CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 marzo 2019, n. 7139

Tributi locali – ICI – Accertamento – Terreni edificabili – Attività agricolo-silvo-pastorale

Rilevato che

1. M. B. C. impugnava l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Bibbona per la maggiore imposta lci per l’anno 2007 dovuta in relazione ad un terreno edificabile di sua proprietà. La commissione tributaria provinciale di Livorno accoglieva parzialmente il ricorso riducendo l’imposta dovuta nella misura del 50% in considerazione del fatto che per il terreno di cui si tratta non era stato ancora approvato il piano attuativo di iniziativa privata.

Proposto appello da parte del Comune di Bibbona ed appello incidentale da parte della contribuente, la CTR della Toscana, sezione staccata di Livorno, respingeva l’appello principale, accoglieva l’appello incidentale ed annullava l’atto impositivo sul rilievo assorbente che l’articolo 2, comma 1, lett. b, del d. lgs. 504/92 prevede che sono considerati non fabbricabili i terreni che sono posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che vi esercitano attività agricolo-silvo-pastorale. Il comune di Bibbona aveva stabilito con proprio regolamento un ulteriore requisito per usufruire del beneficio, ovvero quello secondo cui dal lavoro dedicato all’attività agricola doveva derivare il reddito pari all’80% del reddito complessivo imponibile Irpef. Nel caso di specie occorreva avere riguardo non tanto al reddito realizzato ma alla quantità di lavoro dedicato all’agricoltura. La contribuente che, pur traendo consistenti redditi da alcune società partecipate, non aveva in esse alcuna funzione operativa e si limitava a godere delle quote del reddito realizzato, aveva dedicato tutta la sua attività lavorativa interamente ed esclusivamente alla coltivazione del fondo sicché poteva beneficiare dell’esenzione, ancorché dal lavoro in agricoltura traesse meno dell’80% del suo reddito complessivo.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il Comune di Bibbona affidato a tre motivi. La contribuente si è costituita con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Considerato che

1. Con il primo motivo il ricorrente principale deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 2, comma 1, lett. b del decreto legislativo 504/92, all’articolo 59, comma 1, lett.a, del decreto legislativo 446/97 nonché all’articolo 2, comma 2, del regolamento per l’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili del Comune di Bibbona, approvato con deliberazione del consiglio comunale numero 96 del 18 dicembre 1998. Sostiene che l’articolo 2 del citato regolamento comunale prevedeva quale ulteriore condizione, affinché i terreni, pur dichiarati edificabili, fossero considerati non fabbricabili, che il lavoro effettivamente dedicato all’attività agricola da parte del soggetto passivo e dei componenti il nucleo familiare dovesse fornire un reddito pari all’80% di quello complessivo imponibile Irpef determinato per l’anno precedente. La CTR, nel ritenere che l’elemento fondamentale fosse la quantità di lavoro effettivamente dedicata all’agricoltura rispetto alle altre attività lavorative svolte e non già l’entità del reddito ritratto, aveva violato la norma regolamentare che risultava fedele alla ratio e alla lettera dell’articolo 2, comma 1, lett. b, del decreto legislativo 504/92 in quanto: a) incentivando lo svolgimento dell’attività agricola da parte dei coltivatori diretti, era conforme all’articolo 59 del decreto legislativo 446/97 d. lgs. 504/92; b) introduceva legittimamente un’ulteriore condizione ai fini dell’applicazione del beneficio, giusta la norma di cui all’articolo 59 del decreto legislativo 446/97; c) era ragionevole in quanto aveva circoscritto l’agevolazione ai soggetti che, ritraendo il maggior mezzo di sostentamento dall’attività agricola, erano stati ritenuti più meritevoli di godere del beneficio stesso.

2. Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo. Sostiene che nella parte motivazionale della sentenza la CTR ha affermato che la CTP aveva disposto la riduzione dell’imposta lei con una decisione del tutto carente sotto il profilo motivazionale ma nel dispositivo ha respinto l’appello, contraddicendo quanto affermato nella motivazione.

3. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in quanto la contribuente, con il ricorso introduttivo di primo grado, non si era doluta del valore attribuito all’area edificabile e la commissione tributaria provinciale di Livorno, nel ridurre il valore stesso, aveva giudicato ultra petita, posto che l’oggetto della domanda era circoscritto al solo accertamento negativo della qualifica di edificabilità attribuita ai terreni. Ne consegue che la CTR, con il rigetto del motivo svolto sul punto, ha illegittimamente confermato la decisione assunta in primo grado su questione che non era stata fatta oggetto di doglianza.

4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la contribuente deduce omessa e/o insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., circa la determinazione dell’imposta dovuta. Sostiene che ha errato la CTR nell’affermare che i primi giudici, nel ridurre il 50% di imposta, avevano emesso una decisione del tutto carente nel merito.

5. In ordine al primo motivo di ricorso, mette conto rilevare che l’art. 2, comma 1, lett. b, secondo periodo, del d. lgs. 504/92 prevede: Sono considerati, tuttavia, non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai soggetti indicati nel comma 1 dell’articolo 9, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo- pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali.

L’art. 9, comma 1, del d. lgs 504/92 prevede: I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale, purché dai medesimi condotti, sono soggetti all’imposta limitatamente…

L’art. 59, comma 1, lett. a del d. lgs n. 446/1997 prevede: Con regolamento adottato a norma dell’articolo 52, i comuni possono: a) stabilire ulteriori condizioni ai fini dell’applicazione delle disposizioni del secondo periodo della lettera b) del comma 1 dell’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, riguardante i terreni considerati non fabbricabili, anche con riferimento alla quantità e qualità di lavoro effettivamente dedicato all’attività agricola da parte dei soggetti di cui al comma 2 dell’articolo 58 e del proprio nucleo familiare;

L’articolo 2, comma 2, del Regolamento per l’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili del Comune di Bibbona approvato con deliberazione del consiglio comunale numero 96 del 18 dicembre 1900 prevede, quale ulteriore condizione, quella che i terreni siano posseduti e condotti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale e quella che il lavoro effettivamente dedicato all’attività agricola da parte del soggetto passivo e dei componenti del nucleo familiare fornisca un reddito pari all’80% del reddito complessivo imponibile Irpef determinato per l’anno precedente.

Nel caso che occupa la contribuente ha chiesto la disapplicazione del regolamento comunale nella parte in cui prevede l’ulteriore condizione che il soggetto passivo ritragga dalla coltivazione I’80% del reddito imponibile ai fini Irpef, posto che tale condizione confligge con la norma sovraordinata che mira all’incentivazione del lavoro agricolo e tenuto conto che la qualifica di imprenditore agricolo professionale, ai sensi dell’art. 1 del d. lgs. N. 99/2004, presuppone che questi ricavi dal lavoro agricolo il 50% del proprio reddito globale da lavoro e non del reddito assoggettabile ad Irpef, ivi compreso il reddito da capitale.

Va considerato che la CTR, nel disattendere il contenuto del regolamento comunale, ha disapplicato il regolamento stesso, ai sensi dell’art 7, comma 5, del d. lgs 546/92, affermandone implicitamente l’illegittimità e ritenendo che la riduzione dell’Ici spettava alla contribuente in considerazione del fatto che ella impiegava la preminente sua forza lavorativa della coltivazione dei fondi, non rilevando il fatto che da tale attività traesse meno dell’80% del reddito complessivo assoggettabile ad Irpef. Occorre, dunque, accertare se sussistessero i presupposti per la disapplicazione del regolamento. Ora, va tenuto conto che i regolamenti, pur avendo contenuto innovativo, non debbono essere in contrasto, quale fonte normativa secondaria, con le fonti di rango superiore. Tale contrasto può essere ravvisato sia nel caso in cui il regolamento violi una norma della costituzione o della legge sia quando il suo contenuto sia irragionevole rispetto alla finalità perseguita dalla norma primaria.

Nel caso che occupa il regolamento di che trattasi non viola né la norma di cui all’art. 2 comma 1, lett. b, secondo periodo, del d. lgs. 504/92 né quella di cui all’art. 59, comma 1, lett. a, del d. lgs n. 446/1997, consentendo quest’ultima l’emanazione di regolamenti che stabiliscano ulteriori condizioni per l’ottenimento del beneficio. Neppure è ravvisabile il profilo dell’irragionevolezza del regolamento medesimo. Invero la norma di cui all’art. 2 cit. è volta ad incentivare la coltivazione dei fondi da parte dei coltivatori diretti o degli imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale ed il regolamento, nel porre come ulteriore condizione la percezione di almeno l’80% del reddito complessivo dall’esercizio dell’attività agricola, non introduce un elemento esogeno, estraneo alla ragion d’essere della nozione di imprenditore agricolo professionale in quanto, unicamente, restringe la platea dei beneficiari a quella degli imprenditori agricoli che ritraggono dal lavoro agricolo la parte preponderante del reddito complessivo, in tal modo limitando il depauperamento delle risorse comunali in funzione del beneficio concesso a chi dal lavoro agricolo trae la principale fonte del proprio sostentamento.

Peraltro questa Corte ha già avuto modo di enunciare, con riguardo a diversa fattispecie, il principio secondo cui ciò che rileva, ai fini dell’agevolazione in parola, è che il coltivatore tragga dal lavoro agricolo la sua fonte di sostentamento, avendo affermato:<< In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il trattamento agevolato previsto dall’art. 9 del d.lgs. n. 504 del 1992 per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale spetta solo a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto, a chi sia titolare di pensione, avendo ottenuto la cancellazione dall’elenco dei coltivatori diretti.>>

Ne consegue che la CTR è incorsa nella dedotta violazione per non aver fatto applicazione del regolamento comunale da ritenersi, per le ragioni esposte, pienamente legittimo.

6. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono parimenti fondati. Invero né dalla sentenza impugnata né dal controricorso è dato evincere che la contribuente si fosse doluta del valore attribuito all’area edificabile, essendosi limitata a contestare la qualifica di edificabilità attribuita ai terreni stessi. Ne consegue che la CTR, nel rigettare l’appello del Comune sul punto, ha illegittimamente confermato la decisione di primo grado resa su un argomento che esulava dall’oggetto del contendere.

7. Il motivo di ricorso incidentale rimane assorbito.

8. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dell’intero giudizio si compensano tra le parti in considerazione della mancanza di precedenti giurisprudenziali sul punto controverso.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso del Comune di Bibbona, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali dell’intero giudizio.