CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2020, n. 14876
Tributi – IVA – Detrazione – Acquisti da cartiere – Operazioni soggettivamente inesistenti – Mancanza di dolo nelle operazioni commerciali
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 10/30/2012, depositata in data 21.2.2012 la Commissione tributaria regionale del Veneto rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di S. s.r.l avverso la sentenza n. 131/03/2010 della Commissione tributaria provinciale di Venezia che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso un avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della Guardia di Finanza, aveva contestato alla società, esercente la attività di commercio di autoveicoli, per l’anno 2004, una indebita detrazione di Iva in relazione ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti relative all’importazione intracomunitaria di autoveicoli per il tramite di società “cartiere” fittiziamente interposte all’effettivo cedente comunitario.
La CTR, per quanto di interesse, osservava che doveva ritenersi accertato lo stato soggettivo di ignoranza in merito alla frode nelle operazioni a monte, in presenza di puntuali dichiarazioni fiscali, della assoluta marginalità degli importi fatturati rispetto al complessivo fatturato della S. s.r.l. e della sentenza penale 13/10/2011 con la quale il Tribunale di Venezia aveva assolto perché il fatto non costituisce reato il legale rappresentante E.V. accertando la mancanza di dolo nelle operazioni commerciali.
Avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la contribuente. In data 3.7.2013 la società contribuente ha depositato sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 11/30/12 depositata lo stesso giorno di quella oggi impugnata, con attestazione di passaggio in giudicato in data 23.5.2013, avente ad oggetto analogo avviso di accertamento emesso per l’anno di imposta 2003.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 19 DPR 633/72 affermando che la circostanza che una ditta sia inesistente è sufficiente ad escludere la detrazione Iva a prescindere dall’entità delle operazioni, dalla prova del vantaggio economico del cessionario, dall’accertamento del reale venditore.
2. Con il secondo e terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 motivazione illogica e contraddittoria per avere la CTR da un canto ritenuto inesistente la ditta cedente V. e in altro passaggio motivazionale, averla ritenuta operativa per il fatto che aveva presentato dichiarazioni fiscali.
3. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di giudicato.
Ogni anno fiscale mantiene la propria autonomia rispetto agli altri e comporta la costituzione, tra contribuente e Fisco, di un rapporto giuridico distinto rispetto a quelli relativi agli anni precedenti e successivi. Ne consegue che, qualora le controversie relative a diverse annualità d’imposta, ancorché concernenti questioni in tutto o in parte analoghe, siano separatamente decise con più sentenze, ciascun giudizio mantiene la sua autonomia e la decisione ad esso relativa non è suscettibile di costituire cosa giudicata rispetto ai giudizi relativi alle altre annualità (Cass. 14125/2009 e 22197/2004). Nel processo tributario l’efficacia del giudicato trova, infatti, ostacolo nell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si sono verificati al di fuori dello stesso si giustifica in relazione agli elementi non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (Cass. 37/2019).
Questa Corte, alla luce della giurisprudenza comunitaria, ha statuito il seguente principio di diritto: “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. n. 9851 del 2018).
4. Le censure possono essere trattate congiuntamente.
Esse non sono fondate.
Nella sentenza la CTR ha affermato che non vi era la prova della conoscibilità, da parte di un normale operatore quale S. s.r.l. degli intenti fraudolenti delle cedenti, atteso che la cedente V. risultava essere effettivamente operante, tanto che aveva presentato puntuali dichiarazioni fiscali, mentre non era stata provata l’identità del venditore comunitario che, secondo la prospettazione dell’Ufficio, sarebbe il reale venditore a S. s.r.l.
La CTR ha escluso lo stato soggettivo di ignoranza della contribuente in merito alla frode in relazione alla circostanza che la cedente ditta V. fosse effettivamente operante in quanto aveva presentato puntuali dichiarazioni fiscali, per la assoluta marginalità degli importi fatturati rispetto al complessivo fatturato, nonché sulla base della sentenza penale con cui il Tribunale di Venezia aveva assolto il legale rappresentante della società perché il fatto non sussiste.
Nessuno dei motivi formulati è rivolto a censurare l’accertamento sulla consapevolezza della contribuente circa la sostanziale inesistenza del contraente, né sono stati evidenziati elementi diversi da quelli accertati dalla CTR, su cui fondare tale consapevolezza.
Il ricorso deve essere, conseguentemente, rigettato.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto e condanna I’ Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 2.200,00 oltre al rimborso forfettario spese generali e accessori di legge.
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