CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 dicembre 2019, n. 32980
Mansioni impiegatizie – Trasferimento del ramo d’azienda – Efficacia – Ricorso – Interesse ad agire dei lavoratori – Configurabilità della cessione del ramo d’azienda
Rilevato che
S. P. e plurimi litisconsorti adivano il Tribunale di Palermo e deducevano di aver lavorato alle dipendenze di T. Italia spa sino al 31 ottobre 2000 con mansioni impiegatizie nell’ambito dell’Ufficio personale; precisavano che. in tale data, detto servizio di amministrazione era stato ceduto a T. P. Services spa, interamente partecipata da T. s.p.a., e che successivamente (il 1/3/2003) l’intero pacchetto azionario T. P. Services s.p.a. era stato ceduto alla società A. HR Service International Limited, ivi compreso il ramo di azienda cui appartenevano sin dall’origine. Sul rilievo dell’invalidità della cessione, perché disposta in assenza dei presupposti sanciti ex art. 2112 c.c., chiedevano accertarsi l’inefficacia nei loro confronti del trasferimento del ramo d’azienda con accertamento della permanenza dei rapporti di lavoro con T. s.p.a. e reintegra nel posto di lavoro.
Il Tribunale di Palermo, rilevata la carenza di interesse ad agire dei ricorrenti, rigettava il ricorso.
La Corte d’Appello di Palermo, a propria volta, respingeva il gravame proposto dai lavoratori avverso tale decisione.
Sulla premessa della sussistenza di un interesse ad agire dei lavoratori nel presente giudizio, la Corte di merito, in estrema sintesi, all’esito dello svolgimento di accertamenti tecnici affidati ad esperti di discipline aziendalistiche, argomentava in ordine alla ricorrenza dei presupposti di una legittima cessione di ramo d’azienda sanciti dall’art.2112 c.c., come definiti alla luce della elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale, anche di livello sovranazionale.
Per la cassazione di tale decisione ricorrono i lavoratori, prospettando cinque motivi di impugnazione, successivamente illustrati da memoria. T. Italia spa, resiste con controricorso proponendo altresì ricorso incidentale ex art.371 c.p.c.. La A. HR Service International Limited s.p.a. oppone a propria volta difese con controricorso e deposita memoria.
Considerato che
1. Con cinque motivi, sotto il profilo della violazione dell’art. 2112 c.c. (primo motivo), degli artt.116 (quarto motivo), 2697 c.c. e 112 c.p.c. (quinto motivo) ex art. 360 comma primo n.3 c.p.c., nonché in ragione dell’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 comma primo n.5 c.p.c. (secondo e terzo motivo), i ricorrenti stigmatizzano l’impugnata sentenza per avere ritenuto sussistenti i presupposti di applicabilità dell’art. 2112 cod. civ. nonostante la mancanza di autonomia economica, organizzativa e funzionale dell’ufficio personale cui erano addetti, integranti elementi coessenziali per l’individuazione di una nozione legale di cessione di ramo d’azienda.
Criticano gli approdi ai quali è pervenuto il giudice del gravame in ordine alla ricorrenza dei presupposti di legittimità della vicenda traslativa scrutinata, prospettando l’insussistenza del requisito della preesistenza del ramo ceduto; deducono in particolare, che la cessione in esame era il frutto dello smembramento avvenuto in prossimità del negozio traslativo, della divisione Risorse Umane, che comprendeva una pluralità di attività fungibili fra i vari lavoratori, in cui era ricompresa quella relativa alla Amministrazione del Personale, struttura creata ad hoc in occasione del trasferimento.
Al riguardo precisano che “per avere un trasferimento d’azienda è necessario che l’oggetto del trasferimento sia un’attività economica strutturata che già prima del trasferimento abbia determinate caratteristiche di entità organizzata e idonea alla produzione di beni e servizi, la quale deve conservare la propria identità anche a seguito del passaggio al nuovo imprenditore”. Si dolgono quindi della insussistenza, nella specie, dei requisiti individuati in sede giurisprudenziale, come coessenziali alla definizione di una legittima cessione di ramo d’azienda.
2. Sotto altro versante, con unico motivo, la T. s.p.a. dispiega ricorso incidentale, con il quale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.1362, 1372, 1406 e 2697 c.c., degli artt.100 e 112 c.p.c. in relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c. nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex all’art.360 comma primo n.5 c.p.c.
La società critica la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente l’interesse ad agire dei lavoratori, tralasciando di considerare l’ulteriore eccezione formulata e relativa alla sussistenza di un comportamento di tacita accettazione, da parte dei lavoratori, del trasferimento del ramo d’azienda, avvenuto nove anni prima della proposizione del ricorso in sede giudiziale.
3. Il ricorso principale, le cui censure possono congiuntamente trattarsi per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, non è fondato.
Ed invero, le critiche articolate, essenzialmente, tendono a pervenire ad un rinnovato apprezzamento del merito, non consentito nella presente sede di legittimità.
Non può sottacersi al riguardo, che la Corte d’appello, con motivazione congrua e conforme a diritto, fondata puntualmente sulle risultanze della espletata consulenza tecnica, criticamente esaminata, ha correttamente valutato gli elementi di fatto riconoscendo la configurabilità della cessione del ramo d’azienda.
In particolare la Corte ha accertato che il complesso denominato “AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE”, di cui erano parte gli attuali ricorrenti, era dotato di una stabile e consolidata autonomia organizzativa e poteva quindi qualificarsi, sin dal gennaio 2000, in epoca anteriore alla cessione, come un autonomo ramo di azienda, secondo quanto previsto dall’art. 2112 c.c.
Ed infatti la consulenza tecnica – sulla quale si è fondato il convincimento della Corte territoriale – aveva mostrato che all’interno del complesso aziendale la struttura descritta, raggruppava tutti gli organi impegnati nelle attività di “inputting di dati nei sistemi informativi, di stampa documenti, di controllo e verifica dati,di archiviazione documenti, di emissione di documenti, di gestione dei rapporti con enti terzi …tutte collegate alla gestione degli aspetti retributivi, fiscali, tributari, previdenziali e, in generale, amministrativi del personale”..
La consulenza, con esame approfondito e dettagliato dell’organizzazione aziendale, è pervenuta alla conclusione che la struttura considerata ha rappresentato dal gennaio 2000 al momento della sua cessione alla Tess s.p.a. un ramo di azienda, ossia una articolazione autonoma dal punto di vista funzionale e organizzativo di T. s.p.a, e che le competenze nel campo della gestione dei servizi di amministrazione del personale acquisite dai lavoratori, conferivano loro professionalità certamente sufficienti a svolgere le attività richieste nell’ambito della articolazione “Amministrazione del personale”.
Secondo la Corte territoriale il processo produttivo proprio di tale articolazione, non era un mero raggruppamento di attività costituito ad hoc, in prossimità della cessione, bensì un insieme di attività rese omogenee proprio dal fatto di costituire un intero processo aziendale in grado di offrire in maniera autonoma dal punto di vista funzionale ed organizzativo un servizio spendibile sul mercato.
Correttamente la Corte territoriale ha rilevato che ciò che si richiede, ai fini della sussistenza del requisito di cui all’art. 2112 cod. civ., è l’idoneità all’esercizio in modo autonomo dell’attività produttiva e quindi alla realizzazione del risultato produttivo, riscontrato nel caso in esame, in coerenza con i dicta della Corte di Giustizia, che nelle sentenze nn. 127/96, 229/96, 74/97, V., e nelle sentenze nn.173/96 , 24/96, H., ha ritenuto che possa rientrare nel concetto di entità autonoma anche “un gruppo o complesso organizzato di lavoratori subordinati specificamente e stabilmente assegnati all’espletamento di un compito comune”.
4. Le cennate conclusioni, sostenute da puntuali e congrue argomentazioni, rispondono ai principi del tutto consolidati nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui ai fini dell’applicazione dell’art. 2112 c.c. nel testo introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, art. 1- anche in quello modificato dall’art. 32 del d.lgs. n. 276 del 2003 – integra elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere, autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente, situazione ravvisabile (quando non occorrano particolari mezzi patrimoniali per l’esercizio dell’attività economica) anche rispetto ad un complesso stabile organizzato di persone, addirittura in via esclusiva, purché dotate di particolari competenze e stabilmente coordinate ed organizzate tra loro, così da rendere le loro attività interagenti e idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili, (vedi ex plurimis, Cass.8/11/2018 n. 28593, Cass. 31/5/2016 n.11247).
Si è infatti sostenuto in tema (vedi Cass. 30/4/2014 n. 9461, Cass. 30/1/2013 n.2151) che oggetto di valido procedimento traslativo deve essere un’entità economica organizzata in modo stabile e non destinata all’esecuzione di una sola opera (cfr. Corte di Giustizia CE, sentenza 24 gennaio 2002, C-51/00), ovvero un’organizzazione quale, legame funzionale che renda le attività dei lavoratori interagenti e capaci di tradursi in beni o servizi determinati (Cass. 8/6/2009 n.13171) e possegga propria identità funzionalmente autonoma che resti conservata con il trasferimento, secondo quanto stabilito dalla direttiva CE n.98/50, nonché dalla n.23/2001 secondo cui “è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria”( all’art. 1, lett. b).
5. Conclusivamente, alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso principale è respinto.
Alla reiezione del ricorso principale consegue l’assorbimento del ricorso incidentale, successivo in ordine logico.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono il regime della soccombenza, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di ciascuna delle controricorrenti, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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