CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2021, n. 19865
Tributi – Imposta di registro – Riqualificazione dell’atto di cessione di quote societarie in cessione di azienda – Rettifica valore di cessione – Termine di decadenza triennale dalla registrazione dell’ultimo atto integrativo
Fatto
Con atto del 24/7/2008, registrato a tassa fissa il 25/7/2008, la M.I. s.r.l. cedeva alla C. s.r.l. (poi fusasi con I.F. s.r.l. assumendo la ragione sociale di I. s.r.l.) la propria partecipazione pari al 100% del capitale sociale di I.F. s.r.l. (ora I. s.r.l.).
La Direzione provinciale II di Milano dell’Agenzia delle Entrate riqualificava il conferimento di un ramo di azienda di M.I. s.r.l. in I. s.r.l. e la successiva cessione della partecipazione totalitaria della prima nel capitale della seconda a C. s.r.l. come cessione di azienda, richiedendo l’imposta di registro proporzionale sul valore dichiarato della cessione (come riqualificata).
Successivamente l’Ufficio notificava a M.I. s.r.l. e a I. s.r.l. un avviso di rettifica e liquidazione con il quale rettificava il valore di cessione dichiarato in atti e liquidava la maggiore imposta dovuta sul maggior valore accertato.
Le contribuenti impugnavano l’avviso di rettifica con distinti ricorsi, accolti dalla CTP di Milano che ha ritenuto l’Ufficio decaduto dal potere di accertare il maggior valore dell’azienda ceduta, essendo stato l’avviso di rettifica e di liquidazione notificato dopo il decorso di tre anni dalla registrazione dell’ultimo atto integrativo della fattispecie di cessione dell’azienda.
L’Ufficio ha proposto appello, deducendo che nel caso di specie non poteva trovare applicazione il termine di decadenza triennale dalla registrazione dell’atto, bensì il termine biennale di cui all’art. 76, comma 1 bis, del d.P.R. n. 131 del 1986, decorrente dal giorno del pagamento dell’imposta proporzionale o comunque dal giorno in cui l’Ufficio aveva proceduto a riqualificare i tre atti negoziali collegati in cessione di azienda, richiedendo il pagamento dell’imposta proporzionale non versata.
La CTR, riuniti i ricorsi, ha rigettato gli appelli con un’unica sentenza.
L’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, affidato ad un unico, complesso motivo.
Le contribuenti hanno depositato controricorso ed una memoria difensiva in vista dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
Diritto
1. Con l’unico motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 76 del d.P.R. n. 131 del 1986 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”, l’Agenzia delle Entrate ha dedotto che nel caso di specie verrebbe in rilievo l’imposta complementare sul maggior valore accertato, sicché andrebbe escluso il termine triennale di decadenza dalla registrazione dell’atto di cui all’art. 76 del d.P.R. n. 131 del 1986, che riguarda l’imposta principale, suppletiva o complementare ex art. 19 Tur.
Secondo l’Agenzia, nel caso di specie, al contrario di quanto affermato dalla CTR, dovrebbe trovare applicazione il termine di cui al comma 1 bis dell’art. 76 del d.P.R. n. 131 del 1986, che dispone che “l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggior imposta di cui all’art. 52 comma 1 deve essere notificato entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell’imposta proporzionale”. L’Ufficio argomenta la sua tesi citando un precedente di questa Corte, secondo cui “in tema di imposta di registro il termine di due anni dal pagamento dell’imposta proporzionale previsto a pena di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento di maggior valore decorre dal momento della registrazione dell’atto, anche se questo sia stato erroneamente registrato a tassa fissa, perché da tale momento l’amministrazione è resa edotta dell’atto medesimo e della dichiarazione di valore e può attivare il suo potere di verifica” (Cass., n. 5999/99; Cass., n. 11034/96).
Tuttavia, afferma l’Agenzia delle Entrate che nel caso di specie non sarebbe stato presentato alla registrazione un atto contenente tutti i dati necessari alla corretta tassazione, bensì una pluralità di atti distinti potenzialmente decettivi che solo a seguito di esame si sono rivelati quali atti collegati costituenti un unico negozio di cessione di azienda.
In altre parole, secondo l’Ufficio, il dies a quo del termine di decadenza del potere di accertamento del maggior valore del compendio oggetto del negozio giuridico in capo all’erario coinciderebbe con il momento in cui l’Amministrazione ha riqualificato gli atti posti in essere in un unico contratto di cessione di azienda, chiedendo alle contribuenti il pagamento dell’imposta proporzionale, in luogo di quella fissa precedentemente corrisposta.
2. Il motivo è infondato.
2.1 Conviene analizzare nella sua interezza l’art. 76 Tur, per poter cogliere la ratio del comma 1 bis invocato dall’ufficio.
2.1.1. Il termine di decadenza quinquennale, di cui al primo comma del richiamato articolo, si riferisce ai casi di inadempimento dell’obbligo di registrazione. E’ il termine di decadenza più lungo tra quelli previsti a carico dell’amministrazione nel corpo dell’art. 76 Tur, all’evidenza perché, nel caso in cui sì sottrae un atto alla registrazione, l’amministrazione deve godere di un arco temporale maggiore per recuperare l’imposta evasa.
Nel caso, invece, in cui sia stata chiesta la registrazione, ma l’imposta non sia stata pagata, il termine di decadenza dell’amministrazione dal potere di richiedere il pagamento dell’imposta è fissato in tre anni (comma 2 dell’art. 76 Tur).
E’ previsto, poi, un termine di decadenza minore, di due anni, riferito al potere dell’amministrazione di accertare che la base imponibile, sulla quale sia stata pagata l’imposta proporzionale, è, in realtà, maggiore (comma 1 bis dell’art. 76 Tur): questo termine è posto a vantaggio del contribuente, ed ha lo scopo di ridurre, rispetto all’ordinario termine di tre anni, l’arco temporale nel quale il contribuente è esposto al potere di verifica dell’amministrazione. L’interpretazione data dall’Ufficio odierno ricorrente, secondo la quale dall’avviso di liquidazione con cui l’amministrazione riqualifica gli atti posti in essere dal contribuente decorrerebbe un ulteriore biennio nel quale essa avrebbe il potere di accertare un valore maggiore (e dunque una maggiore imposta proporzionale) del diritto oggetto dell’atto soggetto a registrazione non solo è sfornito di una base positiva, in quanto sposta in avanti il termine di due anni che la legge ancora al “pagamento dell’imposta proporzionale”, nel caso di specie mai avvenuto, ma addirittura travisa la ratio del comma 1 bis dell’art. 76 Tur, trasformandolo da norma a tutela del contribuente in norma di favore per il fisco.
Ne deriva, allora, che il caso in cui il contribuente assolve l’imposta in misura fissa su atti che, secondo la riqualificazione operata dall’amministrazione, concretizzerebbero un atto (nella fattispecie, una cessione di azienda) soggetto ad imposta proporzionale, rientra nell’ambito applicativo del comma 2 dell’art. 76 Tur, dovendo tale caso essere equiparato a quello in cui, pur avendo richiesto la registrazione, il contribuente non abbia pagato l’imposta proporzionale; sicché l’amministrazione, nei tre anni a partire dalla registrazione dell’ultimo atto della serie negoziale posta in essere dal contribuente, avrebbe dovuto, a pena di decadenza, non solo riqualificare l’atto, ma anche rettificare la base imponibile dichiarata dal contribuente al fine di richiedere a lui la imposta proporzionale considerata dovuta.
2.1.2. Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.
3. Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore delle società contribuenti, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro settemilaottocento, oltre al rimborso delle spese generali, iva e cpa come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 25412 depositata il 29 agosto 2023 - In tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d'imposta, non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativo…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 32910 depositata l' 8 novembre 2022 - La sola enunciazione di un atto non registrato in un atto soggetto a registrazione è condizione sufficiente a legittimare la soggezione all'imposta di registro dell'atto enunciato e…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 27778 depositata il 2 ottobre 2023 - In tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d'imposta, non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativo…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 13839 depositata il 3 maggio 2022 - Nel caso in cui l'avviso di accertamento non sia stato correttamente notificato al legale rappresentante della società, tuttavia, il socio potrà fare valere le proprie ragioni nel…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37420 depositata il 21 dicembre 2022 - In tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani (TARSU) pur in caso di omissione della denuncia di cessazione di occupazione dell'immobile nell'anno in cui tale…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 settembre 2020, n. 19767 - In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sulla base degli artt. 62 e 64 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, i Comuni devono istituire una apposita tassa annuale su…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…