CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2018, n. 18657
Agevolazioni fiscali – Credito d’imposta – Attività di ricerca e sviluppo – Risorse disponibili
Ritenuto in fatto
La A.Z. SPA, ricorre, articolando tre motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara (hinc: CTR) indicata in epigrafe.
La sentenza impugnata, rigettando l’appello della contribuente, ha confermato la decisione della Commissione tributaria provinciale di Pescara ed ha dichiarato legittimo il provvedimento del Centro Operativo di Pescara (hinc: COP) dell’Agenzia delle entrate che, ai sensi dell’art. 29 d.l. n. 185 del 29 novembre 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009, aveva negato, per «esaurimento delle risorse finanziarie», il nulla-osta alla fruizione del credito d’imposta previsto dall’art. 1, commi 280 e seguenti, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, richiesto dalla contribuente, in relazione ai costi sostenuti per attività di ricerca e sviluppo avviata prima del 29/11/2008, nella misura di euro 232.790, per il 2008, e di euro 137.650,00, per il 2009.
La CTR ha disatteso le censure d’incostituzionalità mosse dalla contribuente all’art. 29 cit. che ha posto alcuni limiti alla concreta fruizione, da parte delle imprese, dei crediti d’imposta maturati per ricerca e sviluppo, ed ha ritenuto ragionevole la scelta del legislatore, volta a fronteggiare l’eccezionale situazione di crisi internazionale e a potenziare le misure fiscali e finanziarie occorrenti per garantire il rispetto degli obiettivi fissati dal programma di stabilità e di crescita; la sentenza impugnata evidenzia che il credito d’imposta già entrato nel patrimonio dell’impresa non è stato negato dall’art. 29 cit., ma è stato semplicemente differito nel tempo; infine, a giudizio della CTR, non è neppure viziata, sotto i diversi profili dedotti dalla contribuente, l’articolata procedura di ammissione delle imprese al beneficio fiscale basata sul criterio cronologico di ricezione delle domande telematiche.
Considerato in diritto
1. Primo motivo di ricorso: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 D.L. n. 185/08, conv. in Legge n. 2/09 (come integrato dall’art. 2, comma 236, della L. n. 191/09); dell’art. 1, commi 280-284, della Legge n. 296/06; degli artt. 1, 3 e 10, dello Statuto del contribuente (L. 212/2000); nonché dei principi vigenti in materia di irretroattività della legge, certezza del diritto, ragionevolezza e legittimo affidamento anche con riferimento alla disciplina comunitaria in materia di ricerca e sviluppo (art. 3, 9, 41, 117, Cost.; art. 163, Trattato CE; disciplina in materia di ricerca e sviluppo CE 2006/C 323/01, in G.U. dell’Unione Europea del 30.12.2006, C 323; decisione della Commissione C (2007) 6042 def.) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.».
La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, nel dichiarare legittimo il diniego di nulla-osta alla fruizione del credito d’imposta previsto dall’art. 1, commi 280 e seguenti, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, richiesto dalla società in relazione ai costi sostenuti per attività di ricerca e sviluppo avviata prima del 29/11/2008, ha violato lo stesso art. 29, dandone un’interpretazione contraria alla sua ratio, che era quella di garantire la “certezza delle strategie di investimento” e l’intangibilità dei “diritti quesiti” delle società che, anteriormente all’entrata in vigore della norma, avevano già pianificato la strategia d’investimento nel settore della ricerca e dello sviluppo, sostenendo rilevanti spese.
Addebita, inoltre, alla CTR di avere affermato contra legem che la fruizione del diritto era stata solo differita al momento dello stanziamento di nuove risorse, poiché procrastinare a tempo indeterminato il beneficio fiscale equivale a ridisegnare i presupposti della fattispecie sostanziale previsti dalla legge istitutiva (che configurava il diritto al rimborso del credito d’imposta come una diretta conseguenza del sostenimento della spesa).
Soggiunge, infine, che la prospettata interpretazione dell’art. 29 cit. (ossia il riconoscimento del pieno diritto al rimborso del credito d’imposta), disattesa dalla CTR, è l’unica conforme ai principi costituzionali e comunitari vigenti in materia di retroattività delle leggi, di tutela dell’affidamento e di certezza del diritto.
2. Secondo motivo: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, dello Statuto del contribuente (L. 212/2000), nonché dell’art. 3, comma 4, della L. n. 241/90; dell’art. 29, D.L. n. 185/08, conv. in Legge n. 2/09, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.».
La ricorrente si duole dell’illegittimità della sentenza impugnata laddove è stato ritenuto che il diniego di nulla-osta dell’Amministrazione finanziaria sia stato correttamente motivato.
Rileva, al riguardo, di avere dedotto nel giudizio di merito che il provvedimento di diniego non indicava se il nulla-osta era stato negato perché risultavano esaurite le risorse disponibili per il 2008, o perché erano già stati impegnati tutti i fondi stanziati dalla legge fino al 2011, e, ancora, non dava conto della graduatoria formata dall’Agenzia fiscale, con la menzione del giorno e dell’ora di ricezione delle diverse domande di prenotazione e dei soggetti ai quali il nulla-osta era stato accordato, per cui non era possibile alcun controllo circa la correttezza dell’operato dell’Amministrazione.
Espone che non è adeguatamente motivato un provvedimento che, incidendo pesantemente sulla posizione acquisita dall’interessato, neghi il nulla-osta limitandosi ad addurre l’«esaurimento delle risorse disponibili», senza nemmeno specificare quali siano quelle risorse, quante siano le domande pervenute prima di quella che viene respinta e quale sia la posizione in graduatoria dell’interessato, cui non vengono fornite indicazioni circa la possibilità di fruire in futuro del credito maturato.
3. Terzo motivo: «Questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, D.L. n. 185/08, convertito in L. 2/09 (come integrato dall’art. 2, comma 236, L. n. 191/09), con riferimento agli artt. 3, 9, 23, 41 e 117, Cost., e ai principi costituzionali in materia di ragionevolezza, di certezza del diritto, legittimo affidamento, legalità e determinatezza (e questione pregiudiziale comunitaria relativa alle medesime disposizioni, in relazione alla normativa comunitaria di seguito indicata)».
La ricorrente prospetta l’illegittimità costituzionale dell’art. 29 cit., nel caso in cui esso debba essere interpretato come una norma che introduce un vincolo al credito d’imposta (anche per gli enti commerciali che avevano avviato l’attività di ricerca e di sviluppo anteriormente alla data di entrata in vigore della stessa disposizione), assoggettandone la fruizione all’assenso dell’Amministrazione finanziaria, cui sarebbe consentito di negare il nullaosta in ragione della capienza degli stanziamenti disponibili e dell’ordine cronologico di arrivo, per via telematica, dell’apposito formulario redatto dalle imprese interessate al beneficio fiscale.
In tale caso, infatti, secondo la prospettazione difensiva della ricorrente, l’art. 29 cit. si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza, ragionevolezza, e di tutela del legittimo affidamento e della certezza delle situazioni giuridiche, nonché con quello del riconoscimento dell’importanza strategica dell’attività di ricerca e di sviluppo.
Rileva, infine, che l’introduzione, da parte dell’art. 29 cit., di vincoli alla fruizione del credito d’imposta contrasterebbe con il principio di effettività e di affidamento vigente nell’ordinamento comunitario, che impedisce che una successiva modifica della normativa nazionale possa privare un soggetto passivo del diritto ad una deduzione, acquisito sulla scorta di una precedente disposizione comunitaria (nella specie: l’art. 1, comma 284, della legge n. 296/2006 che subordinava l’efficacia dell’agevolazione introdotta dal legislatore nazionale all’autorizzazione della Commissione europea che, successivamente, era intervenuta).
4. Nella prospettiva, d’ordine sistematico, di un ordinato ed esaustivo scrutinio dei motivi di ricorso (cfr. § 5 e seguenti), è il caso di delineare il quadro normativo dei crediti d’imposta richiesti dalla contribuente, così sintetizzabile: a) l’art. 1, comma 280, legge n. 296/2006, successivamente abrogato, ma applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, riconosceva alle imprese, per le annualità 2007, 2008 e 2009, un credito d’imposta del 10% dei costi sostenuti per attività di ricerca e sviluppo; b) in epoca posteriore, l’art. 29 cit., per quanto adesso rileva, ha previsto un tetto massimo per tali crediti d’imposta (fissando i relativi stanziamenti nel bilancio dello Stato); c) si è reso così necessario individuare, per le attività di ricerca avviate anteriormente al 29/11/2008, una procedura di selezione delle imprese destinate a fruire del beneficio fiscale; d) si è, quindi, stabilito che, a decorrere dal 2009, per la fruizione del credito d’imposta, le imprese dovessero prenotarsi inoltrando (entro 30 giorni dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate di approvazione del formulario), in via telematica, un apposito formulario all’Agenzia delle entrate che avrebbe esaminato le domande secondo l’ordine cronologico di arrivo e avrebbe comunicato alle imprese un nulla-osta ai soli fini della copertura finanziaria; e) in data 21/04/2008, il direttore dell’Agenzia delle entrate ha stabilito che i formulari (per i progetti d’investimento in attività di ricerca e sviluppo già avviati alla data del 28/11/2008) dovessero essere presentati, a pena di decadenza dal contributo, dalle ore 10 del 6/05/2009 (c.d. click day), alle ore 24 del 5/06/2009; f) per i crediti d’imposta maturati negli anni 2007, 2008 e 2009, di cui non era stata autorizzata la fruizione da parte dell’Agenzia delle entrate, per esaurimento dei fondi disponibili, l’art. 2, comma 236, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha autorizzato un ulteriore stanziamento di euro 200 milioni, per ciascuno dei due anni 2010 e 2011 (importo ridotto, per il 2010, con un successivo intervento normativo), le cui modalità di utilizzo (definite dal decreto del ministro dell’economia e delle finanze del 4 marzo 2011) consistevano nella fruizione dei crediti nella misura massima del 20,37% dell’importo complessivamente richiesto per gli anni 2007, 2008 e 2009, a decorrere dalla data di pubblicazione del medesimo decreto, e dell’ulteriore 27,16% a decorrere dal 2011.
5. Così ricostruita la complessa trama normativa dei crediti d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, venendo, adesso, all’esame del thema decidendum, il primo e il terzo motivo, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati.
5.1. La CTR, sviluppando, in linea di massima, un accurato e coerente iter argomentativo, esente da vizi d’ordine logico-giuridico, senza incorrere in alcuna delle prospettate violazioni di principi, nazionali e comunitari, di valori fondamentali, di rango costituzionale, o di norme primarie, ha affermato, innanzitutto, la legittimità delle leggi ordinarie (anche quelle tributarie) retroattive, a condizione che esse: «trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si pongano in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, così da non incidere arbitrariamente sulle posizioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti» (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
5.2. La decisione, inoltre, ha correttamente escluso – con motivazione esaustiva, non censurabile sul piano giuridico – che la procedura introdotta dall’art. 29 cit., per la selezione delle imprese cui riconoscere i crediti d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo avviate prima del 29/11/2008, abbia leso il catalogo dei principi, nazionali e comunitari, e dei valori costituzionali richiamati dalla contribuente (principio di buona fede e affidamento, di libertà d’iniziativa economica, di tutela della concorrenza etc.); al riguardo, la pronuncia gravata ha sottolineato che il d.l. n. 185/2008 (c.d. «decreto anticrisi») perseguiva l’obiettivo di rendere prevedibili le entrate e le uscite dello Stato, per fare fronte alla grave crisi economica internazionale del 2008, che aveva investito anche l’Italia, ed era conforme al principio, sancito dall’art. 81 Cost., che preclude allo Stato di assumere nuovi o maggiori oneri senza la necessaria copertura.
Per di più, secondo la CTR, per effetto dei successivi interventi normativi (art. 2, comma 236, della legge n. 191/2009), la fruizione del credito d’imposta, da parte dei contribuenti esclusi dal beneficio fiscale, non è stata radicalmente negata, ma semplicemente differita nel tempo, agli esercizi successivi al 2011.
6. Le valutazioni del giudice d’appello sulla legittimità costituzionale dell’intero sistema di fruizione del beneficio fiscale hanno ricevuto un autorevole e dirimente riconoscimento – anche nella prospettiva dell’esclusione della fondatezza dei rilievi d’incostituzionalità formulati dalla contribuente nel presente giudizio – grazie a due recenti pronunce della Corte costituzionale (Corte cost., sent. n. 236 del 16/10/2014; Corte cost., sent. n. 149 del 27/06/2017) che hanno dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 29 cit., sollevate dai giudici a quibus, per violazione del principio, tutelato dall’art. 3 Cost., dell’affidamento del cittadino nella certezza delle situazioni giuridiche.
6.1. I giudici remittenti (cfr., in particolare, Cass., sez. sesta civile, ordinanza 23/02/2015, n. 3576) hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 cit., in relazione all’art. 3 Cost., formulando due rilievi critici, vale a dire: innanzitutto, che la norma, nell’introdurre un tetto massimo di stanziamento ed una procedura per la selezione dei crediti d’imposta, senza fare salvi i diritti e le aspettative delle imprese sorti in relazione ad attività di ricerca e di sviluppo avviate prima del 29/11/2008, avrebbe leso l’affidamento dei contribuenti che avevano intrapreso iniziative economiche confidando nella stabilità del quadro normativo vigente; in secondo luogo (ed anche in via subordinata), che la procedura d’ammissione al beneficio fiscale, prevista dallo stesso articolo, basata sul criterio cronologico della ricezione delle domande telematiche dei contribuenti, non irrazionale, sul piano astratto, perché espressione del principio di antica tradizione «prior in tempore potior in iure», riguardando una vasta platea di concorrenti e fondandosi sul momento di arrivo al destinatario di atti trasmessi in via telematica, condurrebbe a risultati casuali e scollegati dal merito delle ragioni di credito e dalla solerzia dei richiedenti, in tal modo ingenerando una disparità di trattamento tra i contribuenti, tutti titolari di crediti d’imposta.
6.2. La Consulta ha dissolto ogni ombra di dubbio sulla conformità della norma in questione all’asse valoriale della Carta, richiamando il proprio costante indirizzo, in base al quale il legittimo affidamento del cittadino nella certezza delle situazioni giuridiche (tutelato dall’art. 3 Cost.) non esclude la facoltà del legislatore di adottare disposizioni che modifichino diritti soggettivi perfetti, in senso sfavorevole ai titolari (come, nella specie, avviene per il diritto delle imprese al beneficio fiscale), a condizione che l’intervento normativo, retroattivo, che incide sull’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, abbia una «causa normativa adeguata» (come un interesse pubblico sopravvenuto; un’inderogabile esigenza) e sia rispettoso del principio di ragionevolezza, nel senso di proporzionalità; in altre parole, secondo la Corte: «il principio dell’affidamento è sottoposto al normale bilanciamento proprio di tutti i diritti e valori costituzionali…».
6.2.1. Tenendo presente questo insegnamento, è dato rilevare che la CTR, in forza di un’interpretazione restrittiva, ha ritenuto che il principio del legittimo affidamento vincoli solo la pubblica amministrazione e non anche il legislatore; il giudice delle leggi nazionale e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dal canto loro, invece, hanno riconosciuto che esso investe anche la funzione legislativa.
Si registra, quindi, una lieve imprecisione della sentenza impugnata che, però, non gioca alcun ruolo nella complessiva economia del giudizio in quanto sia la Corte costituzionale (come sopra accennato), che la Corte di Giustizia, in alcune pronunce, hanno ammesso che l’applicazione del principio di affidamento possa cedere il passo dinanzi ad interventi legislativi dettati da particolari situazioni e da determinate condizioni.
Più specificamente, con riferimento alle materie regolate da norme euro-unitarie, la Corte di Giustizia ha stabilito che il legittimo affidamento, quale principio fondamentale dell’ordinamento dell’Unione, non si traduce nell’aspettativa d’intangibilità di una normativa, specie in settori in cui è necessario, e di conseguenza ragionevolmente prevedibile, che le norme in vigore vengano continuamente adeguate alle variazioni della congiuntura economica (Corte Giust., sentenza del 23.11.1999 nella causa C-149/96).
Di conseguenza, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie (cfr. sentenza 15 luglio 1982, causa 245/81, Edeka, Race. 1982, pag. 2745, punto 27 della motivazione; sentenza 28 ottobre 1982, causa 52/81, Faust, Race. 1987, 3745, punto 27 della motivazione; sentenza 17 giugno 1987, cause riunite 424 e 425/85, Frico, Race. 1979, pag. 2755, punto 33 della motivazione), (Corte Giust., caso C-350/88).
6.3. A quanto fin qui osservato si aggiunga che la disposizione censurata, a giudizio della Corte cost., ha una «causa normativa adeguata» (che trova giustificazione nei principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, tutelati dagli artt. 2, 3, 81 Cost.), perché, per fronteggiare l’eccezionale crisi economica del 2008 e per rilanciare l’economia, ha introdotto un tetto massimo di stanziamento (nel bilancio dello Stato), in relazione al beneficio fiscale creato dalla legge n. 296/2006, che non lo contemplava; in quest’ottica, essa ha istituito, altresì, una procedura di selezione delle imprese da ammettere al beneficio fiscale per le attività di ricerca avviate prima del 29/11/2008.
D’altra parte, i contribuenti che, all’esito della selezione, si sono visti negare il riconoscimento del loro credito (c.d. «perdenti»), per effetto della legge n. 191/2009 (che ha previsto per essi un ulteriore finanziamento di 400 milioni di euro, poi ridotto dal d.l. n. 40/2010), hanno recuperato circa la metà dei loro crediti.
6.4. A giudizio della Corte costituzionale, la norma, esaminata al lume delle finalità e del contesto economico che ne segnano la genesi, non lede neppure i principi di ragionevolezza e proporzionalità, perché, a seguito dei successivi interventi legislativi, la posizione dei titolari dei crediti «perdenti», non ha subito un vulnus assoluto, in quanto gli ulteriori stanziamenti ad essi destinati hanno consentito la copertura di circa la metà (47,53%) dei loro crediti.
6.5. Quanto alla seconda censura sollevata dai giudici a quibus – quella relativa alla disparità di trattamento tra contribuenti, tutti egualmente titolari di crediti d’imposta, per effetto della procedura telematica di ammissione al beneficio o, per converso, di diniego del nulla-osta, la Corte cost. ha concluso per l’inammissibilità della questione perché: «un suo eventuale accoglimento […] determinerebbe un assetto normativo caratterizzato da iniquità e irragionevolezza, poiché coloro che sono risultati vincitori nella procedura telematica, non solo perderebbero il beneficio ottenuto, ma non potrebbero neanche concorrere alla distribuzione del successivo finanziamento previsto dall’art. 2, comma 236, della legge n. 91 del 2009, finanziamento che è riservato ai “perdenti”».
6.6. L’indirizzo ermeneutico espresso dalla Consulta in subiecta materia fornisce una robusta, convincente e decisiva prova di resistenza della conformità a diritto della pronuncia della CTR – nella parte in cui si nega che l’art. 29 cit. sia lesivo dei fondamentali valori della libertà d’iniziativa economica e della tutela della concorrenza – perché, chiarito che i crediti d’imposta originariamente riconosciuti andavano a coprire il 10% dei costi delle attività di ricerca (ovvero il 40% in caso di contratti con università ed enti pubblici di ricerca), esso pone in risalto un aspetto essenziale: che l’ablazione retroattiva nei confronti dei soggetti non ammessi al beneficio, in virtù della copertura di circa metà di quei crediti, garantita dai successivi interventi normativi (di cui si è appena detto), è stata solo del 5% circa dei costi sostenuti (20% per le attività convenzionate con università ed enti pubblici di ricerca), sicché il venire meno di tale posta non può avere avuto una decisiva incidenza negativa sui bilanci delle imprese.
7. Del pari infondato è il secondo motivo, in base al quale la CTR avrebbe ritenuto, contra legem, sufficientemente motivato il provvedimento di diniego del nulla-osta in quanto contenente, in maniera succinta, tutte le informazioni necessarie al contribuente per difendersi compiutamente.
8. Afferma la CTR che il COP, con provvedimento recante la data e l’ora di ricezione del formulario della società contribuente (poi risultata «perdente»), ha negato il nulla-osta alla fruizione del credito di imposta: «per esaurimento delle risorse finanziarie»; in tal modo la società è stata messa in grado di difendersi compiutamente, rispetto ad una procedura imparziale nella formulazione della graduatoria, in quanto gestita da un programma informatico, visto che l’indicazione del momento di ricezione della domanda ha permesso al richiedente il beneficio fiscale di controllare che non fossero state accolte istanze pervenute dopo la sua.
8.1. È necessaria la premessa, d’ordine giuridico, che questa Corte non deve stabilire se l’Amministrazione finanziaria abbia o meno adeguatamente motivato il diniego di nulla-osta – quale quaestio facti estranea allo specifico rilievo critico in esame, nonché inammissibile nel giudizio di legittimità -, ma deve esclusivamente verificare se la sentenza impugnata, nel ritenere sufficiente la motivazione del diniego di nulla-osta, si conformi al canone normativo secondo cui i provvedimenti dell’Amministrazione finanziaria debbono essere motivati.
8.2. Ciò precisato, osserva il Collegio che la CTR ha rispettato tale regula iuris allorché essa, in primo luogo, ha dato conto, in modo chiaro e convincente, dell’esauriente sviluppo motivazionale del provvedimento di diniego del nulla-osta, corredato della compiuta esposizione dei presupposti di fatto dell’atto amministrativo; in secondo luogo, ha rimarcato che la contribuente è stata posta nella condizione di contestare, anche per via giudiziaria, quel diniego, assertivamente lesivo di un diritto di credito già entrato nel suo patrimonio.
8.3. La censura non è fondata anche per un’altra ragione: il diniego del nulla-osta non è espressione dell’esercizio, da parte dell’Autorità erariale, di una potestà impositiva, ma è qualificabile come un atto vincolato, il cui contenuto – di riconoscimento o di esclusione del beneficio fiscale per il contribuente – dipende esclusivamente dall’esistenza o dal difetto della copertura finanziaria, sicché sull’Amministrazione non incombe l’obbligo di motivare compiutamente la propria decisione.
8.3.1. S’intende dare continuità alla giurisprudenza secondo cui: «Solo nei provvedimenti costituenti esercizio della potestà impositiva (o di quella di riscossione o sanzionatoria), invero, la motivazione dell’atto – come previsto da espresse disposizioni di legge (artt. 7 I. 212/00, 42 d.P.R. 600/73, 56 d.P.R. 633/72) – non può che essere esaustiva, essendo l’Amministrazione, parte attiva del rapporto in qualità di creditore, tenuta ad esplicitare le ragioni in fatto ed in diritto della pretesa azionata, anche in vista di una possibile impugnativa giurisdizionale dell’atto da parte del contribuente. E difatti – come dianzi detto – anche in sede giurisdizionale l’Ufficio assume il ruolo di attore in senso formale e sostanziale, ed è tenuto ad adempiere il relativo onere probatorio. […] Per converso, nel rapporto – a ruoli invertiti – che s’instaura tra Amministrazione e contribuente per effetto della domanda di rimborso da questi proposta, alla motivazione del provvedimento di rigetto non può attribuirsi siffatto carattere di esaustività, giacché in tale rapporto l’Ufficio assume il ruolo passivo di colui che “resiste” alla pretesa creditoria del contribuente, e non è – pertanto – gravato dall’onere di motivare compiutamente le proprie ragioni.» (Cass. 18/04/2014, n. 8998).
9. Ne consegue il rigetto del ricorso.
10. Per la complessità della controversia e per l’assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale, è congruo compensare, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 settembre 2020, n. 18657 - Non è configurabile il vizio di omesso esame di una questione o di un'eccezione di nullità, quando debba ritenersi che tali questioni od eccezioni siano state esaminate e decise - sia pure…
- INAIL - Comunicato 09 luglio 2022 - Affidamento di ricerche in collaborazione, di durata biennale, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di ricerca programmati dall'INAIL e al consolidamento della rete scientifica in attuazione del Piano di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 ottobre 2019, n. 27323 - In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l'iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n.…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 maggio 2021, n. 13916 - In assenza di norme specifiche che dispongano diversamente, l'indebito è ripetibile solo a partire dal momento in cui intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 36478 depositata il 29 dicembre 2023 - In materia tributaria, la decadenza dell'amministrazione finanziaria dall'esercizio di un potere nei confronti del contribuente, in quanto stabilita in favore e nell'interesse…
- Credito d'imposta per investimenti in ricerca e sviluppo di cui all'articolo 1, commi 198 e seguenti, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 - Ricerca commissionata da soggetti non residenti - Risposta 29 dicembre 2021, n. 874 dell'Agenzia delle Entrate
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- E’ escluso l’applicazione dell’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9759 deposi…
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…
- L’inerenza dei costi va intesa in termini qu
L’inerenza dei costi va intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità,…