CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 ottobre 2021, n. 27942
Tributi – IRPEF – Ritenute operate su TFR – Rimborso
Rilevato che
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società contribuente avverso il diniego di rimborso di parte delle ritenute fiscali effettuate all’atto della cessazione del rapporto di lavoro subordinato del ricorrente (ex dipendente del Consorzio per l’Autostrada Messina-Catania, posto in quiescenza il 31 luglio 2002);
la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate rilevando che il fondo pensione del ricorrente fino al 1986 veniva alimentato per un terzo con la contribuzione dei dipendenti e per i restanti due terzi con la contribuzione del Consorzio mentre a decorrere dal primo gennaio 1987 la contribuzione era passata a totale carico del Consorzio datore di lavoro. Pertanto il Consorzio aveva differenziato il calcolo delle ritenute IRPEF da operare sul TFR in base a due distinti periodi: per gli importi dovuti fino al 31 dicembre 1986 applicando la ritenuta previo abbattimento di un terzo dell’indennità (quindi corrispondente a quella versata dal lavoratore) e per gli importi dovuti dal primo gennaio 1987 e sino alla data di cessazione del servizio, applicando la ritenuta sull’ammontare complessivo dell’indennità dovuta, in aderenza all’art. 17 del d.P.R. n. 917 del 1986, così come modificato dall’art. 4 del D.L. n. 70 del 1988.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandosi ad un unico motivo. La parte contribuente si costituisce con controricorso.
Sulla proposta del relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod.proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Considerato che
con l’unico motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.P.R. n. 917 del 1986 in quanto l’abbattimento di un terzo dell’imponibile fiscale poteva essere riconosciuto esclusivamente ai dipendenti che avevano chiuso il rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 1986.
Il motivo di impugnazione è infondato.
I contributi versati dal dipendente ai fondi pensione integrativi hanno la funzione di garantire al lavoratore un’indennità di fine rapporto al momento della cessazione del rapporto di lavoro, che ha dunque natura previdenziale (Cass. n. 3453 del 2021; Cass. n. 6488 del 2019; Cass. n. 27610 del 2018).
Secondo l’art. 17, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, nel testo vigente ratione temporis così come modificato dall’art. 4 del D.L. n. 70 del 1988, convertito in legge n. 154 del 1988 «l’ammontare netto delle indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati, è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati e l’aliquota complessiva del contributo stesso versato all’ente, cassa o fondo di previdenza».
La norma è dunque chiara nell’affermare che l’imponibile del trattamento di fine rapporto debba essere calcolato previa detrazione della parte di contribuzione posta a carico del lavoratore dipendente.
Secondo questa Corte del resto: «attesa la natura previdenziale dell’indennità in questione, ad essa vanno applicati i principi dettati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 174 del 1986 circa la detraibilità dall’imponibile delle quote contributive poste a carico degli assistiti. Sulla premessa che tale fondo previdenziale veniva alimentato esclusivamente dai contributi degli iscritti e senza alcuna partecipazione dello Stato, almeno fino al 30.11.1973, data di entrata in vigore della legge n. 734 del 1973, disponeva, fino a tale data, il diffalco dall’imponibile IRPEF dell’indennità previdenziale corrisposta dal Fondo. La norma applicabile alla fattispecie è ora costituita dall’art. 17 secondo comma del T.U. n. 917 del 1986 (che sostituisce con effetto retroattivo, il secondo comma dell’art. 2 della legge n. 482 del 1985), per il quale, in applicazione appunto dei principi enunciati – nella sentenza n. 174 del 1986 del Giudice delle leggi, l’ammontare netto complessivo dell’imponibile, in tali casi, “è costituito dall’importo dell’indennità che eccede quello complessivo dei contributi a carico del lavoratore….”. Tale criterio appare osservato dalla decisione impugnata che ha disposto che la riliquidazione dell’imposta sull’indennità di buonuscita del Fondo Previdenza Personale Dogane “debba essere calcolata previo diffalco dell’imponibile IRPEF dell’indennità previdenziale corrisposta dal Fondo stesso per il periodo che va dalla data di iscrizione al Fondo fino al 30 novembre 1973” avendo assunto come dato – incontestato al momento della decisione – che “tale Fondo Previdenziale, di versamento dall’ENPAS, veniva alimentato esclusivamente dai contributi degli iscritti, e senza alcuna partecipazione dello Stato (come datore di lavoro) almeno fino al 30 novembre 1973, data dell’entrata in vigore della legge n. 734 del 1973″» (Cass. n. 6653 del 1996; nello stesso senso Cass. n. 14286 del 1997; Cass. n. 10584 del 1997).
La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia si è attenuta ai suddetti principi là dove – rilevando che il fondo pensione del ricorrente fino al 1986 veniva alimentato per un terzo con la contribuzione dei dipendenti e per i restanti due terzi con la contribuzione del Consorzio mentre a decorrere dal primo gennaio 1987 la contribuzione è passata a totale carico del Consorzio-datore di lavoro; che pertanto il Consorzio ha differenziato il calcolo delle ritenute IRPEF da operare sul TFR in base a due distinti periodi: per gli importi dovuti fino al 31 dicembre 1986 applicando la ritenuta previo abbattimento di un terzo dell’indennità (quindi corrispondente a quella versata dal lavoratore) e per gli importi dovuti dal primo gennaio 1987 e sino alla data di cessazione del servizio applicando la ritenuta sull’ammontare complessivo dell’indennità dovuta, in aderenza all’art. 17 del d.P.R. n. 917 del 1986, così come modificato dall’art. 4 del D.L. n. 70 del 1988 – ha interpretato in maniera corretta e ragionevole la norma citata, detraendo dall’imponibile – limitatamente al periodo in cui il lavoratore ha versato dei contributi al fondo pensione – una somma percentualmente equivalente alla parte dei contributi a carico del lavoratore.
Pertanto, infondato l’unico motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va rigettato; le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 2.300,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% dei compensi e agli accessori di legge.
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