CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 febbraio 2019, n. 4172

Imposte indirette – IVA – Accertamento – Riscossione – Cartella esattoriale – Dichiarazione integrativa – Contenzioso tributario

Rilevato che

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha accolto l’appello dell’Amministrazione Finanziaria e quindi confermato la legittimità della cartella impugnata per IVA 2001;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione il contribuente, con atto affidato a due motivi e illustrato da memoria;

– resiste l’Amministrazione Finanziaria con controricorso;

Considerato che

– con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 c. 8 d.P.R. n. 322 del 1998, dell’art. 9 L. 289 del 2002, dell’art. 19 c. d. Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 9 d.P.R. n. 600 del 1973 tutti in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per avere la CTR sottoposto l’emendabilità della dichiarazione al termine perentorio di presentazione della dichiarazione integrativa, così violando anche il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost.;

– il secondo motivo di ricorso si incentra sulla nullità della sentenza per omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da individuarsi nella sussistenza dell’errore rilevato al momento della notifica dal provvedimento impositivo impugnato;

– per ragioni di speditezza, può esaminarsi dapprima il secondo motivo, che è infondato;

– la CTR infatti, nella sentenza gravata, ha dimostrato di aver ben compreso come la questione verta intorno a un mero errore nella compilazione della dichiarazione da parte del contribuente, ed ha quindi esattamente colto come la genesi del debito, sorto per l’errata compilazione, fosse fatto controverso e decisivo, in quanto appariva in dichiarazione – appunto per errore – un debito in realtà pacificamente non sussistente;

– venendo ora alla disamina del primo motivo, lo stesso è fondato;

– in primo luogo, con riferimento all’efficacia preclusiva in ordine alla rettifica della dichiarazione in favore del contribuente, che abbia erroneamente indicato in essa dati non corrispondenti al vero, questa Corte ritiene (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2597 del 05/02/2014) che il condono ex art. 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 elide i debiti del contribuente verso l’erario, ma non opera sui suoi eventuali crediti fiscali, dovendo applicarsi la previsione del nono comma del citato articolo secondo cui “la definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate”, da interpretarsi nel senso che tale definizione non sottrae all’ufficio il potere di contestare il credito esposto dal contribuente; (in applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto precluse, per effetto del condono, le contestazioni dell’amministrazione finanziaria e, conseguentemente, accolto il ricorso del contribuente avverso un avviso di recupero del credito di imposta, ai sensi dell’art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per nuovi investimenti in aree svantaggiate);

– con riferimento poi alla tempestività della rettifica, ed alla sussistenza di preclusioni temporali alla sua presentazione, questa Corte ha ritenuto (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22021 del 13/10/2006) la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione, ed incidenti sull’obbligazione tributaria che è esercitabile non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ma anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria (conformi Sez. 5, Sentenza n. 2226 del 31/01/2011; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3754 del 18/02/2014, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21740 del 26/10/2015);

– pertanto, è ormai consolidato l’orientamento secondo il quale è sempre consentito al contribuente, in sede contenziosa, far valere l’esistenza dell’errore dichiarativo (in ultimo Cass. Sez. U., Sentenza n. 13378 del 30/06/2016), poiché in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria;

– conseguentemente, la domanda della ricorrente volta a ottenere, con il ricorso avverso la cartella, la rettifica a suo favore della dichiarazione erroneamente presentata (risultando dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa del tutto incontestato tra le parti e per il giudice l’esistenza dell’errore dedotto) risulta tempestiva in quanto proposta in sede giurisdizionale di fronte alla formulazione della pretesa fondata sulla dichiarazione erronea;

– in tal senso si è infatti già espressa questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5728 del 09/03/2018), stabilendo che il contribuente che abbia dichiarato redditi superiori a quelli dovuti può opporre in sede giudiziale alla pretesa dell’Amministrazione l’erroneità, in fatto o in diritto, della dichiarazione, attesa l’emendabilità della stessa, solo ove non abbia provveduto al pagamento della maggiore imposta, mentre, qualora abbia adempiuto, non può far valere il relativo credito nel giudizio contro l’atto impositivo, in ragione del carattere impugnatorio del processo tributario, potendo, peraltro, esperire le procedure di rimborso, nel rispetto delle modalità e dei termini di decadenza previsti;

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.