del rapporto di lavoro (CRL), che garantisce la protrazione a tempo indeterminato del contratto di arruolamento e la permanenza del rapporto anche nei periodi di inoperosità tra ciascuno sbarco e l’imbarco successivo, non è generalizzato, essendo riscontrabile solo nelle ipotesi previste dalla contrattazione collettiva, sicché, in assenza di essa, l’attività del lavoratore marittimo, seppure alle dipendenze dello stesso imprenditore, è costituita solamente da una sequenza non continua di imbarchi con distinti contratti di arruolamento, secondo il regime generale previsto dall’art. 325 cod. nav..
5.3. Nondimeno, è stato sottolineato in sede di legittimità (cfr., sul punto, Cass. n. 24672 del 2016) come la configurazione del rapporto quale a tempo indeterminato non può comportare esclusivamente che non sia predeterminato il momento della sua risoluzione si è, altresì, evidenziato che lo sbarco del lavoratore non necessariamente coincide con la risoluzione del rapporto, in quanto il contratto di arruolamento a tempo indeterminato può essere caratterizzato da sbarchi e successivi nuovi reimbarchi, con sospensione, negli intervalli, della prestazione lavorativa (V. Cass. n. 3869 del 2001).
5.4. Del tutto distinta la fattispecie dell’iscrizione al turno particolare in relazione al quale va affermato, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (Cass. n. 7823 del 2001), che la disciplina collettiva dell’istituto (artt. 68, 69 70 del CCNL), analogamente a quanto previsto dal il D.M. 13 ottobre 1992 n. 584 – che disciplina il collocamento sul piano meramente regolamentare e che esonera dall’obbligo del collocamento i marittimi in regime di CRL senza esplicitare alcuna distinzione tra arruolamento e mero nuovo imbarco relativamente ai marittimi iscritti nei turni particolari che si tratta di istituto caratterizzato dall’esclusivo scopo di facilitare le operazioni di reclutamento del personale nonché dalla finalità di assicurare marittimo disoccupato una priorità nell’imbarco delle navi dell’armatore al cui turno sia iscritto. L’iscrizione al turno consente, inoltre, all’armatore medesimo di avere una propria riserva di personale: si tratta, pertanto, esclusivamente di una forma di avviamento al lavoro che non conferisce alcun diritto soggettivo alla stipula del contratto di imbarco. Ne consegue che le relative previsioni contrattuali non possono giustificare una valida deroga alla disciplina legale in materia di durata dei rapporti di lavoro e di limiti alla risoluzione dei medesimi ad iniziativa del datore di lavoro (in questi termini, la già richiamata Cass. n. 24672 del 2016). L’istituto incide esclusivamente sulla disciplina del collocamento – ricollocamento del lavoratore sul naviglio dell’armatore titolare del rupi° e non sulla qualificazione del rapporto ovvero sulla sua cessazione (cfr., sul punto, Cass. n. 9468 del 2016).
5.5. Tanto precisato, deve, quindi, escludersi che la nozione di contratto a tempo indeterminato sia diversa da quella propria dei rapporti di lavoro comune e, del pari, che nell’ambito della disciplina contenuta nel codice della navigazione, la qualificazione di un rapporto come a tempo indeterminato significhi semplicemente che non vi è predeterminazione del momento della sua risoluzione e che la sua durata coincida con quella della convenzione di imbarco, e che, in conseguenza, il rapporto di lavoro si risolva all’atto dello sbarco del marittimo. D’altra parte, le cause di risoluzione del rapporto di lavoro previste dall’art. 343 cod. nav. Non sono compatibili con i regimi di stabilità e di controllo giudiziale della adeguatezza delle causali di risoluzione, introdotti dalle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970, applicabili anche al personale marittimo navigante delle imprese di navigazione, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 96 del 1987, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale degli artt. 10 della legge 604/66 e 35 terzo comma legge 300/70, nella parte in cui escludono l’applicabilità a detto personale dell’intera legge n. 604 e dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori (sul punto, Cass. n. 10583 del 2005, Cass. n. 3458 del 2005, Cass. n. 14657 del 2004).
5.6. A tanto consegue che è regime non più applicabile, in particolare e per quanto riguarda più da vicino la fattispecie in esame, la risoluzione di diritto del contratto di arruolamento, prevista dall’art. 343 n. 5 cod. nav., dell’arruolato che, per malattia o per lesioni, deve essere sbarcato o non può riassumere il suo posto a bordo alla partenza della nave da un porto di approdo. Tale previsione attribuisce, infatti, efficacia risolutiva automatica ad un’ipotesi di impossibilità della prestazione lavorativa, in contrasto con i principi della legge n. 604 del 1966.
5.7. La tesi di parte ricorrente è stata ritenuta, inoltre, in contrasto con la disciplina degli artt. 326 e 332 comma 2 cod. nav., che qualificano come un unitario rapporto a tempo indeterminato la prestazione di servizio della durata complessiva di oltre un anno, ovvero avvenuta sulla base di successivi contratti a viaggio o a termine, anche nel caso in cui sussistano intervalli di tempo non superiori a 60 giorni tra un contratto e l’altro, ovvero quando non risulta stipulato (come nel caso in esame) alcun contratto a tempo determinato (cfr., sul punto, Cass. n. 9468 del 2016).
5.8. Non è, quindi, condivisibile l’assunto della ricorrente, secondo cui, fuori del caso di CRL, l’attività del lavoratore marittimo, seppure alle dipendenze dello stesso imprenditore, è costituita solamente da una sequenza non continua di imbarchi con distinti contratti di arruolamento.
L’istituto della cosiddetta continuità del rapporto di lavoro (CRL) – di derivazione contrattuale – per quanto è dato desumere dalle allegazioni contenute nel ricorso, al quale non risulta allegato l’intero testo del CCNL e dell’allegato Regolamento, mira, infatti, semplicemente ad attribuire una tutela più elevata del lavoratore sul piano retributivo (Cass. n. 22649 del 2009).
6. Alla luce delle su esposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, con attribuzione al difensore, dichiaratosi antistatario. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 5.000,00 per compensi professionale, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi in favore dell’avvocato R.D. che se ne è dichiarato antistatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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