CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2022, n. 22115
Licenziamento – Grave inadempienza del dipendente – Mancata compilazione del disco orario obbligatorio e del cronotachigrafo – Lesione del vincolo fiduciario – Proporzionalità della sanzione espulsiva – Valutazione
Fatti di causa
La Corte di appello di Bologna con la sentenza n. 469/2019 aveva rigettato il reclamo proposto da L.C. avverso la decisione con cui il tribunale di Ferrara aveva dichiarato legittimo il licenziamento a lui intimato in data 3.5.2016 da C. spa (già CMV R.srl), a causa dell’incidente occorso in data 4.4.2016; in tale occasione l’autovettura di servizio guidata dal C., su cui era posizionata la gru retrocabina, andava a sbattere, a causa del mal posizionamento di quest’ultima, contro la trave del ponte situato sulla strada provinciale percorsa. La società datrice di lavoro valutava la grave inadempienza del dipendente, causativa dell’incidente, oltre che la mancata compilazione del disco orario obbligatorio e del cronotachigrafo, attestativo della velocità del mezzo, e quindi recedeva dal rapporto di lavoro senza preavviso. Per quel che in questa sede rileva, la corte territoriale riteneva legittimo il licenziamento, attesa la gravità della condotta fortemente lesiva del vincolo fiduciario, anche valutando proporzionata la sanzione espulsiva.
Il C. impugnava la decisione con unico motivo di doglianza cui resisteva con controricorso la società.
Ragioni della decisione
1)- Con unico motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli articoli 2016 e 2119 codice civile in relazione all’articolo 360 co.1 n. 3 c.p.c, con riferimento alla proporzionalità del licenziamento.
Parte ricorrente ha evidenziato come la Corte territoriale non abbia considerato in alcun modo l’eccezione sollevata con riguardo al diverso trattamento riservato ad altri dipendenti per inadempienze similari a quelle del ricorrente. In particolare il ricorrente richiama quei principi della Cassazione in virtù dei quali “seppur ai fini della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento sia irrilevante che un’analoga inadempienza commessa l’altro dipendente sia stata diversamente valutata dal datore di lavoro, qualora risulti accertato che l’inadempimento del lavoratore sia tale da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario, tuttavia l’identità delle situazioni può privare il provvedimento espulsivo della sua base giustificativa” (Cass. 14251/2015; Cass.n.5546/2010; Cass.n.10550/2013).
Il motivo così formulato sollecita una più attenta lettura dell’intero testo delle pronunce richiamate. Deve infatti essere posto in evidenza come nelle stesse sia anche chiarito che …”È condivisibile l’affermazione che non si possa porre a carico del datore di lavoro l’onere di fornire, per ciascun licenziamento, una motivazione del provvedimento adottato che sia comparata con le altre assunte in fattispecie analoghe (cft. Cass. n. 5546/2010) e tuttavia ove nel corso del giudizio non emergano quelle differenze che giustificano il diverso trattamento dei lavoratori correttamente può essere valorizzata dal giudice l’esistenza di soluzioni differenti per casi uguali al fine di valutare la proporzionalità della sanzione adottata” Il principio posto, letto nella sua interezza, evidenzia come la eventuale disparità di trattamento debba emergere nel corso del giudizio attraverso elementi a tal riguardo significativi e tali da non richiedere, nella esplicitazione delle ragioni del licenziamento, una contestuale ricognizione da parte del datore di lavoro diretta a giustificare la diversità di trattamenti adottati.
La possibile valorizzazione da parte del giudice di situazioni similari, al fine di una valutazione di irragionevole disparità, non può che trovare presupposto in allegazioni presenti nella causa, tali da consentire una indagine di fatto ed una possibile comparazione. Il profilo allegatorio e probatorio assume quindi valore essenziale al fine di consentire al giudice del merito il concreto apprezzamento di similarità di situazioni trattate, irragionevolmente, in maniera differente.
Venendo all’attuale motivo di censura e tenendo presenti i principi posti, se ne deve rilevare la genericità e carenza di specificazione; esso è sguarnito di quelle necessarie indicazioni che avrebbero dovuto essere allegate già nel giudizio di merito ( con l’indicazione del dove, ove, e quando erano entrate nel processo). La loro eventuale omessa valutazione, peraltro, avrebbe dovuto essere oggetto di un profilo di vizio differente rispetto a quello attualmente azionato ( violazione di legge), non coerente rispetto al contenuto della doglianza e soprattutto privo dei necessari elementi di valutazione ( sulla decisività del fatto storico omesso Cass. n.18368/2013; Cass. n. 17761/2016; Cass. n. 2268/2022; Cass.n. 22397/2019).
Il ricorso è pertanto inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 4.000,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
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