CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 giugno 2018, n. 15475

Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Notificazione – Reddito di partecipazione – Attività commerciale

Ritenuto che

L’Agenzia delle entrate ricorre, svolgendo tre motivi, per la cassazione della sentenza della CTR delle Marche, in epigrafe indicata, con cui viene accolto l’appello proposto da M.B. avverso la sentenza n. 109/3/09 della CTP di Pesaro che aveva dichiarato la legittimità dell’avviso di accertamento n. R9P015900591/2008 per IRPEF notificato dall’Ufficio, con il quale si contestava al predetto contribuente, nella qualità di “socio di fatto” del Circolo A.S.L. di Pesaro, con riferimento all’anno di imposta 2003, il reddito di partecipazione alla società di fatto esercitata, escludendo la qualifica di ente non commerciale, ai sensi dell’art. 111 bis del d.P.R. n. 917 del 1986, del predetto circolo M. B. si è costituito con controricorso.

Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 149 (già 111 bis) comma 1 del d.P.R. n. 917 del 1986, atteso che il giudice di appello avrebbe fondato la sua decisione sull’erroneo presupposto che il mancato rinvenimento di estranei nel locale del circolo in almeno una serata fosse elemento sufficiente per escludere la decadenza dalla qualità di “ente commerciale”.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando insufficiente motivazione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., atteso che la CTR, richiamando le valutazioni espresse con riferimento alla sentenza penale di assoluzione per il reato di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo, avrebbe apoditticamente escluso l’esercizio di attività commerciale da parte del Circolo, omettendo di valutare e persino di dare atto dei numerosi elementi istruttori indicati nel PVC, che se fossero stati presi in esame avrebbero imposto il rigetto dell’appello. Si lamenta, inoltre, che la CTR avrebbe omesso di illustrare il percorso logico attraverso il quale, sulla base di un unico accesso della Polizia Municipale in cui non era emersa la presenza di persone non tesserate, ha potuto escludere che il Circolo A.S.L. svolgesse una attività commerciale prevalente.

3. Il primo ed il secondo motivo vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione logica.

L’Ufficio, con le esposte censure, lamenta che i giudici di appello avrebbero omesso di valutare elementi di prova a sostegno della legittimità dell’atto impositivo, dal quale emergerebbe l’esistenza di una attività commerciale esercitata dal Circolo, rilevabile dal contenuto dei verbali della Polizia Municipale della Questura di Pesaro e dalla constatazione del libero accesso ai locali, nonché dalla possibilità di consumare bevande alcoliche o altro senza autorizzazione, ponendo in rilievo la circostanza che nei locali del Circolo era esercitato un bar, il che, quand’anche fosse stato riservato ai soli soci, avrebbe configurato attività comunque commerciale non rientrante nelle attività istituzionali.

3.1. Le doglianze sono fondate in ragione delle seguenti considerazioni.

Ai fini della possibilità di usufruire dei vantaggi fiscali per i circoli culturali, elemento dirimente è la qualificazione dell’attività di bar ristoro come attività commerciale o meno. In via generale, sono considerate effettuate nell’esercizio di impresa le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da associazioni che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, e per le altre associazioni sono invece considerate effettuate nell’esercizio di impresa le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati, ove rese verso il pagamento di un corrispettivo o di un specifico contributo supplementare; in via eccezionale, invece, è esclusa la qualificazione di prestazione fatta nell’esercizio di attività commerciale delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi a condizione che siano “effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali e sportive”. La possibilità di usufruire dell’agevolazione di cui all’art. 4 d.P.R. n. 633 del 1972 e 111 TUIR, anche a seguito della riforma introdotta dall’art. 4 l. 383 del 2000, deriva, infatti, dal concorso di due circostanze: a) dall’esclusione della qualificazione dell’attività svolta come attività commerciale, in ragione dell’affinità e strumentalità della stessa con i fini istituzionali (esclusione questa non ravvisabile nel caso di specie); b) dallo svolgimento dell’attività unicamente in favore dei soci.

Essendo questo il quadro di riferimento, è agevole dedurre che solo le prestazioni ed i servizi che realizzano le finalità istituzionali, senza specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi che non eccedano i costi di diretta imputazione, non vadano considerate come compiute nell’esercizio di attività commerciale e, quindi, come non imponibili, mentre ogni altra attività espletata dagli stessi soggetti deve ritenersi rientri nel regime impositivo (Cass. n. 19839/2005; Cass. 20073/2005; Cass. 2680/2004; Cass. n. 6340/2002; Cass. n. 3850/ 2000; n. 4964/2000).

3.2. Pertanto, l’attività di gestione di un bar ristoro da parte di un ente non lucrativo può essere qualificata come “non commerciale” , ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (art. 4 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) e di quella sui redditi (art. 111 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), nel testo vigente “ratione temporis” oggi trasfuso nell’art. 148 dello stesso d.P.R., soltanto se la suddetta attività sia strumentale rispetto ai fini istituzionali dell’ente e sia svolta solo in favore degli associati.

A tale riguardo, questa Corte ha chiarito, con indirizzo condiviso, che: “L’attività di bar con somministrazione di bevande verso pagamento di corrispettivi specifici, svolta da un circolo culturale, anche se effettuata ai propri associati, non rientra in alcun modo tra le finalità istituzionali del circolo e deve, dunque, ritenersi ai fini del trattamento tributario, attività di natura commerciale” (Cass. n. 15191 del 2006; Cass. n. 21406 del 2012).

3.3. Ciò premesso, la CTR non ha fatto buon governo dei principi espressi, tenuto conto che l’inclusione (o l’esclusione, come in effetti accertato) dei terzi tra i soggetti potenzialmente destinatari di attività di Bar nel predetto circolo non avrebbe comunque inciso sulla necessità che, ai fini di usufruire delle agevolazioni di cui agli artt. 4 d.P.R. n. 633 del 1972 e 111 TUIR, ne vengano integrati tutti quanti i requisiti, e cioè la natura non commerciale dell’attività svolta, e il perseguimento di finalità istituzionali, atteso che l’attività di bar con somministrazione di bevande (anche se solo ai soci) non rientra tra le finalità istituzionali del circolo e, quindi, ha natura di attività commerciale ai fini del trattamento tributario.

4. Con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando insufficiente motivazione avendo la CTR, con affermazione apodittiche, ritenuto non giustificata l’individuazione come responsabili da parte dell’Ufficio dei soli due soci G. e B., omettendo di considerare le risultanze processuali e degli elementi di prova acquisiti. In particolare, parte ricorrente si duole del fatto che non risulta l’esame della circostanza che lo G. era stato indicato negli atti difensivi di controparte quale ex presidente del Circolo, mentre nell’atto costitutivo ne risultava il presidente ed il B. socio fondatore. Inoltre, non era stata esaminata la sentenza del Tribunale di Pesaro n. 427 del 2007, con cui i due soci G. e B. erano stati condannati per l’imputazione così formulata: “contravvenzione prevista e punita dagli articoli 110 e 659 c.p. perché G. in qualità di presidente del Circolo S.L. e B. quale socio del medesimo, di fatto coogestore del locale, disturbavano, in concorso tra loro, il riposo delle persone”.

4.1. Il motivo è fondato. La CTR esclude l’individuazione come responsabile, da parte dell’Ufficio, del socio M.B., sulla base del rilievo che i firmatari dell’atto costitutivo del Circolo culturale ricreativo erano 103 soci “come da atto registrato presso l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Pesaro – in data 4.12.2003 al n. 4430 – serie 3”. L’accertamento in fatto compiuto dal giudice del merito non appare congruamente motivato, in ragione delle contestazioni espresse dalla difesa erariale, di cui si illustra il contenuto nella parte in fatto della sentenza impugnata, ma non si tiene conto, anche al solo fine di sostenerne l’irrilevanza, riducendone la significatività ai fini della decisione della lite, nella motivazione della decisione.

Invero, dalle illustrate argomentazioni non è dato comprendere l’iter logico giuridico seguito dalla CTR per giungere al proprio convincimento, non essendo neppure comprensibile come sia stato esercitato il potere di governo del materiale probatorio offerto dalle parti. Ne consegue che la sentenza impugnata, in parte qua, va cassata con rinvio alla CTR per il riesame, la quale, sulla base dei principi espressi, dovrà verificare e adeguatamente illustrare, tenendo conto delle prospettazioni difensive delle parti, nonché delle contestazioni argomentate negli atti di causa dalla difesa erariale, il ruolo assunto da M.B. individuato dall’Amministrazione finanziaria quale “amministratore di fatto” del circolo A.S.L..

5. In definitiva, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con riferimento alle dedotte censure, con rinvio, limitatamente al terzo motivo di ricorso, alla CTR delle Marche, in diversa composizione, per il riesame, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR delle Marche, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.