CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 dicembre 2021, n. 39682
Tributi – Contenzioso tributario – Ricorso in cassazione – Contenuto – Requisito di autosufficienza – Difetto – Inammissibilità del ricorso
Rilevato che
B. G. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 25 ottobre 2019 n. 4200/07/2019, che, in controversia su impugnazione di estratti di ruolo in dipendenza di una pluralità di cartelle di pagamento per tributi di varia natura, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dal medesimo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, della Camera di Commercio, dell’Industria e dell’Artigianato della Provincia di Milano e del Comune di Milano avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano il 25 giugno 2018 n. 2931/02/2018, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha pronunziato l’absolutio ab instantia sul presupposto della comprovata notifica nei termini delle cartelle di pagamento. L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate – Riscossione si sono costituite con controricorso, mentre la Camera di Commercio, dell’Industria e dell’Artigianato della Provincia di Milano ed il Comune di Milano sono rimasti intimati. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti costituite con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
Considerato che
1. Con il primo motivo, si denuncia violazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 60, comma 1, lett. e, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’agente della riscossione avesse ritualmente notificato le cartelle di pagamento, che il contribuente non avesse proposto impugnazione nel termine di legge e che la notifica degli atti di pignoramento presso terzi in suo danno valesse ad interrompere la prescrizione dei crediti erariali.
2. Con il secondo motivo, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e controverso tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per non essere stata tenuta in conto dal giudice di appello la prescrizione breve dei crediti erariali ex art. 2953 cod. civ..
Ritenuto che
1. Il primo motivo è inammissibile sotto vari profili.
1.1 Per costante insegnamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge, mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (tra le tante: Cass., Sez. 6″-3, 4 aprile 2017, n. 8758; Cass., Sez. 5^, 13 luglio 2018, n. 18721; Cass., Sez. 5^, 26 novembre 2020, n. 26961; Cass., Sez. 5^, 13 luglio 2021, n. 19894).
1.2 Peraltro, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (tra le tante: Cass., Sez. 3^, 29 maggio 2018, n. 13395; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 15974; Cass., Sez. Lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., Sez. 5″, 20 ottobre 2021, nn. 29046, 29047 e 29214).
1.3 Nella specie, a ben vedere, il giudice di appello ha accertato l’avvenuta notifica nei termini al contribuente delle cartelle di pagamento [secondo la sentenza impugnata, «(..) in primo grado gli Enti creditori hanno data dimostrazione dell’avvenuta notifica nei termini delle cartelle di pagamento relative agli estratti ruolo»], là dove il contribuente si è limitato a dedurre, attraverso la censura ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la carenza di prova di tale notifica [«(..) nel caso di specie parte resistente non ha dimostrato in alcun modo la notifica delle suddette cartelle esattoriali»; «(…) l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, per quanto riguarda le cartelle di pagamento, produce esclusivamente estratti di ruolo (…) che non provano la notifica delle cartelle di pagamento; «(…) l’Agenzia delle Entrate – Riscossione non ha fornito alcuna prova della notifica delle cartelle di pagamento oggetto degli estratti di ruolo impugnati nel corso del procedimento di primo grado»].
1.4 Quanto, infine, alla presunta nullità della notifica degli atti di pignoramento presso terzi per violazione della disciplina sulla irreperibilità assoluta del destinatario, si rileva che la censura è carente di autosufficienza, non essendo stata fornita alcuna dimostrazione della deduzione di tale eccezione con la proposizione del ricorso originario né con la proposizione dell’atto di appello da parte del contribuente.
Invero, il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (tra le altre: Cass., Sez. 5^, 15 luglio 2015, n. 14784; Cass., Sez. 6^-1, 27 luglio 2017, n. 18679; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34593; Cass., Sez. 6^-5, 15 dicembre 2020, n. 28537; Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2021, n. 20974; Cass., Sez. 5^, 28 settembre 2021, n. 26220).
2. Anche il secondo motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza.
2.1 L’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nel testo riformulato dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante: Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass., Sez. 6^-3, 27 novembre 2014, n. 25216; Cass., Sez. 2^, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. Lav., 21 ottobre 2019, n. 26764; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2021, nn. 19820, 19824, 19826 e 19827; Cass., Sez. 5^, 22 luglio 2021, n. 20963; Cass., Sez. 5^, 27 luglio 2021, n. 21431). L’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. 1^, 14 settembre 2018, n. 26305; Cass., Sez. 6^-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2021, n. 12400; Cass., Sez. 5^, 24 luglio 2021, nn. 21457 e 21458) né l’omessa disanima di questioni o argomentazioni (Cass., Sez. 6″-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5″, 20 aprile 2021, n. 10285).
2.2 Nella specie, il “fatto” di cui si lamenta l’omesso esame è costituito dal decorso del termine di prescrizione quinquennale dei crediti tributari, di cui il ricorrente non ha, comunque, indicato la sede della eccezione, non risultandone alcun cenno nella sentenza impugnata. Difatti, la parte, che deduca con il ricorso per cassazione, il mancato esame dell’eccezione di prescrizione, è tenuta, oltre a far riferimento al momento in cui la stessa è stata proposta ai fini della sua ritualità, a specificare – per consentire al giudice di legittimità di valutare la decisività della sollevata questione – le condizioni ed i presupposti necessari per accertare se la prescrizione sia decorsa o meno, sicché non può limitarsi a censurare genericamente, violando il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la mancata pronuncia sulla sollevata eccezione da parte del giudice del gravame (da ultima: Cass., Sez. 5^, 30 giugno 2021, n. 18462).
3. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo, salvo che per le parti intimate, rispetto alle quali non deve essere adottato alcun provvedimento al riguardo.
4. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore delle controricorrenti, liquidandole nella misura di € 5.600,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.