CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 giugno 2022, n. 18998
Rapporto di lavoro – Responsabile di hotel – Differenze retributive – Accertamento – Insussistenza
Rilevato che
Con sentenza in data 27 novembre 2020, la Corte d’appello Genova ha respinto l’appello proposto da R. A. nei confronti della Finanziaria Immobiliare E., F. s.r.l. in liquidazione, avverso la decisione del Tribunale di Imperia che aveva rigettato la domanda del ricorrente volta ad ottenere la condanna della società convenuta alla corresponsione in proprio favore della somma di euro 125.621,55 a titolo di differenze retributive per l’attività svolta in qualità di responsabile dell’I. Hotel di Sanremo;
in particolare, il giudice territoriale ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’attività lavorativa come descritta dal ricorrente alla luce dell’unica dichiarazione testimoniale assunta in giudizio, ritenuta contrastante con quanto dedotto in ricorso;
per la cassazione della pronuncia propone ricorso, assistito da memoria, R.A., affidandolo ad un unico motivo;
la società F. s.r.l. in liquidazione è rimasta intimata;
Considerato che
– con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 360 co. 1, n. 4, cod. proc. civ., motivazione apparente, assenza del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., nullità della sentenza;
l’unico motivo, oltre ad essere inammissibilmente formulato in modo promiscuo, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure denunciando violazioni di legge e vizi di motivazione senza che nell’ambito della parte argomentativa del mezzo di impugnazione risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità (v., in particolare, sul punto, Cass. n. 18715 del 2016; Cass. n. 17931 del 2013; Cass. n. 7394 del 2010; Cass. n. 20355 del 2008; Cass. n. 9470 del 2008), nella sostanza contesta l’accertamento operato dalla Corte territoriale in ordine alla ritenuta insussistenza di elementi probatori a conferma dello svolgimento dell’attività descritta nel ricorso introduttivo;
in particolare, la Corte ha richiamato quanto dedotto dallo stesso ricorrente circa la prova del preteso rapporto di lavoro subordinato, che si sarebbe evinta dalle dichiarazioni rese dal teste S. ex socio della F., unico teste;
il giudice di secondo grado, invero, ha evidenziato come il mentovato testimone, lungi dal confermare l’assunto, avesse dichiarato di non aver avuto alcun rapporto con il ricorrente benché egli all’epoca dei fatti fosse socio e coliquidatore della società;
orbene secondo la Corte, pur avendo il S. fatto riferimento alla circostanza secondo cui era di dominio pubblico che il R. “gestiva, nel senso che affittava, gli appartamenti di proprietà della F.”, la contraddittorietà delle dichiarazioni rese, il fatto che egli si riferisse a circostanze apprese da altri, non confermate da alcun altro testimone, l’assoluta genericità delle dichiarazioni rese, non consentivano in alcun modo di arguire i caratteri della subordinazione;
a fronte di tale motivazione, in ricorso, parte ricorrente deduce, del tutto genericamente, l’esistenza di alcune e-mail o altri documenti scritti da cui avrebbe potuto asseritamente evincersi la subordinazione, ma non ne riporta il contenuto né indica ove rinvenirli, non confrontandosi peraltro con la ratio decidendi;
– a conferma di tale approdo può rilevarsi che il ricorrente, in dispregio del disposto di cui all’art. 366 cod. proc. civ., non allega eventuali circostanze di fatto contrastanti con le conclusioni del giudice se non in modo del tutto generico;
– orbene, l’onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c., qualunque sia il tipo di errore (“in procedendo” o in iudicando”) per cui è proposto, non può essere assolto “per relationem” con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto, essendovi il preciso onere di indicare, in modo puntuale, gli atti processuali ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione e dovendo il ricorso medesimo contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata (fra le tante, Cass. n. 342 del 2021).
– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
– nulla per le spese attesa la mancata costituzione della parte intimata;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 — bis dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 —bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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