CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 dicembre 2018, n. 32497
Contratto a tempo determinato – Causale giustificativa – Richiamo al CCNL – Picchi produttivi – Specificità della ragione giustificatrice del termine – Identificazione e verificabilità dell’esigenza aziendale
Rilevato che
1. con sentenza del 2 dicembre 2014 la Corte d’Appello di Reggio Calabria, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto il ricorso proposto da S.D.R. volto a far dichiarare l’illegittimità del termine apposto al contratto a tempo determinato intercorso con la I.B. Automobile Logistics Italia Spa dal 10 ottobre al 31 dicembre 2008;
la Corte ha ritenuto non generica la causale giustificativa di tale contratto specificata, con richiamo all’art. 61 del CCNL per i lavoratori dei porti, nella necessità di “… far fronte alle attività di picchi produttivi”, chiarendosi, anche con il richiamo alla norma pattizia, che l’assunzione era stata determinata da particolari punte di attività in dipendenza di commesse che si erano avute nel porto di Gioia Tauro e che rendevano necessaria detta prestazione lavorativa, come poteva desumersi anche nelle indicazioni contenute nei contratti medesimi relative alle mansioni affidate al lavoratore, al luogo della prestazione lavorativa, alla durata della prestazione;
ha altresì ritenuto provata in fatto la ricorrenza di tale causale giustificativa, sia alla luce delle produzioni documentali sia tenuto conto della prova testimoniale;
2. il soccombente ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza impugnata sulla base di 3 motivi, ai quale ha resistito la società con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie;
Considerato che
1. il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del d. lgs. n. 368 del 2001 e dell’art. 61 del CCNL Lavoratori dei Porti, eccependo che la clausola “attività di picchi produttivi” contenuta nel contratto di lavoro in contesa “non soddisfa il requisito di specificità abbisognando essa stessa di essere specificata” e che “neppure il rinvio contenuto all’art. 61 del CCNL consente di ritenere superato il vaglio di specificità … non potendosi specificare una causa attraverso il rinvio ad altra norma generica”; il secondo motivo di ricorso denuncia ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 61 del contratto collettivo citato nonché dell’art. 12 delle preleggi, degli artt. 115 e 116 c.p.c., degli artt. 1362 e ss. c.p.c., sostenendo che “come si evince dalla lettera della norma contrattuale le assunzioni a termine … riguardano non qualsivoglia tipo di incremento di attività ma solo quelle connesse <a prospettive di mercato> che la I.B. non ha allegato, né provato o chiesto di provare”;
i motivi, esaminabili per connessione in quanto investono la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto specifica la clausola apposta al contratto a tempo determinato in controversia, non meritano accoglimento;
la specificità della ragione giustificatrice del termine sussiste quando gli elementi indicati nel contratto di lavoro consentono di identificare e di rendere verificabile la esigenza aziendale che legittima la previsione della clausola accessoria, senza imporre al datore di lavoro l’onere di formalizzare la temporaneità dell’esigenza posta a giustificazione dell’assunzione (Cass. n. 208 del 2015) e spettando al giudice valutare ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi (Cass. n. 10033 del 2010); pertanto il riferimento ad una intensificazione della attività, in coerenza con una previsione collettiva, accompagnato da altri dati di conoscenza, come l’indicazione delle mansioni rilevanti, dell’ambito territoriale e del periodo temporale in considerazione, consentono la individuazione della ragione organizzativa ed il susseguente controllo della sua effettività e della inerenza alla assunzione;
tale principio è stato già enunciato da questa Corte in riferimento a clausole di analogo tenore contenute nel contratto di somministrazione a termine, come «picchi di produzione» (Cass. n. 15076 del 2016) e «punte di intensa attività» (così Cass. n. 2521 del 2012; Cass. n. 8120 del 2013; Cass. n. 21001 del 2014) ed è applicabile anche per il contratto di lavoro subordinato a termine (da ultimo Cass. n. 5379 del 2018);
è stato infatti chiarito che il giudice del merito nella verifica di specificità, che compete al suo apprezzamento, può utilizzare tutti i dati risultanti dal contratto, dovendo anche valutare se il riferimento ad «una intensificazione della attività» accompagnato da altri dati di conoscenza «consent(a) la individuazione della ragione organizzativa ed il susseguente controllo della sua effettività e del rapporto di causalità con la assunzione» (cfr., di recente, in motivazione: Cass. nn. 6944 e 24842 del 2018), per cui non merita censura la Corte territoriale che ha effettuato la sua verifica in conformità ai principi sopra espressi;
2. il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, criticando la sentenza impugnata per aver ritenuto raggiunta la prova dell’incremento produttivo legittimante l’assunzione a termine;
la censura, così come formulata, è inammissibile;
la sussistenza delle ragioni che giustificano il ricorso al contratto a tempo determinato nella concretezza della vicenda storica che ha dato origine alla controversia è tipicamente una quaestio facti il cui accertamento appartiene al dominio esclusivo del giudice di merito e non può essere rivalutato in sede di legittimità (Cass. n. 6933 del 2012; Cass. n. 21001 del 2014; Cass. n. 21916 del 2015; Cass. n. 23513 del 2017; da ultimo, rispetto a clausola appositiva del termine di analogo contenuto, v. Cass. n. 19734 del 2018);
nel motivo in esame, invece, solo formalmente si denuncia anche un error in iudicando, anche attraverso l’improprio riferimento agli artt. 115 e 116 (cfr. Cass. n. 23940 del 2017 e Cass. n. 25192 del 2016, con la giurisprudenza ivi richiamata), mentre nella sostanza si critica proprio la sentenza impugnata per aver ritenuto dimostrata la ricorrenza in fatto dei presupposti giustificativi indicati nei contratti a termine, ma tale accertamento di fatto non è sindacabile in sede di legittimità oltre i limiti imposti dal novellato art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte con le sentt. nn. 8053 e 8054 del 2014 (con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici), di cui parte ricorrente non tiene alcun conto, pretendendo piuttosto una rivalutazione degli accadimenti storici che hanno dato luogo alla controversia;
3. conclusivamente il ricorso va respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfettario al 15% e accessori secondo legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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