CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 aprile 2018, n. 9227
Verbale di accertamento Inail – Provvedimenti di variazione del rapporto assicurativo – Ricalcolo dei premi – Classificazione Inps diversa da quella – Retrodatazione della rettifica nei limiti della prescrizione quinquennale a partire dalla data del primo accesso ispettivo – Erroneo inquadramento non dipeso dal datore di lavoro – Illegittimità – Irretroattività della variazione d’ufficio – Decorrenza dalla data di adozione del provvedimento
Rilevato
che la società A. Servizi Industriali s.p.a. adì il giudice del lavoro del Tribunale di Alessandria esponendo che a seguito di verifica ispettiva iniziata il 30.11.2011 e conclusasi con verbale di accertamento del 17.2.2012 l’Inail aveva emesso due provvedimenti di variazione del rapporto assicurativo 2012, con conseguente ricalcolo dei premi dovuti a decorrere dall’1.12.2006 per un preteso debito della società di euro 105.579,43;
che la società chiese affermarsi l’illegittimità della 1 riclassificazione operata dall’Inail con effetto retroattivo e dichiararsi l’insussistenza del debito accertato dall’Inail;
che respinta la domanda e proposta impugnazione dalla A. Servizi Industriali s.p.a., la Corte d’appello di Torino (sentenza dell’8.7.2014) rigettò il gravame;
che in sintesi la Corte territoriale rilevò che l’Inail, verificato d’ufficio che la classificazione Inps era diversa dalla propria e trattandosi di impresa soggetta alla classificazione aziendale spettante all’istituto di previdenza, aveva legittimamente adottato i conseguenti provvedimenti di rettifica e, quindi, retrodatato la rettifica stessa all’1.12.2006, cioè nei limiti della prescrizione quinquennale a partire dalla data del primo accesso ispettivo del 30.11.2011; che trattandosi di erroneo inquadramento non dipeso dal datore di lavoro, che aveva correttamente denunciato all’Inail l’esatta attività svolta, non era stata applicata alcuna sanzione civile;
che per la cassazione della sentenza ricorre la società A. Servizi Industriali s.p.a. con un solo motivo;
che resiste con controricorso l’Inail;
Considerato
che con un solo motivo la società ricorrente A. Servizi Industriali s.p.a. lamenta la violazione dell’art. 14 del D.M. 12/12/2000 (Rettifica d’ufficio dell’inquadramento nelle gestioni tariffarie) in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., assumendo che l’interpretazione datane dalla Corte di merito si pone in contrasto col dato letterale e con la “ratio” di tale disposizione normativa; che, secondo la ricorrente, il tenore testuale dei primi due commi dell’art. 14 del citato D.M. non consente in alcun modo di affermare che la fattispecie da essi regolata disciplini “gli inquadramenti” erroneamente “effettuati direttamente dall’Inail in via residuale” e non, in via generale, ogni ipotesi in cui lo stesso abbia accertato un errato inquadramento e, quindi, anche i casi nei quali l’errore è dipeso dal mancato adeguamento dell’inquadramento Inail a quello Inps;
che l’errata interpretazione concerne, in base al presente assunto difensivo, anche il terzo comma dello stesso art. 14 del citato D.M., posto che con tale disposizione si è voluto procedere alla configurazione di una sola fattispecie, vale a dire quella dell’adeguamento della classificazione Inail all’inquadramento risultante da una rettifica operata dall’Inps, ai sensi dell’art. 3, comma 8, della legge n. 335 del 1995, dell’originario inquadramento disposto dallo stesso Istituto ai sensi dell’art. 49 della legge n. 88 del 1989; che in ultima analisi, secondo la tesi della società, la “ratio” della disposizione in esame è quella di consentire la correzione di un errore imputabile esclusivamente allo stesso Inail, che abbia omesso di adeguarsi all’inquadramento Inps, sicché le conseguenze di un tale errore non possono essere fatte ricadere sul datore di lavoro; che il ricorso è fondato;
che questa Corte (Cass. Sez. Lav. n. 19785 del 9.8.2017) ha avuto di recente modo di affermare che “in applicazione del principio generale di irretroattività della legge, dettato dall’art. 11 disp. prel. c.c., il provvedimento di esatta classificazione di un’impresa in base al d.m. 18 giugno 1988 a fini contributivi, e di rettifica della relativa tassazione errata, ha effetto dalla data in cui doveva essere applicata l’esatta classificazione e tassazione, sia che tale rettifica sia operata d’ufficio dall’Inail sia che l’esatta classificazione sia individuata dal giudice”;
che, in effetti, con riferimento all’ipotesi contemplata dal terzo comma dell’art. 14 del D.M. 12.12.2000 (Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle gestioni: industria, artigianato, terziario, altre attività, e relative modalità di applicazione) va tenuto conto del principio di irretroattività enucleabile sia dagli artt. 14 e 16 dello stesso DM 12.12.2000 – che prevedono espressamente quali sono i casi di deroga a tale principio -, sia dalla fonte primaria legislativa di cui all’art. 3, comma 8, della legge n. 335/95;
che allorquando il terzo comma del citato art. 14 fa riferimento alla diversa classificazione aziendale adottata ai sensi dell’art. 49 della legge n. 88/1989 e dell’art. 3, comma 8, della legge n. 335/95, vale a dire quella di competenza dell’Inps, precisa anche che essa ha effetto dalla data di decorrenza del “provvedimento adottato” ai sensi delle citate disposizioni, laddove l’adozione del provvedimento che nel nostro caso rileva ai sensi delle citate disposizioni è quella eseguita da ultimo dall’Inail;
che nella fattispecie solo nel corso del 2011, nell’ambito di un accertamento ispettivo, l’Inail, verificato d’ufficio che la classificazione Inps era diversa dalla propria, aveva adottato i conseguenti provvedimenti e retrodatato la rettifica all’1.12.2006, cioè nei limiti della prescrizione quinquennale a partire a ritroso dalla data del primo accesso ispettivo del 30.11.2011;
che a stretto rigore è solo dall’adozione del provvedimento che ha inciso da ultimo sulla classificazione che si possono far decorrere, in ossequio al principio della irretroattività, gli effetti della variazione d’ufficio sulla quale si basa la rivendicazione delle differenze economiche connesse al nuovo premio individuato dall’Inail (in tal senso v. anche Cass. Sez. Lav. n. 19979 del 10.8.2017);
che, infatti, è il riferimento al fondamentale principio generale di irretroattività della legge, dettato dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, in assenza di diverse ipotesi di deroga normativamente previste, a condurre verso la logica conclusione che il provvedimento di esatta classificazione di un’impresa in base al d.m. 12.12.2000, a fini contributivi e di rettifica della relativa tassazione errata, ha effetto dalla nuova comunicazione; che, d’altronde, in coerenza con il principio di civiltà giuridica introdotto dall’art. 3, comma 8, legge 8.8.1995, n. 335 (secondo cui i provvedimenti adottati d’ufficio di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con esclusione dei casi in cui l’inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro), gli artt. 16 (per la rettifica d’ufficio) e 17 (per quella su istanza) del d.m. 12.12.2000 dispongono che i provvedimenti di variazione hanno effetto dal primo giorno del mese successivo a quello della comunicazione, salvo che il datore di lavoro abbia dato causa all’errata classificazione; che soccorre, altresì, il dato testuale inequivocabile delle disposizioni di cui agli artt. 14 (Rettifica d’ufficio dell’inquadramento nelle gestioni tariffarie) e 16 (Rettifica d’ufficio della classificazione delle lavorazioni) del citato D.M. 12.12.2000;
che, invero, in entrambe le disposizioni, ai secondo comma, è previsto che il provvedimento comunicato al datore di lavoro con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello della comunicazione, salvi i seguenti casi nei quali esso decorre dalla data in cui l’esatto inquadramento (nell’ipotesi dell’art. 14) e l’esatta classificazione delle lavorazioni e la relativa tassazione (nell’ipotesi di cui all’art. 16) dovevano essere applicati: (a) erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto; (b) erroneo inquadramento ed erronea classificazione delle lavorazioni non addebitabili al datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto; che analoga disposizione è prevista dalle norme di cui agli artt. 15 e 17 dello stesso D.M. 12.12.2000, rispettivamente per l’ipotesi di rettifica dell’inquadramento e di rettifica della classificazione delle lavorazioni nelle gestioni tariffarie su domanda del datore di lavoro, ove è stabilito che in caso di accoglimento dell’istanza, il relativo provvedimento ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale è stata inoltrata l’istanza, salvi i casi di (a) erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto e (b) di erronea classificazione delle lavorazioni non addebitabile al datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto;
che, in definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e con rinvio della causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Torino che in diversa composizione, nel riconsiderare il merito riflettente l’esatta determinazione dei premi assicurativi, si atterrà ai suddetti principi;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.
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