CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 aprile 2022, n. 12039
Contratto di appalto – Servizi di assistenza e pulizia presso asili nido – Soci lavoratori – Omessi contributi – Benefici contributivi ex legge n. 381/1991 – Applicabilità – Regime contributivo d.P.R. n. 602/1970 – Esclusione
Rilevato che
Con sentenza del 30 agosto 2016, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Pavia del 29 aprile 2014, e in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’INPS e da SCCI s.p.a. contro la Cooperativa Sociale Q. s.r.I., titolare del contratto di appalto per i servizi di assistenza e pulizia presso gli asili nido del Comune di Pavia, ha dichiarato dovute dall’appellata, con l’esclusione di talune posizioni lavorative, le somme pretese dall’ente previdenziale a titolo di contributi maturati successivamente al 28 settembre 2004 e indebitamente omessi, relativi ai soci lavoratori, negli importi già calcolati dall’ente medesimo, con conseguenti somme aggiuntive e sanzioni civili.
Diversamente dal giudice di prime cure, la Corte di appello ha ritenuto che l’attività effettivamente e concretamente svolta dai soci lavoratori della cooperativa appellata (consistente, in base a quanto emerso dagli accertamenti ispettivi e dalle prove testimoniali, nella pulizia dei locali, nell’apertura degli edifici scolastici e nel controllo sull’accesso ad essi, nell’attivazione dell’allarme e nell’espletamento dei servizi di centralino, portineria, fotocopie, smistamento telefonate, raccolta e verifica buoni mensa, distribuzione delle merende, nonché delle attività di pre e post scuola, di assistenza agli alunni e di ausilio a quelli diversamente abili nella fruizione dei servizi scolastici), da un lato non rientrava tra i «meri servizi di pulizia» (destinatari della disciplina di cui al d.P.R. n. 602 del 1970), dall’altro lato neppure poteva essere inquadrata come attività «socio-sanitaria» o «educativa», ai fini dell’applicabilità dei benefici contributivi di cui alla legge n. 381 del 1991.
Avverso la sentenza della Corte milanese la Cooperativa Sociale Q. S.C. – Onlus ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi. Ha risposto con controricorso l’INPS, in proprio e quale procuratore speciale della SCCI s.p.a..
Considerato che
1. Il primo motivo (nullità della sentenza ai sensi dell’art.360 n. 4 c.p.c. per violazione dell’art.112 c.p.c.) censura l’omessa pronuncia da parte della Corte di appello sull’eccezione di giudicato del capo di sentenza di primo grado relativo alla natura delle prestazioni rese dagli addetti della cooperativa.
La ricorrente, movendo dalla considerazione che, nel riconoscere la natura socio-assistenziale delle funzioni svolte dai suoi soci lavoratori, il tribunale aveva argomentato dalla corrispondenza tra tali mansioni e quelle rese dai collaboratori scolastici, come descritte nel CCNL del 24 luglio 2003, sostiene che tale argomentazione avrebbe costituito un’autonoma ratio decidendi della sentenza di primo grado e deduce che su tale ratio decidendi sarebbe sceso il giudicato, non avendo essa formato oggetto di specifica impugnazione nell’atto di appello proposto dall’INPS.
Il giudicato, a sua volta, era stato da essa espressamente eccepito nella memoria difensiva depositata in grado di appello ma su tale eccezione nessuna pronuncia era stata emessa dalla Corte territoriale.
2. Il secondo motivo (violazione degli artt. 1, 2 e 4 della legge n. 381 del 1991 e del CCNL relativo al personale del comparto Scuola del 24 luglio 2003, con particolare riguardo al profilo corrispondente all’Area A del personale ATA) critica l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel ritenere che non potessero essere qualificate come attività di gestione di servizi educativi le prestazioni di assistenza degli alunni, quelle di ausilio dei bambini diversamente abili nella fruizione dei servizi scolastici, quelle di distribuzione delle merende e quelle di espletamento del servizio di pre e post scuola.
3. Il terzo motivo (omesso esame di fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art.360 n. 5 c.p.c.) deduce l’erroneo rilievo attribuito dalla Corte di merito al carattere asseritamente marginale dello svolgimento dei servizi sopra ricordati, senza considerare che, ai fini dell’applicabilità della disciplina della legge n. 381 del 1991, avrebbe dovuto attribuirsi importanza unicamente all’effettivo svolgimento di tale attività, a prescindere dalla eventuale brevità della sua durata temporale.
4. Il quarto motivo (violazione degli artt. 116 c.p.c., 2697 e 2727 c.c.) critica la sentenza impugnata per aver ritenuto di breve durata temporale l’espletamento delle surrichiamate prestazioni, tutte riconducibili a servizi educativi, da parte dei soci lavoratori della cooperativa, senza tenere nel debito conto le dichiarazioni di quei testimoni che avevano invece descritto come “assiduo” o comunque come non temporalmente limitato, lo svolgimento di tali attività.
5. Il quinto motivo (violazione degli artt. 1, 4, 5 e 8 del d.P.R. n. 602 del 1970 e del profilo di lavoratori individuati al n.4 dell’Allegato A al decreto medesimo) censura l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel ritenere non applicabile il regime di cui al citato d.P.R. n.602 del 1970, secondo il quale la contribuzione agevolata spettava ai “pulitori” e agli addetti ai servizi di “pulizia”, ai “servizi di guardia a terra”, di “custodia” e di “controllo accessi e simili”, sebbene tali mansioni non solo costituissero lo specifico oggetto dell’appalto stipulato dalla Q. con il Comune di Pavia, ma erano state accertate come quelle effettivamente espletate da parte dei suoi addetti a seguito della visita ispettiva.
6. Il sesto motivo (omesso esame di fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art.360 n. 5 c.p.c.) deduce che la Corte di merito, nel motivare l’esclusione dell’operatività del regime di cui al d.P.R. n. 602 del 1970 con il rilievo che la cooperativa non aveva ritenuto di applicarlo, avrebbe omesso di tenere conto della circostanza decisiva che la Cooperativa, al contrario, aveva proposto sin dal 1994 domanda amministrativa per l’applicazione dei benefici di cui al suddetto decreto, del quale aveva processualmente invocato l’applicabilità sin dal primo grado di giudizio.
7. Gli illustrati motivi di ricorso sono in parte inammissibili in parte infondati.
7.1. Sono inammissibili nella parte in cui censurano l’omessa qualificazione di talune prestazioni come attività di gestione di servizi educativi, avuto riguardo alle declaratorie contenute nel CCNL relativo al personale del Comparto Scuola del 24 luglio 2003 (secondo motivo); nella parte in cui imputano il giudizio di inapplicabilità della legge n. 381 del 1991, formulato dalla Corte di merito, all’erroneo rilievo del carattere temporalmente limitato dello svolgimento dei servizi di carattere educativo (terzo motivo); nella parte in cui censurano l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel ritenere non applicabile il regime di cui al d.P.R. n.602 del 1970, avuto riguardo al profilo di cui al n. 4 dell’Allegato A al decreto medesimo (quinto motivo); e nella parte in cui rimarcano l’omesso rilievo della circostanza che la cooperativa aveva formulato espressa e risalente richiesta di applicazione dei benefici di cui al citato d.P.R. (sesto motivo) .
7.2. Questi motivi, anzitutto, difettano di specificità in relazione al tenore della decisione impugnata.
La Corte territoriale, infatti, ha escluso che le mansioni svolte dai soci lavoratori della cooperativa ricorrente avessero natura di attività socio-sanitaria ed educativa non solo (e non tanto) sulla base della declaratoria contenuta nel CCNL del 2003 (la quale è stata richiamata piuttosto per confutare le diverse argomentazioni dell’appellata), ma anche (e principalmente) sulla base dei risultati dell’attività istruttoria, consistiti negli esiti degli accertamenti ispettivi e nell’espletamento di prove testimoniali (p. 8 della sentenza impugnata).
In tale prospettiva, il carattere «comunque temporalmente marginale» delle attività di assistenza dei bambini durante il pasto, di ausilio nell’uso dei servizi e di distribuzione delle merende, nonché il carattere «assai limitato nel tempo» del servizio di pre e post scuola, sono stati richiamati quali argomenti di mero rinforzo di quello principale, consistente nel rilievo secondo cui tali attività non potessero «qualificarsi in sé attività educativa» o fossero comunque «prive di tale connotazione» (p.8 sentenza cit.).
Analogamente, l’applicabilità del regime previsto dal d.P.R. n.602 del 1970 non è stata negata sulla base della declaratoria di cui al n. 4 dell’Allegato A al decreto medesimo, ma perché alla luce delle prove assunte (le quali avevano evidenziato lo svolgimento di funzioni eterogenee: dalla pulizia dei locali all’apertura e controllo dell’accesso all’edificio scolastico; dall’attivazione dell’allarme all’espletamento dei servizi di centralino, assistenza, portineria, fotocopie, smistamento telefonate, raccolta e verifica buoni mensa) era emerso che la cooperativa non si era limitata a svolgere «meri servizi di pulizia» (p.9 sentenza cit.).
Alla luce di tale accertamento, anche il rilievo che la stessa cooperativa non aveva ritenuto di applicare il regime di cui al citato d.P.R. n.602 del 1970, assume un’importanza del tutto secondaria dinanzi alla argomentazione principale ed assorbente, la quale aveva trovato fondamento nell’esito dell’attività probatoria espletata, donde era emerso lo svolgimento di funzioni composite, che non si esaurivano nella semplice prestazione di attività di pulizia.
Appare allora evidente il difetto, nelle censure in esame, del necessario attributo della specificità, il quale esige che i motivi di ricorso siano riferibili alla decisione di cui si chiede la cassazione, non essendo ammissibili nel giudizio di legittimità doglianze non aventi specifica attinenza alle ragioni che sorreggono la sentenza impugnata (cfr., in tema, Cass. n. 17330 del 2015 e Cass. 22478 del 2018).
7.3. I motivi in esame, ancora, sono inammissibili nella parte in cui censurano il raffronto asseritamente espletato dal giudice del merito tra l’attività svolta dagli addetti alla cooperativa e la declaratoria del CCNL del 24 luglio 2003 e dell’Allegato A al d.P.R. n.602 del 1970, nonché nella parte in cui criticano la valutazione delle risultanze istruttorie operata dalla Corte territoriale, anche sul rilievo che essa, nell’assumere che l’espletamento di prestazioni riconducibili a servizi educativi sarebbe stato di breve durata temporale, non avrebbe tenuto nel debito conto le dichiarazioni di quei testimoni che avevano invece descritto come “assiduo” o comunque come non temporalmente limitato lo svolgimento di tali attività.
La ricorrente, infatti, nel formulare siffatte censure, omette di considerare che l’accertamento delle circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie funzionali a tale accertamento sono attività riservate al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 13 giugno 2014, n. 13485; Cass. 15 luglio 2009, n. 16499).
Con i motivi in esame si tende pertanto inammissibilmente a provocare dalla Corte di cassazione una lettura delle risultanze istruttorie diversa da quella fornita dal giudice di appello, la quale non è sindacabile in questa sede di legittimità.
7.4. I motivi del ricorso per cassazione proposto dalla Cooperativa Sociale Q. S.C. – Onlus, infine, sono infondati nella parte in cui si dolgono dell’omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato asseritamente sceso sul capo della sentenza di primo grado che aveva attribuito natura socio-assistenziale alle mansioni svolte dai suoi soci lavoratori sulla base della ritenuta corrispondenza con quelle proprie dei collaboratori scolastici, come descritte nella declaratoria contenuta nel CCNL del 24 luglio 2003.
Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il richiamo operato dal tribunale al CCNL del 2003, specificamente riportato e analiticamente confutato nella sentenza di appello, non costituiva una autonoma statuizione idonea a passare in giudicato ma l’argomentazione in base alla quale era stato formulato il giudizio sulla sussistenza della natura socio-assistenziale delle funzioni espletate dai soci della cooperativa, natura che costituiva, a sua volta, il presupposto per l’accertamento del diritto ai benefici contributivi di cui alla legge n. 381 del 1991.
L’INPS, nel contestare – con il secondo motivo di appello – il giudizio fondante tale accertamento (l’unico idoneo a costituire autonomo capo di sentenza), aveva gravato con l’impugnazione anche le argomentazioni ad esso sottese, sicché nessun giudicato poteva reputarsi formato sul punto.
8. In definitiva, il ricorso proposto dalla Cooperativa Sociale Q. S.C. – Onlus deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 12.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
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