CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2022, n. 22148
Fondo di Garanzia Inps – Prestazione spettante – Ultime tre mensilità
Rilevato che
1. con sentenza del 14 settembre 2020, la Corte d’appello di Bari ha rigettato l’appello dell’Inps avverso la sentenza di primo grado, di rigetto della sua opposizione al decreto del Tribunale di Bari, con il quale N. S. gli aveva ingiunto il pagamento della somma di € 1.171,18 oltre accessori per la mensilità di dicembre 2009 e di tredicesima mensilità dell’anno 2009, a titolo di ultime tre mensilità ai sensi del d.lg. 80/1992;
2. il lavoratore era stato dipendente di G.L.S. s.r.l. in liquidazione dal 20 febbraio 2006 al dicembre 2009, quando, dopo un periodo in CIGS a zero ore per stato di crisi aziendale iniziato il 14 dicembre 2009, era stato licenziato dalla società, dichiarata fallita il 19 gennaio 2015; sicché egli era stato ammesso allo stato passivo del suo fallimento per il credito di € 13.980,81, comprensivo anche della suddetta somma;
3. la Corte territoriale ha ritenuto, come il Tribunale, la spettanza della tutela del Fondo di Garanzia richiesta dal lavoratore, riconosciutagli dall’Inps per il T.f.r. e le ultime tre mensilità senza la parte suindicata, sul rilievo della decorrenza degli ultimi dodici mesi anteriori la data di “inizio dell’esecuzione forzata” (nella interpretazione giurisprudenziale di legittimità e della CGUE di effettività della tutela) in quella di deposito del ricorso del lavoratore, ai sensi dell’art. 414 c.p.c. (27 dicembre 2010): e pertanto integrati i requisiti di attivazione del Fondo di Garanzia, rientrando in tale periodo la mensilità di dicembre 2009 e di tredicesima mensilità dell’anno 2009, né a ciò ostando la sospensione del rapporto per CIGS a zero ore, in base all’arresto di legittimità n. 15832 del 2009;
3. con atto notificato il 12 febbraio 2021, l’Inps ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo, cui il lavoratore ha resistito con controricorso;
4. entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380bis c.p.c.
Considerato che
1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1, primo comma, 2, primo comma, lett. a) e terzo comma d.lgs. 80/1992, per avere la Corte territoriale accertato il diritto del lavoratore, dipendente da un datore dichiarato fallito ed ammesso allo stato passivo della procedura, alla percezione dal Fondo di Garanzia gestito dall’Inps anche per il mese di dicembre 2009, invece non rientrante nel trimestre rilevante per essere stata l’attività lavorativa sospesa per CIGS dal 14 dicembre 2009 e la domanda giudiziale nei confronti del datore di lavoro per il pagamento degli emolumenti retributivi inadempiuti presentata solo il 27 dicembre 2010 (unico motivo);
2. esso è fondato;
3. in via di premessa, occorre ribadire la decorrenza dei dodici mesi precedenti, nei quali rientrante il trimestre rilevante ai fini della fruizione della prestazione del Fondo di Garanzia, non già dalla data di apertura della procedura concorsuale, ma (alla luce della sentenza della Corte di Giustizia UE 10 luglio 1997, nella causa C – 373/95) da quella di proposizione della domanda volta all’apertura della stessa, in riferimento a qualunque iniziativa giudiziaria promossa per ottenere la realizzazione del diritto di credito non dipendente da eventi sottratti alla disponibilità del lavoratore interessato, ovvero decorrenti dalla data di proposizione dell’atto d’iniziativa volto a far valere in giudizio il credito del lavoratore, fermo restando che tale garanzia non può essere concessa prima della decisione d’apertura della procedura concorsuale (Cass. 1 febbraio 2005, n. 1885; Cass. 26 ottobre 2007, n. 22621; Cass. 19 maggio 2008, n. 12634; Cass. 24 agosto 2018, n. 2166; Cass. 29 luglio 2020, n. 16249; Cass. 26 novembre 2021, n. 36942): nel caso di specie, dal 27 dicembre 2010, data di deposito del ricorso del lavoratore, ai sensi dell’art. 414 c.p.c.;
3.1. inoltre, per rientrare nella garanzia approntata dalla direttiva, gli ultimi tre mesi del rapporto devono essere tali da dare diritto alla retribuzione e, ove esso non sussista, i medesimi non possono esser presi in considerazione, mancando lo stesso presupposto a cui la disposizione comunitaria è preordinata; sicché, i periodi non lavorati che non danno luogo a diritti salariali (nella specie, per sospensione di fatto dell’attività aziendale) devono essere esclusi, ossia neutralizzati dalla nozione di “ultimi tre mesi del rapporto”, rientrando nella tutela della direttiva i tre mesi immediatamente precedenti nei quali invece vi era diritto alla retribuzione, ma questa non fu pagata (Cass. 1 settembre 2005, n. 17600; Cass. Cass. 30 aprile 2010, n. 10531); purché rientranti nei dodici mesi anteriori alla data della domanda diretta all’apertura della procedura concorsuale a carico del datore di lavoro (Cass. 8 novembre 2021, n. 32447, in motivazione sub p.to 15), in quanto requisito prescritto dall’art. 2, primo comma d.lgs. 80/1992, sia pure nell’ampia accezione detta;
4. al cospetto del richiamato insegnamento di questa Corte, assolutamente consolidato, il controricorrente richiede, con la memoria comunicata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., la rimessione alla CGUE, ai sensi dell’art. 234, terzo comma Tratt. CE, della questione di interpretazione dell’art. 4, n. 2, primo trattino, della Direttiva CE 80/987, rilevante ai fini della decisione del presente giudizio, al fine di dirimere i dubbi ermeneutici circa il significato della detta disposizione comunitaria con riferimento: a) alla effettiva operatività del meccanismo di neutralizzazione, ove le ultime tre mensilità – coincidenti con il trimestre a ridosso dello spirare del termine calcolato a ritroso a partire dallo stato di insolvenza del datore di lavoro – siano caratterizzate da una causa di sospensione del rapporto di lavoro senza diritto a retribuzione; b) alla legittima individuazione del periodo immediatamente precedente alla detta sospensione nel rispetto “dell’imprescindibile nesso” tra retribuzioni non pagate ed insolvenza del datore di lavoro;
4.1. la norma citata recita: “Quando si avvalgono della facoltà di cui al paragrafo 1” (ossia di limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia), “gli Stati membri devono: – nel caso di cui all’articolo 3, paragrafo 2, primo trattino” (ovvero: la data dell’insorgere dell’insolvenza del datore di lavoro), “assicurare il pagamento dei diritti non pagati relativi alla retribuzione degli ultimi tre mesi del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro nell’ambito di un periodo di sei mesi precedenti la data dell’insorgere dell’insolvenza del datore di lavoro”;
5. ai fini di una corretta interpretazione della norma della Direttiva, cui conformare l’applicazione del diritto interno (in particolare: l’art. 2 d.lgs. 80/1992) per una sua armonizzazione a quella, il lavoratore ha in particolare invocato la sentenza CGUE 15 maggio 2003 (causa C160/01), che ha constatato come la nozione di “rapporto di lavoro”, ai sensi degli artt. 3 e 4 della direttiva 80/987 sia nozione di diritto comunitario che richiede un’interpretazione uniforme in tutti gli Stati membri (p.to 39) e indicato l’esigenza di “interpretare la nozione di “rapporto di lavoro” di cui agli artt. 3 e 4 della direttiva 80/987 nel senso che da essa vanno esclusi periodi che, per loro stessa natura, non possono dare luogo a diritti salariali non pagati” dovendo, in particolare, essere “esclusi i periodi durante i quali il rapporto di lavoro è sospeso a causa di un congedo parentale per il fatto che non è dovuta alcuna retribuzione durante tali periodi” (p.to 44) e quindi affermato la correttezza di una tale interpretazione (p.to 52);
5.1. giova peraltro ricordare che, una tale interpretazione, con argomentato richiamo proprio della sentenza CGUE 15 maggio 2003 (in causa C-160/01), sia stata da tempo adottata da questa Corte (Cass. 1 settembre 2005, n. 17600, in motivazione sub p.to 3; Cass. 30 aprile 2010, n. 10531, in motivazione sub p.to III/b), proprio nel senso di escludere dalla nozione di rapporto di lavoro quei periodi nei quali il lavoratore non maturi il diritto alla retribuzione, in assenza di prestazione della propria attività (come accade in caso di CIGS a 0 ore, con sospensione totale di prestazione di attività lavorativa e di retribuzione), comportante un ampliamento della garanzia di copertura;
5.2. nell’irrilevanza poi della sentenza CGUE 25 novembre 2020, n. 799/19, pure invocata nella memoria finale del controricorrente (in quanto relativa alla precisazione del concetto di “insolvenza del datore di lavoro”, con richiamo degli artt. 2 e 3 della Direttiva 2008/94/CE, in riferimento alla non preclusa estensione da parte degli Stati membri della garanzia ad altre situazioni di insolvenza, come la cessazione di fatto dei pagamenti in forma permanente, stabilite mediante procedure diverse da quelle concorsuali, previste dal diritto nazionale), posto che, nel caso di specie, l’insolvenza è stata accertata con la dichiarazione di fallimento, è necessario anche sottolineare l’inesistenza di alcuna riduzione di garanzia sotto il profilo di effettività di tutela. E ciò proprio per la già segnalata (al superiore p.to 3.) decorrenza del periodo di dodici mesi anteriori alla data del provvedimento di apertura di una procedura concorsuale (art. 2, primo comma, lett. a, d.lgs. 80/1992) dalla data (non già di apertura della procedura concorsuale, ma) di proposizione della domanda volta all’apertura della stessa, in riferimento a qualunque iniziativa giudiziaria promossa per ottenere la realizzazione del diritto di credito;
6. si comprende allora come non si ponga alcuna questione interpretativa nel senso sollecitato, essendo da tempo consolidato l’indirizzo di legittimità nel senso di un ampliamento (attraverso la cd. “neutralizzazione” dei periodi di sospensione totale dell’attività di lavoro, senza diritto alla retribuzione) dell’arco temporale di dodici mesi di diritto alla retribuzione del lavoro prestato relativo al trimestre finale, rilevante ai sensi dell’art. 2 d.lgs. 80/1992; essendo, al tempo stesso, assicurata l’effettività della tutela appena ribadita;
6.1. ciò cui il lavoratore deve prestare attenzione è allora esclusivamente la data di proposizione della domanda diretta all’apertura della procedura concorsuale, nel senso suindicato (al p.to 3.), da cui necessariamente decorrono i dodici mesi anteriori (Cass. 8 novembre 2021, n. 32447, in motivazione sub p.to 15), in quanto requisito prescritto dall’art. 2, primo comma d.lgs. 80/1992, sia pure nell’ampia accezione suddetta;
7. nel caso di specie, il lavoratore ha depositato il ricorso, ai sensi dell’art. 414 c.p.c., il 27 dicembre 2010, sicché non ha diritto alla prestazione del Fondo di Garanzia per la parziale mensilità di dicembre né per il relativo rateo di tredicesima mensilità richiesti, in quanto precedenti l’anno anteriore di decorrenza (appunto dal 27 dicembre 2010), per l’avvio della sospensione in CIGS il 14 dicembre 2009;
5. pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese di giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese di giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.
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