CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 dicembre 2021, n. 39667
Tributi – IVA – Liquidazione di gruppo – Compensazione Iva infragruppo – Prestazione di garanzia – Omissione – Compensazione illegittima – Recupero dell’imposta compensata, oltre sanzioni e interessi – Legittimità – Atto emesso da ufficio territorialmente non competente – Irrilevanza
Fatti di causa
Rilevato che la parte contribuente proponeva ricorso avverso un atto di recupero relativo ad IVA infragruppo non accompagnata dalla prestazione di garanzia da parte della società controllata per l’anno d’imposta 2011;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente ritenendo che la mancata presentazione della garanzia rende ingiustificato il recupero dell’intera imposta e degli interessi per l’assenza di un pregiudizio in capo all’Erario, risultando legittima la sola irrogazione delle sanzioni;
la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate e l’appello incidentale della parte contribuente, rilevando che il richiamo alle “ragioni di cassa” non altrimenti specificate risulta eccentrico in una situazione in cui i crediti d’imposta erano legittimi e non sono stati mai disconosciuti dall’Ufficio, mentre privi di rilevanza sono i motivi che attengono alla necessità di prestare garanzia per via della qualifica soggettiva delle contribuenti e dell’ammontare degli importi, in quanto è pacifico che tale garanzie non siano state prestate e proprio per questo le parti private sono state condannate al pagamento delle sanzioni e sul cui punto è stata prestata acquiescenza dalle parti soccombenti; l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso con il quale proponeva altresì ricorso incidentale condizionato; in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per la dichiarazione di inammissibilità o per il rigetto del ricorso o per l’accoglimento del ricorso incidentale condizionato.
Ragioni della decisione
Considerato che con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 38 bis, commi 7 e 8, e 73, ultimo comma del d.P.R. n. 633 del 1972 e del D.M. del Ministero delle Finanze 13 dicembre 1979 recente norme in materia di imposta sul valore aggiunto relative ai versamenti e alle dichiarazioni delle società controllate, in quanto la compensazione è ammessa solo al ricorrere di tassative condizioni non ricorrenti nel caso di specie e consistenti nella necessità che le società controllate abbiano prestato idonea garanzia.
Con il motivo di ricorso incidentale condizionato, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, la parte contribuente deduce violazione degli artt. 111, 112, 131 e 132 c.p.c. per omessa motivazione da parte della sentenza impugnata in ordine all’eccepita nullità/annullabilità dell’atto impugnato per mancanza di competenza territoriale e conseguente carenza dei poteri all’emissione dell’atto da parte dell’Ufficio provinciale di Varese sia nei confronti della società controllante che nei confronti della società controllata (la cui sede non è a Varese ma a Milano).
Il motivo di impugnazione del ricorso principale è fondato.
Secondo questa Corte infatti: in tema di liquidazione dell’IVA di gruppo, la compensazione è ammissibile soltanto per i crediti che siano confluiti nella dichiarazione presentata dalla controllante e che influiscano sull’imposta complessivamente dovuta sia dalla controllante, sia dalle controllate, le quali restano responsabili, quali soggetti passivi d’imposta, a norma dell’art. 73, comma 3, penultimo periodo, d.P.R. n. 633 del 1972; diversamente la compensazione non è ammissibile, per difetto del presupposto della reciprocità, con debiti e crediti che non confluiscano nella dichiarazione iva di gruppo, in quanto si tratta di poste delle quali va esclusa la cessione ed in relazione alle quali, per conseguenza, la controllante non ha alcuna legittimazione: Cass. n. 23424 del 2020);
in tema di liquidazione dell’IVA di gruppo, l’estinzione – avente natura non satisfattiva – dell’obbligazione originaria di versamento dell’IVA a debito, conseguente all’opzione della società controllante per l’opposizione in compensazione di crediti IVA infragruppo, costituisce un “posterius” rispetto all’esatto adempimento della prestazione delle garanzie richieste dagli artt. 38-bis d.P.R. n. 633 del 1972 e 6 d.m. 13 dicembre 1979, la cui mancata (o inesatta) esecuzione comporta la mancata liberazione del debitore e l’obbligo dell’esecuzione dell’originaria prestazione pecuniaria, venendo meno “ex tunc” gli effetti della compensazione la quale, essendo in genere ammessa nei soli casi previsti dalla legge, si regge sull’osservanza dei presupposti formali imposti al contribuente per beneficiare di questa speciale modalità di utilizzazione delle eccedenze IVA delle società controllate (Cass. n. 15363 del 2020);
in tema di liquidazione dell’IVA di gruppo, costituente mera agevolazione rispetto all’esercizio degli obblighi di dichiarazione e dei diritti conseguenti delle società controllate, qualora la società controllante si avvalga della facoltà di compensare, in tutto o in parte, le proprie eccedenze di credito con le somme che una o più delle società controllate avrebbe dovuto versare, deve prestare la garanzia di cui all’art. 6, comma 3, del d.m. 13 dicembre 1979, la quale costituisce condizione per l’adesione al regime agevolato e per l’esercizio della compensazione infragruppo pienamente conforme alla disciplina unionale, avendo il solo fine di reprimere eventuali frodi finalizzate all’evasione dell’imposta armonizzata, senza che, peraltro, detta normativa secondaria contrasti coi principi fissati dagli artt. 23 e 76 Cost., posto che la speciale modalità di compensazione ivi prevista, mediante rinvio ricettizio all’art. 38-bis d.P.R. n. 633 del 1972, non si discosta da quella di rimborso accelerato di cui all’art. 73, ultimo comma, dello stesso decreto, costituendo, entrambe, modalità attuative della medesima definizione del rapporto tributario (Cass. n. 15363 del 2020);
in tema di liquidazione dell’IVA di gruppo, trattandosi di procedura che semplifica gli obblighi di dichiarazione e di versamento del tributo, consentendo compensazioni infragruppo altrimenti escluse, ai fini dell’adesione al relativo regime è necessario che il contribuente manifesti espressamente di volersene avvalere con espressa dichiarazione di volontà, senza che possa darsi l’equipollenza di alcun comportamento concludente, come prevede l’art. 4 del d.P.R. n. 442 del 1997 (Cass. n. 3252 del 2020).
La Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta ai suddetti principi laddove – affermando che il richiamo alle “ragioni di cassa” non altrimenti specificate risulta eccentrico in una situazione in cui i crediti d’imposta erano legittimi e non sono stati mai disconosciuti dall’Ufficio, mentre privi di rilevanza sono i motivi che attengono alla necessità di prestare garanzia per via della qualifica soggettiva delle contribuenti e dell’ammontare degli importi, in quanto è pacifico che tale garanzie non siano state prestate e proprio per questo le parti private sono state condannate al pagamento delle sanzioni e sul cui punto è stata prestata acquiescenza dalle parti soccombenti – ha svolto una motivazione di carattere “sostanzialistico” omettendo di considerare che l’istituto della compensazione infragruppo è subordinato al rigido rispetto dei presupposti di forma enunciati nei sopra ricordati principi e che quindi, in particolare, l’assenza delle garanzie da parte delle società controllate non può condurre come sola conseguenza al pagamento della sanzioni ma, porta in radice alla non configurabilità della compensazione dell’IVA infragruppo; deve infine rilevarsi che la circostanza che non sia contestato tra le parti che non siano state prestate le garanzie non significa che si sia formato un giudicato sulla non necessità delle garanzie.
Il ricorso incidentale condizionato è infondato.
Secondo questa Corte, infatti:
in tema di accertamento sintetico delle imposte sui redditi, l’incompetenza territoriale dell’Ufficio fiscale da cui proviene una segnalazione non incide sulla validità e sul perfezionamento del procedimento di rettifica operato dall’Ufficio fiscale competente, non sussistendo alcuna specifica disposizione che vincoli il valore indiziario degli elementi che ne sono a base in ragione della articolazione territoriale dell’ufficio dell’Erario che li ha acquisiti (Cass. n. 3228 del 2021);
in tema di contenzioso tributario, la sentenza d’appello emessa in un giudizio, nel quale l’Agenzia delle entrate abbia partecipato senza il patrocinio dall’Avvocatura dello Stato, può essere notificata, ai fini della decorrenza del termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione, sia presso la sede centrale dell’Agenzia delle entrate sia presso la sede del suo ufficio periferico, che va considerato come organo del primo, con pari capacità di stare in giudizio ai sensi degli artt. 10 e 11 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo un modello assimilabile alla preposizione institoria di cui agli artt. 2203 e 2204 cod. civ. Né tale soluzione comporta un aggravio nell’esercizio del diritto di difesa nella fase di legittimità, poiché l’Ufficio centrale e quelli periferici, che emettono l’atto impugnato e curano il contenzioso dinanzi alle commissioni tributarie, debbono comunque cooperare nell’attività di predisposizione della difesa tecnica dell’Agenzia nel giudizio di cassazione (Cass. n. 441 del 2015);
la denuncia di vizi di attività dell’Ufficio capaci di inficiare il procedimento è destinata ad acquisire rilevanza soltanto se, e in quanto, l’inosservanza delle regole abbia determinato un concreto pregiudizio del diritto di difesa del contribuente, direttamente dipendente dalla violazione che si sia riverberata sui vizi del provvedimento finale (Cass. n. 2612 del 2020).
Pertanto la circostanza che l’avviso di recupero dell’IVA infragruppo sia stato emesso da un Ufficio territorialmente incompetente non incide sulla validità dell’atto stesso ed è dunque circostanza irrilevante ai fini della validità della sentenza impugnata, tanto più che la parte contribuente non ha evidenziato quale concreto pregiudizio del suo diritto di difesa sarebbe disceso da tale ipotetica irregolarità.
Dunque, fondato il motivo di impugnazione principale e infondato il ricorso incidentale condizionato, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Ritenuto fondato il motivo di impugnazione principale e infondato il ricorso incidentale condizionato accoglie il ricorso principale e respinge quello incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente in via incidentale, di un’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.