CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 maggio 2021, n. 12848
Tributi – Accertamento – Contestazione di gestione antieconomica dell’attività – Rideterminazione induttiva del reddito – Onere di prova contraria a carico del contribuente
Rilevato che
1. Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, R.M. impugnava gli avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate in relazione ad IRPEF, IRAP ed IVA per gli anni 2005 e 2006, la quale aveva accertato maggiori ricavi pari ad € 26.530,00 per il 2005 e ad € 36.970,00 per il 2006, con conseguente applicazione di maggiori imposte e addizionali.
2. La Commissione tributaria provinciale, in parziale accoglimento del ricorso, rideterminava i maggiori ricavi in € 10.003,00 per l’anno 2005 e in € 17.518,00 per l’anno 2006.
3. Avverso tale decisione l’Ufficio proponeva appello, contestando la tempestività del ricorso e sostenendo la legittimità dei propri accertamenti, non avendo la contribuente fornito alcun elemento idoneo a chiarire il proprio comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia.
4. L’appello veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, con sentenza n. 314/12/13, pronunciata il 29.4.2013 e depositata il 5.6.2013; decisione avverso cui l’agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.
5. La contribuente, ritualmente intimata, non ha opposto alcuna difesa.
6. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza camerale dell’8 febbraio 2021, ai sensi degli artt. 375, ult. comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.
Considerato che
1. Con il primo motivo l’agenzia ricorrente deduce violazione dell’art. 62 del d.lgs. n. 546/92, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., assumendo che la C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto tempestivo il ricorso di primo grado, benché depositato oltre il termine di 60 giorni previsto per l’impugnazione degli avvisi di accertamento; termine prorogato nella specie per il periodo di sospensione feriale e di ulteriori 90 giorni per la sospensione dell’accertamento con adesione avviato il 18/10/2009.
1.1. Il motivo non è suscettibile di accoglimento.
1.2. A norma dell’art. 21 d.lgs. n. 546/1992, il ricorso andava proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato; termine che (già prorogato di 46 giorni per la sospensione di termini feriali), in presenza di istanza di accertamento con adesione per l’impugnazione giurisdizionale era ulteriormente sospeso, ai sensi dell’art. 6, comma 3 del d.lgs. n. 218/1997, per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza da parte della contribuente.
1.3. Nel caso di specie la C.T.R. ha ritenuto di disattendere l’eccezione dell’ufficio appellante che non aveva fornito alcuna prova della asserita tardività; invero spettava all’agenzia, anche in ossequio al cd. principio di vicinanza della prova, fornire la prova della fondatezza della propria eccezione, producendo la copia degli avvisi di ricevimento delle raccomandate cui aveva fatto riferimento, talché il ricorso si sottrae alla sanzione di inammissibilità (v. in generale sul ricorso per cassazione, Cass. Sez. 5, 08/03/2019, n. 6864).
2. Con il secondo motivo l’Agenzia deduce violazione degli artt. 32 e 39 del d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc., civ., assumendo che a fronte di dichiarazioni che per gli anni d’imposta 2005 e 2006, palesavano “un comportamento contrario ai canoni dell’economia non giustificato da elementi particolari che abbiano concorso alla formazione del volume di affari e/o del reddito” rendendo “inattendibile la contabilità”, correttamente l’Ufficio aveva “determinato l’ammontare degli imponibili sottratti a tassazione, applicando alle merci cedute la percentuale di ricarico media del settore, pari al 45%, individuata in aziende operanti nel medesimo settore e insistenti nel medesimo territorio”.
2.1. Detto motivo è fondato.
2.2. Questa Corte, con orientamento consolidato al quale si intende dare continuità (cfr. Cass., Sez. 5, 22/01/2021, n. 1282; Cass., Sez. 5, 05/06/2020, n. 10728; nonché Sez. 6, 17/10/2018, n. 26086), ha ritenuto che l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente medesimo, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e di dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni. Questa Corte aveva altresì precisato (Cass. Sez. 5, 25/10/2017, n. 25257) che nel giudizio tributario, una volta contestata dall’Erario l’antieconomicità di una gestione posta in essere dal contribuente che sia imprenditore commerciale, perché basata su contabilità complessivamente inattendibile, in quanto contrastante con i criteri di ragionevolezza, il giudice tributario non può limitarsi a constatare la regolarità della documentazione cartacea, essendo consentito al fisco dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere minori costi, utilizzando presunzioni semplici e obiettivi parametri di riferimento, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente, che deve dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate a fronte della contestata antieconomicità.
2.3. Nel caso in esame, la C.T.R. non ha fatto buongoverno del regime probatorio applicabile alla fattispecie de qua, discostandosi dall’anzidetto principio di diritto e ritenendo erroneamente che l’Ufficio dovesse fornire altri elementi a sostegno dell’accertamento induttivo del reddito di impresa, mentre era a carico della contribuente l’onere di fornire la prova contraria, dimostrando l’effettiva sussistenza delle perdite dichiarate ed indicando i fattori causali che l’avevano determinata (cfr. Cass., Sez. 5, 22/01/2021, n. 1282).
3. Ciò posto, rigettato il primo motivo di ricorso e accolto il secondo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio degli atti alla C.T.R. che l’ha emessa la quale, in diversa composizione, dovrà provvedere al riesame della controversia ed alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia gli atti alla Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, cui demanda la liquidazione delle spese del presente giudizio.