CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 settembre 2018, n. 22355
Tributi – Accertamento – Riscossione – Notificazione – Contenzioso tributario – Sanzioni amministrative
Rilevato
che il ricorrente è socio per il 50% della soc. A. srl a ristretta base azionaria, esercente la produzione di stampati in plastica (sedie, tavoli, poltroncine);
che la soc. A. srl è stata accertata per maggiori redditi e con ripresa a tassazione di imposte dirette ed Iva per gli anni, tra gli altri, 1997-1999;
che in ragione della ristretta base azionaria, sull’accertamento societario del maggior reddito conseguito per l’anno 1997, l’Ufficio ha operato la ripresa a tassazione del socio ai fini Irpef per il 1998;
che è insorto il contribuente lamentando l’incompletezza dell’atto e vizio di notifica, violazione del divieto di doppia imposizione, nonché illegittimità del presupposto accertamento societario;
che la CTP ha accolto il ricorso, non apprezzando la circostanza della ristretta base azionaria e, per l’effetto, ritenendo non ripartiti fra i soci i maggiori redditi societari accertati;
che interponeva appello l’Ufficio, spiegando difese in tema di presunzione di assegnazione ai soci dei maggiori redditi accertati su una società a ristretta base azionaria;
che la CTR rigettava l’appello, fondandosi su altra sentenza della CTP, confermata in CTR (ma non ancora passata in giudicato) che aveva annullato degli atti presupposti, relativi al contenzioso tributario con la società, di cui la fattispecie oggi all’esame è conseguente;
che ricorre per cassazione l’Ufficio, affidandosi ad un unico motivo;
che ha proposto puntuale controricorso il contribuente; che in prossimità dell’udienza la parte contribuente ha depositato memoria, ponendo in modo articolato la questione dello jus superveniens in tema di sanzioni amministrative, alla luce della novella di cui al d.lgs. n. 158/2015.
che con motivo unico di ricorso si lamenta mancanza di motivazione quale elemento della sentenza sotto il profilo della motivazione per relationem non autosufficiente, in violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4 cod. proc. civ. in parametro all’art. 360, primo comma, n. 4 medesimo codice di rito; che il motivo è fondato e va accolto;
che, in particolare, la difesa erariale lamenta come, a fronte di un contezioso pendente con la società, sopravviva l’autonomia di cognizione del giudice investito della controversia logicamente dipendente perché attinente alla devoluzione in capo ai soci del maggior reddito accertato, senza obbligo di sospensione del giudizio in ragione della pregiudizialità;
che, di conseguenza, il secondo giudice può alternativamente riunire le cause, in ragione della connessione oggettiva, ovvero decidere autonomamente, ma con stringete motivazione anche a prevenzione di un contrasto di pronunce e, in prospettiva, di giudicati;
che, in tale secondo caso, non è ammessa la motivazione per relationem, specie se di sentenza non definitiva, salvo che non sia specificamente riferita e circostanziata (cfr. Cass. n. 979/2009);
che di questo principio non ha fatto buon governo la sentenza qui gravata, perché la struttura motivazionale adottata impedisce di verificare la correttezza e congruità dell’argomentazione, non illustrando le ragioni per cui i motivi della sentenza di primo grado siano stati ritenuti meritevoli di conferma in appello;
che per quanto sopra va disattesa l’eccezione della difesa del contribuente, ove afferma non esservi interesse personale, attuale, concreto ed economicamente valutabile alla pronuncia di cassazione, poiché dalla riedizione del processo che deriva dall’accoglimento della sua domanda può ottenere il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;
che va altresì disattesa la subordinata eccezione di violazione del principio dell’autosufficienza del motivo di ricorso, trattandosi di doglianza che colpisce la motivazione per relationem, sussistente quando, come nel caso in esame, dalla sua lettura non si evincano le ragioni stesse del decidere;
che la Corte di Cassazione è giudice del “fatto processale”, sicché le compete la verifica della regolare sequenza di accadimenti processuali, di cui la motivazione è (anche) descrizione (cfr. Cass. n. 47/2014);
che sussiste il lamentato vizio di motivazione apparente, perché rimettendosi al pregresso giudizio non passato in giudicato la CTR ha abdicato all’obbligo di autonoma motivazione;
che il rapporto fra i due procedimenti non si configurava di giudicato, bensì di pregiudizialità, per il quale è prevista la sospensione di cui all’art. 295 cod. proc. civ., a garanzia che le sorti di un processo non siano -appunto- pregiudizievoli per l’altro;
che, in definitiva, il ricorso merita accoglimento, la sentenza dev’essere cassata ed il giudizio deve riprendere avanti la CTR che valuterà il rapporto di pregiudizialità fra i diversi procedimenti, nonché per la valutazione dell’applicabilità dello ius superveniens in tema di sanzioni amministrative ex d.lgs. n. 158/2015 dedotta dal ricorrente in sede di memoria.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa le la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia, Sezione staccata di Lecce, in diversa composizione, cui demanda anche la valutazione dello jus superveniens in tema di sanzioni amministrative, nonché la definizione delle spese della presente fase del giudizio.
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