CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 settembre 2019, n. 22746
Tributi – Dazi – Avvisi di rettifica emanati in esito a revisioni di accertamenti doganali – Contraddittorio endoprocedimentale – Applicabilità art. 12, co. 7, L. n. 212 del 2000 – Esclusione – Art. 11 del D.Lgs. n. 374 del 1990
Ritenuto in fatto
1. A seguito di notifica di avvisi di rettifica dell’accertamento, emessi nel 2007 dall’Agenzia delle Dogane di La Spezia, con i quali era stato ingiunto il pagamento dei maggiori diritti doganali per recupero a posteriori di differenze di dazi dovuti in relazione alla mancata produzione della prevista cauzione e/o presentazione di fatture di vendita della merce importata (carciofi freschi), la società C.L.S. Srl (centro di assistenza doganale) presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale di La Spezia eccependo – il mancato rispetto dei termini di cui all’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000; – il difetto di motivazione dell’accertamento; – l’inesistenza dell’obbligazione. La Commissione adita, con sentenza nr. 134/04/10, accoglieva il ricorso nel merito.
2. Su ricorso proposto dall’Agenzia delle dogane, la Commissione tributaria regionale della Liguria, con sentenza nr. 238/2014, depositata in data 25/2/2014, “pur condividendo quanto affermato nella sentenza n. 134/4/10 della commissione tributaria provinciale di La Spezia sezione n. 4 circa la non censurabilità nella sostanza del comportamento del contribuente”, rigettava l’appello ritenendo, in via preliminare ed assorbente la illegittimità degli atti impositivi per il mancato rispetto dei termini di cui all’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000.
3. Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane con quattro motivi ed ha resistito la società C.L.S. Srl con controricorso, illustrato da memoria del 11/1/2019.
Considerato in diritto
1. Col primo motivo, proposto ex art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., l’Agenzia delle dogane deduce la violazione del Reg. CE 450/2008, dell’art. 12 c. 7 L. n. 212/2000, dell’art. 11 d. Igs. n. 374/1990 e dei principi eurounitari in materia di contraddittorio preventivo. La CTR, osserva, non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi ripetutamente espressi dalla Corte di legittimità e dalla Corte di giustizia in tema di contraddittorio endoprocedimentale in materia doganale avendo applicato: a) il regolamento 450/2008 ed i principi stabiliti dalla corte di giustizia CE con la sentenza C-349/07 del 18 dicembre 2008 ad atti impositivi emanati nel 2007; b) lo Statuto del contribuente a un’ipotesi diversa da quelle in esso contemplate. Secondo l’agenzia ricorrente, il caso controverso trovava la sua disciplina nell’articolo 11 del decreto legislativo n. 374/90.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta inoltre la violazione dell’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 in relazione all’articolo 66, comma 3, d.p.r. 43/73 richiamato dall’articolo 11 del d. Igs. n. 374/90, ribadendo la medesima censura sopra esposta sotto il profilo della inapplicabilità alla fattispecie dello Statuto del contribuente.
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’articolo 360, comma 1°, n. 4 c.p.c. in relazione alla apodittica affermazione contenuta nella sentenza impugnata di condivisione nel merito della sentenza di primo grado, senza prendere in esame le specifiche censure proposte dall’Agenzia appellante.
Con il quarto motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 5 del Reg. CE n. 3223/1994: riprendendo e sviluppando il contenuto del motivo precedente si contesta che la CTR, condividendo la sentenza di primo grado, abbia ritenuto che la produzione in giudizio dei documenti attestanti la sussistenza dei requisiti per fruire del trattamento daziario agevolato abbia avuto l’effetto di sanare il pregresso inadempimento, atteso che l’articolo 5 del regolamento citato prevedeva che l’inosservanza dei termini previsti comportava la riscossione dei dazi dovuti e l’incameramento della cauzione.
2. I primi tre motivi di ricorso sono fondati; il quarto è assorbito. Pacifico tra le parti è che la pretesa impositiva dell’Agenzia sia derivata da una revisione di avvisi di accertamento di dichiarazioni doganali notificati nel 2007. Non è quindi applicabile ratione temporis il reg. 450/2008, entrato in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (avvenuto il 4/6/2008), atteso che l’art. 188, paragrafo 2, ne procrastina l’entrata in vigore “non prima del 24/6/2009)”.
3. – Relativamente ai primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, questa Corte (tra le ultime, ord. n. 23669/2018) è ferma nel ritenere che, in tema di avvisi di rettifica emanati in esito a revisioni di accertamenti doganali, è inapplicabile l’art. 12, 7 comma, L. 20 luglio 2000 n. 212, perché in tale ambito opera il ius speciale regolato dall’art. 11 del d.lgs. 8 novembre 1990 n. 374, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto alla impugnazione in giudizio del suddetto avviso. E ciò in quanto:
a) i commi 50, 7 e 8 dell’art. 11 del d.lgs. n. 374/90, nel testo vigente ratione temporis, che è anteriore rispetto alla novella che l’ha integrato nel 2012, prevedevano che, quando dalla revisione, eseguita sia d’ufficio, sia su istanza di parte, fossero emerse inesattezze, omissioni, o errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento, «l’ufficio procede alla relativa rettifica e ne dà comunicazione all’operatore interessato, notificando apposito avviso» di rettifica motivato;
b) entro trenta giorni dalla data della notifica dell’avviso, l’operatore può contestare la rettifica e in tal caso è redatto apposito verbale dall’Ufficio doganale «ai fini della eventuale instaurazione dei procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie previsti dall’articolo 66 ss. del TU delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43»;
c) il procedimento amministrativo in questione era preordinato a garantire un contraddittorio pieno, in un momento anticipato rispetto all’impugnazione in sede giurisdizionale dell’atto, nel corso del quale il contribuente era posto in grado di esporre tutte le ragioni difensive ed allegare nuovi fatti, indicando le prove al fine di sollecitare l’attivazione dei poteri di autotutela dell’Amministrazione doganale e quindi l’annullamento o la revoca dell’avviso di rettifica.
3.1.- In particolare, da ultimo nella ordinanza n. 23669 del 2018, questa Corte ha precisato come la Corte di giustizia, con sentenza 20 dicembre 2017, causa C-276/16, Preqù Italia, abbia promosso la normativa italiana, nella versione, antecedente alla novella del 2012, che è quella applicabile anche nel caso in questione nell’odierno giudizio e che, si è visto, non scandiva direttamente la fase procedimentale, lasciando all’iniziativa del contribuente la contestazione della rettifica idonea a instaurare l’interlocuzione con l’Amministrazione. La Corte ha difatti stabilito che «Il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi deve essere interpretato nel senso che i diritti della difesa del destinatario di un avviso di rettifica dell’accertamento, adottato dall’autorità doganale in mancanza di una previa audizione dell’interessato, non sono violati se la normativa nazionale che consente all’interessato di contestare tale atto nell’ambito di un ricorso amministrativo si limita a prevedere la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione di tale atto fino alla sua eventuale riforma rinviando all’articolo 244 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000, senza che la proposizione di un ricorso amministrativo sospenda automaticamente l’esecuzione dell’atto impugnato, dal momento che l’applicazione dell’articolo 244, secondo comma, di detto regolamento da parte dell’autorità doganale non limita la concessione della sospensione dell’esecuzione qualora vi siano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata con la normativa doganale o vi sia da temere un danno irreparabile per l’interessato».
4. – Con riguardo a un avviso di rettifica adottato dall’autorità doganale, la Corte europea ha sottolineato che il principio generale del diritto dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa non si configura come una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni, purché esse rispondano a obiettivi di interesse generale e siano rispetto a questi proporzionate. E, nel caso in esame, la Corte ha ravvisato l’interesse generale prevalente in quello dell’Unione a recuperare tempestivamente le proprie entrate, che richiede rapidità ed efficacia dell’attività di controllo. Ed è sempre tale interesse generale, ha soggiunto, a giustificare la mancanza di automatismo della sospensione dell’esecuzione dell’avviso qualora esso sia impugnato.
5. – D’altronde, l’art. 245 del codice doganale comunitario (reg. n. 2913/92, applicabile ratione temporis) rinvia per questi aspetti al diritto nazionale, là dove stabilisce «le norme di attuazione della procedura di ricorso sono adottate dagli Stati membri», nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (in termini, da ultimo, Cass., ord. 23 maggio 2018, n. 12832, in adesione alla giurisprudenza unionale sul punto).
6. – A ogni modo, con riguardo alla versione dell’art. 11 del d.lgs. n. 374/90 anteriore alla novella, che «…non impone all’amministrazione che procede ai controlli doganali l’obbligo di ascoltare i destinatari degli avvisi di rettifica dell’accertamento prima di procedere alla revisione degli accertamenti ed alla loro eventuale rettifica» (punto 48), a chiusura la Corte ha ribadito che, in virtù del principio di strumentalità delle forme, la violazione del diritto di essere ascoltati determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.
7. – Di contro, nel caso in esame, non emerge violazione alcuna nel corso della fase endoprocedimentale.
8. – Fondato è anche il terzo motivo: l’affermazione riportata in sentenza “circa la non censurabilità nella sostanza del comportamento del contribuente” è meramente assertiva e omette ogni confronto con il motivo di appello dell’Agenzia, pure riportato nella sentenza, fondato sulla perentorietà degli adempimenti prescritti dall’art. 5 Reg CEE n. 3223/94.
9. – Le ulteriori deduzioni contenute nella memoria difensiva della società C.L.S. non possono essere accolte. In primo luogo, il richiamo ad una “prassi” dell’Agenzia delle dogane di escludere i Cad dalla possibilità di operare (nella procedura domiciliata) mediante la rappresentanza diretta, integra un fatto nuovo, in precedenza non evidenziato, che postula un accertamento di fatto che non può essere compiuto in questa sede, per di più rispetto a importazioni già compiute seguendo la prassi contestata. Peraltro, come questa Suprema corte ha già statuito (Cass. n. 10047/2000; n. 14312/2003), con motivazione condivisa dal collegio, “i regolamenti C.E.E. nn. 3632/85, 2144/87 e 1031/88 – le cui disposizioni sono state poi trasfuse nel regolamento n. 2913/92, istitutivo del cd. “codice doganale (I comunitario” – hanno disposto in materia di rappresentanza in dogana stabilendo, tra l’altro, che la persona tenuta all’adempimento dell’obbligazione doganale è quella nel cui nome è stata effettuata la dichiarazione ovvero è stato compiuto qualsiasi altro atto avente analoghi effetti giuridici (articolo 2.1, Reg. n. 1031/88, entrato in vigore il 1.1.1989, quindi in epoca anteriore alle operazioni doganali in questione, avvenute nel 1992: cfr. pag. 22 della sentenza d’appello)”. Nel caso in esame, CAD ha fatto la dichiarazione e ha presentato i beni in dogana.
10. – La sentenza va quindi cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione per l’esame delle questioni rimaste assorbite, delle quali danno conto sia la sentenza, sia le parti. Lo stesso giudice procederà anche all’esame della doglianza contenuta nella memoria difensiva relativa alla violazione dell’art. 181-bis DAC, ove accerti che detta doglianza sia stata ritualmente introdotta nel giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione ai primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Liguria per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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