CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 dicembre 2019, n. 32883
Tributi – Accertamento – Attività di tassista – Elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti – Divergenza tra chilometri di percorrenza dichiarati e chilometri rilevati dalle schede carburante
Rilevato che
1. L’Agenzia delle Entrate emetteva, ai sensi dell’art. 39 comma 1 lettera d) d.p.r. 600/1973 (oltre che ai sensi dell’art. 62 sexies, comma 3, d.l. 331/1993), avviso di accertamento nei confronti di V.T., esercente attività di tassista in Firenze, per l’anno 2003, rideterminando il reddito in € 75.357,00 a fronte di quello dichiarato per € 22.034,00, confermando i costi per € 12.763,00 ed accertando, quindi, un reddito di impresa per € 58.106,00. In particolare, l’Agenzia delle entrate evidenziava che era inattendibile ed esiguo il ricavo giornaliero medio di € 59,43 al giorno, dovendosi tenere conto della rilevazione di un servizio di appena quattro corse al giorno, delle anomalie nelle spese di manutenzione e di consumo di carburante, della vocazione turistica della città di Firenze, del valore di scambio della licenza di € 300.000,00 o 400.000,00, del costo di una corsa media di € 6,87 sulla base delle tariffe regolamentari e della lunghezza media delle corse di 3,2 Km, oltre che del numero di chilometri dichiarati dal contribuente pari a 35.100,00.
2. La Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, riducendo i ricavi ad € 45.000,00.
3. La Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l’appello principale del contribuente ed accoglieva l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate, confermando l’avviso di accertamento. Il giudice di appello riteneva che gli elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti si rivenivano nei tempi di attività del contribuente (12 ore al giorno), nelle fatture prodotte relative alla cooperativa di riferimento, nelle tariffe da applicare, nei risultati elaborati dall’ufficio statistica comunale, nel totale dei chilometri rilevati dalle schede carburante (43.838), nel numero di chilometri di percorrenza dichiarati dal contribuente negli studi di settore (35.100), nelle corse medie giornaliere di 3,2 Km, nel costo medio delle corse di € 6,87, come desunti dalle tariffe del Comune.
4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente, che deposita anche memoria scritta.
5. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Considerato che
1. Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 comma 1 legge 212/2000, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.” in quanto l’avviso di accertamento si fonda su accordi intercorsi tra il Comune di Firenze e le associazioni di categoria, su un comunicato stampa del Comune di Firenze, oltre che sul Regolamento per il servizio di taxi allegato alla delibera del Consiglio Comunale di Firenze n. 432/295 del 28-5-2003, tutti documenti non allegati all’avviso né messi a disposizione del contribuente.
1.1. Tale motivo è inammissibile.
Invero, il motivo viola il principio di autosufficienza, in quanto il ricorrente non ha indicato la parte del ricorso introduttivo contenente tale doglianza.
Il motivo articolato in questa sede, poi, non risulta enucleato nel ricorso di primo grado, sicché deve essere considerato nuovo e, quindi, inammissibile. Infatti, benché nella memoria il contribuente affermi di avere proposto tale doglianza con il ricorso di primo grado, richiamando a pagina 10, nota 5 del ricorso per cassazione, un brano della pagina 13 del ricorso introduttivo, in realtà non si rinviene in tale passaggio argomentativo alcuna censura di nullità dell’avviso di accertamento per assenza dei documenti allo stesso allegati, ma solo una contestazione sul merito della ripresa a tassazione (“è evidente che la determinazione di dati così importanti…dai quali dipende … la quantificazione induttiva dei ricavi non è stata dallo stesso provata né tantomeno documentata e pertanto gli elementi probatori su cui si basa l’avviso di accertamento sono talmente lacunosi e sintetici …”).
Peraltro, i documenti di cui si discute (accordi tra Comune ed associazioni di categoria e Regolamento per il servizio di taxi del Comune di Firenze) erano perfettamente conoscibili dal contribuente che svolge proprio il servizio di taxi a Firenze.
2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente si duole della “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 d.lgs. 218/1997, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.”, in quanto trattandosi di accertamento fondato sulle “medie” (corsa media e costo medio) elaborate dalla Agenzia delle entrate era obbligatorio, come per gli studi di settore, il preventivo contraddittorio con il contribuente.
2. Tale motivo è inammissibile.
Invero, tale motivo viola il principio di autosufficienza, non avendo il ricorrente indicato la parte del ricorso introduttivo contenente tale eccezione.
Pertanto, a prescindere dalla circostanza che l’avviso non è basato sugli studi di settore, ma è analitico-induttivo, anche in questo caso non risulta che tale motivo di impugnazione sia stato presentato con il ricorso di primo grado, sicché è del tutto nuovo e, quindi, inammissibile.
3. Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente deduce “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., e 62 sexies d.l. 331/1993, conv. in legge 427/1993, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.”, in quanto il giudice di appello ha errato nella distribuzione dell’onere della prova tra amministrazione e contribuente, ai sensi dell’art. 39 comma 1 lettera d d.p.r. 600/1973, essendo i ricavi dichiarati congrui e coerenti con gli studi di settore dell’anno 2003, sussistendo una presunzione di normalità reddituale, sicché l’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto dimostrare una realtà economica specifica diversa da quella dichiarata e “presuntivamente vera”.
2.1. Tale motivo è infondato.
Invero, l’avviso di accertamento è stato redatto con il metodo analitico – induttivo di cui all’art. 39 comma 1 lettera d d.p.r. 600/1973 e non con l’utilizzo degli studi di settore di cui all’art. 62 sexies 331/1993. Gli studi di settore costituiscono, come desumibile dall’art. 62 sexies, solo uno degli strumenti utilizzabili dalla Amministrazione finanziaria per accertare in via induttiva, il reddito del contribuente (Cass., 18906/2018, proprio in tema di accertamento dei redditi di un esercente il servizio di taxi).
Infatti, l’accertamento con metodo analitico-induttivo, con quale cui il fisco procede alla rettifica di singoli componenti reddituali, ancorché di rilevante importo, è consentito, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d) del d.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacché la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata (Cass., 20060/2014).
Nella specie il giudice di appello ha indicato analiticamente tutte le presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 39 comma 1 lettera d d.p.r. 600/1973, che hanno consentito l’accertamento di un reddito superiore a quello dichiarato, a prescindere della congruità del reddito dichiarato in relazione all’utilizzo degli studi di settore.
In particolare, la Commissione regionale ha valorizzato tutta una serie di elementi oggettivi, in grado di dimostrare i maggiori redditi di impresa, e segnatamente i tempi di attività giornaliere (12 ore), le fatture relative alla cooperativa di riferimento, le schede carburante, le tariffe da praticare allegate alla delibera del Consiglio Comunale, i risultati dell’ufficio statistica comunale, l’esiguità dei costi di manutenzione, i chilometri percorsi nell’anno come dichiarati dal contribuente negli studi di settore (35.100), la corsa media di Km 3,2, il costo medio di ogni corsa pari ad € 6,87.
4. Con il quarto motivo di impugnazione il ricorrente si duole della “motivazione meramente apparente sui presupposti dell’accertamento ai sensi dell’art. 62 sexies d.l. 331/1993, convertito in legge 427/1993. Nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 comma 2 n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c.”, in quanto il giudice di appello nell’identificare le “gravi incongruenze” tra redditi dichiarati e quelli desumibili dall’attività svolta, si è basata su affermazione del tutto astratte e generiche, mentre è assente qualsiasi spiegazione in merito a tali elementi, con la “esternazione di motivi meramente formale”.
4.1. Tale motivo è infondato.
Invero, a prescindere dalla circostanza che l’avviso è stato emesso con accertamento analitico-induttivo ai sensi dell’art. 39 comma 1 lettera d d.p.r. 600/1973, e non in base agli studi di settore, sicché il rilievo relativo necessaria sussistenza delle gravi incongruenze non coglie nel segno, tuttavia il giudice di appello ha indicato in modo chiaro ed esauriente tutti gli indizi gravi, precisi e concordanti, posti alla base di tale accertamento, soprattutto in relazione alla corsa media giornaliera di Km 3,2 ed alla tariffa media di € 6,87, oltre che ai chilometri percorsi come indicati dal contribuente nello studio di settore (35.100).
5. Con il quinto motivo di impugnazione il ricorrente lamenta “omessa pronuncia sui motivi di gravame, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.” in quanto il giudice di appello non ha dato alcuna risposta alla doglianza relativa all’errore logico-matematico commesso nell’avviso di accertamento, in quanto l’Agenzia delle entrate ha ricostruito il costo della corsa media sulla base del percorso medio di avvicinamento al cliente quantificato in Km 3,2, e addebitato nella quota fissa e € 2,50, corrispondente allo scatto di inizio corsa, oltre che del percorso medio con il cliente a bordo stimato in 3,2 Km, quindi ipotizzando un costo medio che remunera un percorso di 6,4 Km. L’Ufficio, quindi, anziché dividere la percorrenza annua per 6.4 Km, la divide per 3,2 Km, giungendo così a raddoppiare il numero di corse presunte e, quindi, dei presunti ricavi.
5.1. Tale motivo è inammissibile.
Invero, il ricorrente si duole della omessa pronuncia sui motivi di gravame ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., ma incentra tale censura sulla mancata valutazione da parte del giudice di appello di una argomentazione difensiva basata su un asserito errore di calcolo. Pertanto, il contribuente avrebbe dovuto impugnare la decisione sotto il profilo del vizio di motivazione, ove ancora consentito dopo la modifica di cui al d.l. 83/2012, ma non con il vizio di omessa pronuncia sui motivi di ricorso.
Inoltre, poiché la sentenza di appello è stata depositata il 28-2-2013 la censura sulla motivazione può riguardare, dopo le modifiche di cui all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., da parte del d.l. 83/2012, solo l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso tra le parti.
6. Con il sesto motivo di impugnazione il ricorrente deduce “omesso esame del verbale della Guardia di finanza del 1 ottobre 2009, con allegati, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.”, in quanto in detto verbale si afferma che non esiste negli archivi del Comune di Firenze un vero e proprio studio inerente la percorrenza media delle corse dei taxi, ma solo una indagine condotta in via empirica allo scopo di costituire una base di riferimento per la trattativa delle tariffe da applicare con i rappresentanti delle cooperative dei tassisti operanti sul territorio. Il dato della corsa media non è stato diffuso dal Comune di Firenze, ma deriva esclusivamente da una notizia di fonte giornalistica.
6.1. Tale motivo è infondato.
Invero, tale documento non risulta menzionato nella decisione, ma non è decisivo ai fini della controversia, in quanto il giudice di appello ha indicato, con dovizia di particolari, tutti i documenti utilizzati per giungere alla sua decisione, valorizzando, come detto, i tempi di attività pari a 12 ore al giorno, le fatture relative alla cooperativa di riferimento, le schede di carburante, le tariffe da praticare, i risultati elaborati dall’Ufficio di statistica, i chilometri percorsi dichiarati dallo stesso contribuente, la lunghezza media della corsa ed il costo medio della stessa.
7. Con il settimo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 39 comma 1 lettera d d.p.r. 600/1973 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.”, in quanto non sussistono le presunzioni gravi, precise e concordanti, e gli elementi utilizzati non sono noti, ma, a loro volta presunti, dando luogo ad una doppia presunzione, non consentita. In particolare, non si è tenuto conto che nell’ambito della percorrenza annua, indicata dal contribuente, va ricompresa anche quella “a vuoto” effettuata senza cliente a bordo. Il costo medio, poi, non può essere desunto dal tariffario comunale. Il dato della corsa media di 3,2 Km proveniente solo da fonte giornalistica e non è mai stata oggetto di accordi o trattative tra l’amministrazione comunale e le cooperative dei tassisti.
7.1. Tale motivo è inammissibile.
Invero, il ricorrente, pur censurando la decisione per violazione di legge ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in realtà intende chiedere una nuova rivalutazione degli elementi di fatti, già compiuta dal giudice di merito, e non consentita in questa sede (Cass., 32296/2018, in relazione all’accertamento dei redditi di un esercente il servizio di taxi, con dichiarazione di inammissibilità della censura per vizio di motivazione; anche Cass., 18906/2018).
8. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, per il principio della soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rimborsare in favore della Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi € 2,500,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
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