CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2022, n. 22162
CCNL Trasporto aereo – Crediti da lavoro – Indennità di mancato preavviso di licenziamento – Ammissione allo stato passivo ex art. 2751bis n. 1 c.c. – Omessa integrazione del “Fondo Volo” – Esclusione
Rilevato che
1. con decreto 11 marzo 2019, il Tribunale di Civitavecchia ha ammesso C. M. in prededuzione in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751bis n. 1 c.c. allo stato passivo del Fallimento G. s.p.a. per i crediti di € 28.781,04 per indennità di mancato preavviso di licenziamento e di € 11.155,50 per integrazione del “Fondo Volo”: in accoglimento della sua opposizione allo stato passivo, dal quale essi erano stati invece esclusi;
2. per quanto in particolare possa ancora rilevare, il Tribunale ha ritenuto dovuta al lavoratore l’indennità di mancato preavviso, per la durata di otto mesi ai sensi dell’art. 34 del CCNL di categoria, avendo il curatore intimato il licenziamento per cessione dell’azienda, e quindi per causa a lui non imputabile, senza una sua rinuncia all’indennità con l’accordo sindacale del 29 dicembre 2014, riguardante i soli lavoratori collocati in mobilità entro il 31 dicembre 2014, né essendo stata provata la sua percezione dell’indennità di mobilità (peraltro non ostativa al riconoscimento dell’indennità di mancato preavviso);
3. infine, esso ha rilevato non avere la curatela nulla dedotto, benché a ciò tenuta, sulla lamentata mancata integrazione del “Fondo Volo”, dovuta per i giorni di collocazione, successiva al fallimento, del lavoratore in CIGS, siccome continuazione reale (e non fittizia) del rapporto di lavoro fino al suo termine;
4. con atto notificato il 10 aprile 2019, la curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, cui il lavoratore ha resistito con controricorso;
5. entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c.
Considerato che
1. il fallimento ricorrente deduce contraddittoria motivazione, per avere il Tribunale ritenuto la mancata prova di percezione dal lavoratore di un’indennità di mobilità, nonostante la specifica deduzione di prova orale sulla circostanza da parte della curatela fallimentare nella sua memoria di costituzione e violazione degli artt. 111, 24, 3, secondo comma Cost., 2697 c.c., 115, 116 c.p.c., per non avere esso acquisito presso i competenti uffici dell’Inps, sulla specifica sollecitazione del lavoratore e nell’esercizio dei suoi poteri officiosi, la documentazione attestante gli emolumenti ricevuti dal predetto per tale indennità (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 2118 c.c., 34, undicesimo e quindicesimo comma CCNL del Trasporto Aereo, 7 l. 223/1991, 77 r.d.l. 1827/1935, per la non cumulabilità, da parte del lavoratore licenziato, del diritto all’indennità di mobilità che gli sia stata riconosciuta con l’indennità di mancato preavviso, avendo i due istituti la stessa ratio di sostegno del lavoratore nel tempo di ricerca di una nuova occupazione, in riferimento allo stesso periodo temporale di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, data di insorgenza del suo diritto di attivazione per la percezione dell’indennità di mobilità, coincidente con quello di maturazione dell’indennità di mancato preavviso, qualora esso non sia stato lavorato (secondo motivo);
2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;
3. in via di premessa, paiono irrilevanti i vizi per i quali il Fallimento denuncia il mancato accertamento, da parte del Tribunale, in ordine all’avvenuta percezione o meno dell’indennità di mobilità dal lavoratore; posto che, in ogni caso, a lui spetta l’indennità di mancato preavviso, variando soltanto il termine di decorrenza dell’indennità di mobilità, a seconda del pagamento o meno dal datore di lavoro della prima;
4. secondo insegnamento consolidato di questa Corte, infatti, in tema di indennità di mobilità, l’art. 7, dodicesimo comma l. 223/1991 rinvia alla normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e quindi all’art. 73 r.d.l. 1827/1935, conv. nella l. 1155/1936, che differisce la decorrenza dell’indennità di disoccupazione alla fine del periodo di preavviso solo se l’indennità sostitutiva del preavviso sia stata “pagata” dal datore; con la conseguenza che l’istituto previdenziale non è esonerato dall’erogazione dell’indennità di mobilità per il periodo coperto dall’indennità di mancato preavviso, qualora non sia provato che quest’ultima sia stata effettivamente corrisposta (Cass. 9 marzo 2012, n. 3836; Cass. 28 dicembre 2012, n. 24159, con affermazione del principio ai sensi dell’art. 360bis n. 1 c.p.c.; Cass. 21 giugno 2021, n. 17606, in più specifico riferimento alla rilevanza in ambito previdenziale del periodo di preavviso non lavorato, per il quale sia stata corrisposta l’indennità sostitutiva, nonostante la sua natura obbligatoria e la cessazione immediata del rapporto lavorativo e al suo computo ai fini del raggiungimento del requisito dei due anni d’iscrizione nell’AGO contro la disoccupazione involontaria, per la corresponsione dell’indennità ordinaria di disoccupazione);
5. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1ter l. 291/2004, di conversione del d.l. 249/2004, per averlo il Tribunale erroneamente riconosciuto tenuto al pagamento del “Fondo Volo”, quale trattamento integrativo CIGS, essendo invece a ciò obbligato lo specifico Fondo istituito per legge presso l’Inps, alimentato da un contributo sulle retribuzioni a carico dei datori di lavori di tutto il settore del Trasporto aereo e dai contributi del sistema aeroportuale concordati direttamente tra gli operatori stessi (terzo motivo);
6. esso è fondato;
7. giova premettere che il “Fondo Volo” è stato istituito presso l’Inps, a norma dell’art. 1ter l. 291/2004, in particolare per l’erogazione, ai sensi del primo comma, lett. b), di specifici trattamenti in favore dei lavoratori interessati da sospensioni temporanee dell’attività lavorativa o da processi di mobilità, essendo alimentato da un contributo sulle retribuzioni a carico dei datori di lavori di tutto il settore del Trasporto aereo e dai contributi del sistema aeroportuale concordati direttamente tra gli operatori stessi (secondo comma); che esso opera attraverso l’erogazione delle prestazioni, secondo i criteri e le modalità di gestione definiti dagli operatori del settore con le organizzazioni sindacali nazionali e di categoria comparativamente più rappresentative, nei limiti delle risorse (terzo comma), derivanti dai contributi suindicati;
7.1. si comprende come il detto Fondo (speciale per il sostegno del reddito e dell’occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo) istituito presso l’Inps, dotato dell’autonomia propria riconosciutagli dalla norma di legge citata e dal Regolamento approvato il 20 novembre 2006, sia il soggetto tenuto alle prestazioni in favore dei lavoratori nelle condizioni summenzionate e nei limiti delle disponibilità economiche, con la doverosa selezione, qualora esse non risultino sufficienti per il soddisfacimento di tutte le istanze nell’ambito dello stesso gruppo, della loro erogazione nel rispetto dell’ordine di priorità indicato (lettera F), n. 1, lett. c, del Regolamento citato); sicché, ad esse non si applica il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali (ossia di loro erogazione anche in assenza di adempimento datoriale dell’obbligo contributivo: art. 2116 c.c.), come invece avveniva in riferimento al Fondo di previdenza del personale di volo, dipendente da aziende di navigazione aerea, regolato dalla legge 859/1965 (Cass. 4 dicembre 2002, n. 17223; Cass. 16 settembre 2003, n. 13648): per il personale di volo indicato nel suo articolo 4 era infatti stabilita l’iscrizione obbligatoria ad esso e richiamata espressamente dal suo articolo 52 l’applicabilità delle disposizioni vigenti per l’Assicurazione Generale Obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, in considerazione dell’operatività del principio stabilito dall’art. 2116 c.c., con riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale derogabile soltanto nei casi previsti espressamente dal legislatore (Cass. 2 febbraio 2002, n. 1460; Cass. 14 giugno 2007, n. 13874; Cass. 1 dicembre 2020, n. 27427);
8. per le ragioni suesposte, non può pertanto il credito, per integrazione del “Fondo Volo”, insinuato dal lavoratore allo stato passivo del fallimento, esservi ammesso: non si tratta, infatti, di un credito retributivo nei confronti della società datrice, bensì di somme integrative rispetto al trattamento di cassa integrazione, al cui pagamento è tenuto il Fondo gestito dall’Inps; come correttamente ha ritenuto il Giudice delegato del Fallimento, che ha escluso il credito, per essere “evidente che la corresponsione dell’importo non è a carico del datore di lavoro bensì dell’ente di previdenza. … La trattenuta in busta paga … della somma per poter consentire all’azienda di richiedere … il trattamento integrativo … non legittima il ricorrente a richiedere il riconoscimento … direttamente al datore di lavoro” (come da trascrizione al primo capoverso di pg. 5 del ricorso);
8.1. l’assunto trova, infine, ulteriore conferma dal pagamento del credito per integrazione del “Fondo Volo”, infondatamente preteso dal lavoratore nei confronti del Fallimento G. s.p.a., da parte dell’Inps, di cui ha dato atto lo stesso Fallimento, nella sua memoria comunicata ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c.: non venendone certo meno l’interesse in senso giuridico (e non di mero fatto), rilevante ai sensi dell’art. 100 c.p.c., ad una pronuncia sul motivo, come ha replicato il lavoratore, a propria volta nella sua memoria comunicata ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c.;
9. pertanto il terzo motivo di ricorso deve essere accolto, con il rigetto dei primi due; la cassazione del decreto impugnato, in relazione al motivo accolto e la decisione nel merito, di rigetto della domanda di insinuazione della lavoratrice allo stato passivo del Fallimento G. s.p.a. per il credito a titolo di integrazione “Fondo Volo” e regolazione delle spese del giudizio davanti al Tribunale e in sede di legittimità secondo il regime di soccombenza, prevalente a carico del Fallimento, in misura della metà a suo carico e compensazione tra le parti della residua metà.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due; cassa il decreto impugnato, in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di insinuazione del lavoratore relativa al credito per integrazione del “Fondo Volo”. Condanna il Fallimento alla rifusione, in favore del lavoratore, delle spese del giudizio in misura della metà, che liquida: per il giudizio davanti al Tribunale in € 50,00 per esborsi e € 1.250,00 per compensi professionali (così ridotto alla metà l’importo complessivo di € 100,00 e € 2.500,00); per il giudizio di legittimità in € 100,00 per esborsi e € 1.800,00 per compensi professionali (così ridotto alla metà l’importo complessivo di € 200,00 e € 3.600,00); tutto oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Dichiara la residua metà compensata tra le parti.