CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 marzo 2019, n. 7107
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Riscossione – Definizione agevolata – PVC – Contenzioso tributario
Rilevato che
Con sentenza n. 215/03/2011, depositata il 16 dicembre 2011, non notificata, la CTR dell’Umbria rigettò l’appello proposto dal sig. M.F. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Perugia, che aveva rigettato gli originari ricorsi del contribuente, separatamente proposti e di seguito riuniti, avverso avvisi di accertamento per IRPEF per gli anni 2004, 2005 e 2006.
La controversia aveva avuto origine dal rinvenimento da parte della Guardia di Finanza, in sede di verifica presso la C.S. Centro Siderurgico S.r.l., società facente del gruppo F.R. S.r.l., di un personal computer riconducibile al sig. R.R., amministratore unico e socio, con il sig. F., della suddetta F.R. S.r.l., computer nel quale erano rinvenuti numerosi files ai quali i verbalizzanti e quindi l’Amministrazione finanziaria avevano attribuito valenza di contabilità in nero relativa a cessione di merce in evasione d’imposta.
Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 della I. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto utilizzabile ai fini di prova il processo verbale di constatazione redatto dai verbalizzanti sebbene non vi fossero esplicitate le ragioni che giustificavano l’acceso presso società facente del gruppo F.R. S.r.l.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della I. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., laddove la decisione impugnata ha ritenuto infondato il motivo, riproposto in sede d’appello, col quale il contribuente aveva dedotto l’illegittimità degli avvisi di accertamento impugnati per difetto di allegazione agli stessi del processo verbale di constatazione.
3. Con il terzo motivo il contribuente denuncia insufficienza ed illogicità della motivazione in relazione al fatto controverso e decisivo del giudizio sotteso agli artt. 39 del d.P.R. n. 600/1973 e 2727 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nella sua formulazione applicabile ratione temporis, laddove la sentenza impugnata ha affermato che «la completezza della contabilità parallela “in nero” e la compatibilità con i dati risultanti dalla contabilità ufficiale, rendevano superfluo procedere ad ulteriori indagini integrando già di per sé sola indizio grave ed univoco di maggiori ricavi».
4. Infine, con il quarto motivo, il ricorrente lamenta omessa, insufficiente, illogica motivazione in relazione al fatto controverso e decisivo per il giudizio inerente al mancato riconoscimento dei costi presuntivamente sostenuti in ordine alla produzione dei maggiori ricavi accertati.
5. Preliminarmente va dato atto che il ricorrente ha depositato in data 30 novembre 2018 istanza di rinuncia al ricorso, avendo richiesto, ai sensi dell’art. 6 del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, come convertito, con modificazioni, dalla I. 1 dicembre 2016, n. 225, la definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione, riferiti agli avvisi di accertamento oggetto degli originari ricorsi da parte del contribuente nel presente giudizio, rendendo contestualmente la dichiarazione d’impegno a rinunciare ai giudizi pendenti, ed avendo dato atto, nell’istanza di rinuncia, di avere nel contempo versato le prime due rate determinate in virtù della concessa definizione agevolata.
5.1. Stante la regolare notifica della rinuncia alla difesa erariale, che nulla ha osservato, deve dunque dichiararsi, ex art. 391 cod. proc. civ., estinto il presente giudizio, nel quale il contribuente è ricorrente (cfr., più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 3 ottobre 2018, n. 24083), con compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio di legittimità, non trovando applicazione nella fattispecie in esame la regola generale di cui all’art. 391, comma 2, cod. proc. civ., poiché la condanna alle spese del contribuente contrasterebbe con la ratio della definizione agevolata (cfr. Cass. sez. 5, 27 aprile 2018, n. 10198; Cass. sez. lav. ord. 7 novembre 2018, n. 28311).
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione del giudizio e compensa le spese di lite tra le parti.
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