CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 dicembre 2019, n. 32981
Demansionamento – Licenziamento collettivo – Procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato – Contenuto delle mansioni svolte
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 2 pubblicata il 30.1.2015, ha respinto l’appello di B.R., confermando la sentenza di primo grado con cui era stata rigettata la domanda del predetto volta alla condanna della M.R.I. s.p.a. al risarcimento del danno da demansionamento e alla declaratoria di illegittimità del licenziamento collettivo;
2. la Corte territoriale ha escluso che le pregresse mansioni svolte dal B. (inquadrato nel livello C/1 del c.c.n.l. Gomma Plastica) presso l’ufficio del personale comportassero un livello di competenza e professionalità medio altro ed implicassero la rappresentanza della società verso terzi;
3. ha accertato come, al contrario, si trattasse di mansioni essenzialmente esecutive, senza autonomia decisionale e senza assunzione di responsabilità eccedente la mera conformità tra la consegna ricevuta e l’esecuzione dei compiti secondo modalità prefissate;
4. ha ritenuto che le mansioni successivamente assegnate al lavoratore (dal febbraio 2005 per qualche ora alla settimana, dal 2008 in alternanza part-time con l’ufficio di prima assegnazione e dal 2009 in via esclusiva), di assistente del responsabile per la sicurezza, prevenzione e protezione, non fossero qualitativamente diverse dalle precedenti, comprendendo, tra l’altro, la redazione di moduli per la denuncia all’Inail di infortuni e malattie professionali, la verifica dei rimborsi Inail, l’elaborazione di statistiche, la verifica di corrispondenza dei lavori eseguiti a quelli indicati nei capitolati d’appalto;
5. avverso tale sentenza il sig. B. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso la M.R.I. s.p.a.;
6. entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..
Considerato che
7. col primo motivo di ricorso il sig. B. ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. in relazione al divieto di adibizione del lavoratore a mansioni non corrispondenti, per inadeguatezza, al livello di qualifica;
8. ha sostenuto come la Corte d’appello avesse espressamente riconosciuto (a pagina 6, punto 4.5. della sentenza) che l’inquadramento nel livello C1 comportasse l’espletamento di mansioni impiegatizie di concetto e che presso il Servizio Ambiente e Sicurezza erano assegnate al B. solo mansioni d’ordine;
9. col secondo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. nonché delle previsioni della contrattazione collettiva in relazione alla supposta equivalenza delle mansioni originarie e di quelle di arrivo;
10. ha criticato il giudizio di equivalenza delle mansioni espresso dalla Corte d’appello senza la necessaria valutazione con riferimento alle declaratorie contrattuali, in particolare quanto al profilo C1 (Tecnico Pratiche Amministrative del Personale) in cui era inquadrato il dipendente, e al profilo E1 (Segretario di Direzione o servizi equivalenti) relativo a chi “svolge le pratiche amministrative dell’ente di appartenenza secondo procedure standard … e redige su indicazioni di massima corrispondenza prospetti, statistiche e note servendosi anche di mezzi e programmi informatici”, a cui erano riconducibili le mansioni successivamente assegnate;
11. la società controricorrente ha preliminarmente eccepito la inammissibilità e nullità del ricorso per difetto di regolare procura alle liti, atteso che quest’ultima, apposta a margine del ricorso, risulta conferita per “la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Ancona, sez. lav., n. 413 pubblicata il 30.1.2015”, mentre la sentenza impugnata reca il n. 2 del 2015;
12. l’eccezione è infondata, alla luce del costante orientamento di questa Corte (Cass. n. 10539 del 2007; Ord. n. 1205 del 2015) secondo cui il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione è per sua natura mandato speciale, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza impugnata, sempre che dal relativo testo sia dato evincere una positiva volontà del conferente di adire il giudice di legittimità, il che si verifica certamente quando la procura al difensore forma materialmente corpo con il ricorso o il controricorso al quale inerisce, risultando, in tal caso, irrilevante l’eventuale errore materiale, facilmente riconoscibile, circa gli estremi della sentenza impugnata;
13. i motivi di ricorso, che si trattano congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono fondati e devono trovare accoglimento;
14. questa Corte ha più volte precisato (cfr. Cass. n. 12744 del 2003; n. 4791 del 2004; n. 3069 del 2005; n. 18214 del 2006; n. 11037 del 2006) come nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato non può prescindersi dalla motivata valutazione di tre fasi tra di loro ordinate in successione, consistenti: a) nell’accertamento di fatto dell’attività lavorativa in concreto svolta; b) nell’individuazione delle qualifiche o gradi previsti dalla normativa applicabile nel singolo caso (contratto collettivo ovvero regolamento del personale ad esso equiparabile); c) nel raffronto dei risultati di tali due indagini; dalla omissione di tale sequenza deriva l’errata applicazione dell’art. 2103 c.c.;
15. nel caso in esame, la Corte di merito, pur avendo accertato il contenuto delle mansioni svolte dal lavoratore di “assistente del responsabile per la sicurezza” e definito le stesse come mansioni d’ordine, e pur avendo dato atto di come la declaratoria contrattuale per il livello C “prefigurasse mansioni impiegatizie di concetto postulando l’operatività in condizioni di autonomia decisionale, il disimpegno di compiti secondo differenti procedure e metodologie, implicanti scelte di priorità nell’ambito delle norme e pratiche stabilite”, ha escluso la violazione dell’art. 2103 c.c. sul rilievo della sostanziale equivalenza delle nuove mansioni rispetto a quelle pregresse, di “impiegato presso l’ufficio del personale” e sul presupposto che in quest’ultima veste il dipendente avesse svolto di fatto mansioni esecutive e non di concetto;
16. in tal modo la Corte d’appello ha sostituito i termini del confronto, operando lo stesso non tra l’attività in concreto eseguita dal lavoratore e la declaratoria contrattuale, come necessario ai fini dell’art. 2103 c.c., bensì tra le precedenti e le nuove mansioni assegnate, così attribuendo alla riscontrata equivalenza tra le stesse l’effetto di escludere ogni demansionamento;
17. deve invece affermarsi come l’eventuale pregresso svolgimento di mansioni inferiori rispetto alla qualifica posseduta non legittima la perpetuazione dell’inadempimento datoriale, ed anzi costituisce violazione dell’art. 2103 c.c. l’assegnazione di nuove mansioni non corrispondenti al livello di inquadramento, anche se equivalenti a quelle precedentemente svolte;
18. per tali ragioni la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della fattispecie conformandosi ai principi di diritto richiamati, e provvederà inoltre alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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