CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 giugno 2018, n. 15459
Imposte indirette – IVA – Dichiarazione annuale – Riscossione – Iscrizione a ruolo
Rilevato che
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, depositata L’8 giugno 2010, di reiezione dell’appello dalla stessa proposte avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato l’atto di iscrizione a ruolo di crediti;
– dall’esame della sentenza di appello si evince che l’Ufficio, a seguito di controllo della dichiarazione ai sensi degli artt. 36 bis, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 54 bis, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, aveva provveduto all’iscrizione a ruolo di un credito I.V.A., relativo all’anno 2001, esposto nella dichiarazione dell’anno successivo e ritenuto non spettante per omessa presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno 2001, della maggiore I.V.A. a debito non versata e di addizionali comunali e regionali;
– nella decisione si dà atto che il contribuente aveva pagato le addizionali e impugnato l’atto di iscrizione a ruolo limitatamente al recupero dell’I.V.A.;
– il giudice di appello, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto infondata la pretesa erariale, evidenziando che il contribuente aveva provveduto, per l’anno 2001, all’annotazione sui registri delle operazioni imponibili e alle liquidazioni periodiche dell’I.V.A., pur avendo omesso di presentare la dichiarazione annuale, per cui sussisteva il suo diritto alla detrazione dell’I.V.A. assolta sugli acquisti;
– evidenziava, altresì, che la definizione automatica delle imposte, operata dal contribuente ai sensi dell’art. 9, nono comma, I. 27 dicembre 2002, n. 289, non determinava la rinuncia del contribuente medesimo al credito di imposta;
– il ricorso è affidato ad un unico motivo;
– ha resistito con controricorso M.D.;
– il pubblico ministero ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Considerato che
– con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione degli artt. 30 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 21, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché la falsa applicazione dell’art. 9, I.n. 289 del 2001, per aver la sentenza impugnata ritenuto sussistente, in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini dell’I.V.A., il diritto del contribuente al recupero del credito maturato nel relativo periodo di imposta mediante trasferimento della posizione al periodo di imposta successivo;
– il motivo è infondato;
– sulla questione di diritto prospettata nella giurisprudenza di legittimità si erano formati due orientamenti interpretativi di segno opposto: secondo il primo, il contribuente che, avendo regolarmente annotato tutte le fatture dalle quali scaturisca, per lui, un credito d’imposta, ed avendo operato la detrazione del credito nelle liquidazioni periodiche, non presenti poi la dichiarazione annuale, può computare l’imposta detraibile, risultante dalle liquidazioni periodiche, nella dichiarazione dell’anno successivo, atteso che, ai sensi del quarto comma dell’art. 28 del d.P.R. n. 633 del 1972, il diritto alla detrazione si perde solo quando questa non venga computata sia nel mese di competenza, che in sede di dichiarazione annuale (cfr. Cass. 25 febbraio 1998, n. 2063);
– l’opposta opzione ermeneutica si esprimeva, invece, nel senso che il contribuente che, pure avendo computato le detrazioni per i mesi di competenza, abbia omesso di computarle nella dichiarazione annuale, perde il diritto a dette detrazioni, ai sensi dell’art. 28, quarto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, fermo il diritto al rimborso di quanto versato in eccedenza, in applicazione dell’art. 30, secondo comma, del citato d.P.R. (cfr. Cass. 19 ottobre 2007, n. 21947; Cass. 9 febbraio 2001, n. 1823).
– il contrasto è stato risolto dalla Sezioni Unite, le quali, con pronuncia n. 17757 dell’8 settembre 2016, hanno affermato che «la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili»;
– il contribuente, pertanto, può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale (e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto) purché siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione;
– la sussistenza di tali requisiti esclude, dunque, la rilevanza dell’assenza di quelli formali, ivi comprese le liquidazioni periodiche, purché sia rispettata, come nel caso in esame, la cornice biennale prevista dall’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’esercizio del diritto di detrazione (secondo le precisazioni espresse, in particolare, da Cass. 28 luglio 2015, n. 14767, e confermate, tra le altre, da Cass. 3 marzo 2017, n. 5401);
– a tale cornice biennale hanno fatto espresso riferimento, nel dettare il principio di diritto, le sezioni unite con la sentenza in precedenza richiamata, nella parte in cui hanno precisato, al punto 5.8., che essa identifica «il rilievo generale e interno» che governa l’esercizio del diritto di detrazione;
– non c’è, invece, necessità di procedere ad accertamento induttivo, in quanto l’Amministrazione non può pretendere la restituzione di somme per ragioni di pura forma senza addurre rilievi sulla loro effettiva spettanza;
– principio, questo, che è coerente con la giurisprudenza unionale, secondo cui «il principio fondamentale di neutralità dell’I.V.A. esige che la detrazione dell’imposta a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi» e che «l’amministrazione finanziaria, una volta che disponga delle informazioni necessarie per dimostrare che i requisiti sostanziali siano stati soddisfatti, non può imporre, riguardo al diritto del soggetto passivo di detrarre l’imposta, condizioni supplementari che possano produrre l’effetto di vanificare l’esercizio del diritto medesimi», in quanto «i requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, quali previsti all’art. 17 della sesta direttiva» (così, Corte Giust., 11 dicembre 2014, Idexx Laboratories Italia; più recentemente, Corte Giust., 15 novembre 2017, Rochus Geissel; Corte Giust., 15 settembre 2016, Senatex);
– pertanto, non essendo in contestazione l’esistenza del credito, la corte territoriale risulta aver fatto corretta applicazione dei richiamati principi di diritto;
– il ricorso, dunque, non può essere accolto;
– in considerazione dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale al momento della proposizione del ricorso, appare opportuno disporre l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti.
P.Q.M.
Respinge il ricorso; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
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