CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 dicembre 2021, n. 39949
Lavoro – Contratto di prestazione sportiva professionistica – Infortunio – Superamento del periodo di comporto
Rilevato che
1. il Tribunale di Firenze ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta ai sensi degli artt. 412 quater, comma 10, cod. proc. civ. e 808 ter cod. proc. civ. da AS V.C. s.r.l. avverso il lodo irrituale emesso in data 20.7.2018 dal Collegio arbitrale presso la Lega Italiana Calcio Professionistico;
1.1. con tale lodo, per quel che qui rileva, il Collegio arbitrale ha respinto la domanda della AS V.C. s.r.l. intesa all’accertamento che nulla era dovuto al calciatore S., assunto dalla società con contratto di prestazione sportiva professionistica, in relazione al periodo decorrente tra la fine del periodo di comporto (scaturito da infortunio lavorativo) e la data di risoluzione del rapporto di lavoro stabilita con decorrenza dal 24 gennaio 2018 da Collegio arbitrale adito in precedenza; in accoglimento della domanda riconvenzionale dello S. ha condannato la società al pagamento in favore di questi delle mensilità maturate nel periodo decorrente dal giugno 2017 a 24 gennaio 2018 – quantificate in € 146.315,56, oltre accessori;
1.2. il giudice adito ha ritenuto che le doglianze avanzate dalla AS V.C. s.r.l. (mancata osservanza delle regole imposte dalle parti come condizione di validità del lodo, mancata effettuazione di attività istruttoria e mancata utilizzazione di quella ammessa nel precedente arbitrato, errata interpretazione dei fatti accaduti, del contenuto del primo lodo e delle richieste formulate dalle parti) non integrassero alcuna delle ipotesi di impugnabilità del lodo arbitrale di cui all’art. 808 ter comma 3 cod. proc. civ. né potessero dare luogo ad una fattispecie di errore quale vizio del consenso; ciò in quanto la doglianza sviluppata <<nella sostanza>> era intesa a denunziare che in violazione della normativa di legge e sulla base di un’errata lettura dell’accordo collettivo, la risoluzione del rapporto di lavoro non era stata pronunziata con effetto dalla data di superamento del periodo di comporto ma con riferimento ad epoca successiva; tale doglianza si traduceva in un’inammissibile rivisitazione del primo e non impugnato lodo irrituale che aveva statuito alla data del 24.1.2018 la risoluzione del contratto fra le parti;
2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’AS V.C. s.r.l. sulla base di due motivi illustrati con memoria; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso ulteriormente illustrato con memoria da ritenersi tardiva in quanto depositata in data 28 settembre 2021, in violazione del termine di dieci giorni prima dell’adunanza fissata per la camera di consiglio di cui all’art. 380 – bis. 1. cod. proc., civ.;
Considerato che
1. con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti o accordi collettivi di lavoro censurando la statuizione di inammissibilità del ricorso; sostiene che le doglianze articolate ben potevano essere sussunte sotto le ipotesi previste dall’art. 808 ter n. 4 e o n. 5 cod. proc. civ. che consentono di impugnare il lodo quando gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizioni di validità del lodo (n. 4) e per violazione del principio del contraddittorio (n. 5);
1.1. le parti avevano imposto l’applicazione di norme di diritto positivo al fine della validità del lodo per cui il Collegio arbitrale, in assenza di una chiara regolamentazione specifica in ordine all’obbligo retributivo della società, una volta decorso il periodo di comporto di cui all’Accordo collettivo di categoria, avrebbe dovuto applicare l’art. 2110 cod. civ.; il Club, sulla premessa che anche superato il periodo di comporto non aveva più potuto utilizzare il calciatore, ancora infortunato, aveva chiesto una riduzione totale o parziale degli stipendi;
2. con il secondo motivo deduce nullità della sentenza o del procedimento; correttamente il giudice aveva respinto la richiesta ex art. 96 cod. proc. civ. di controparte ma aveva errato nel ritenerla comunque ammissibile pur in assenza di richiesta di differimento della prima udienza;
3. il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità. Parte ricorrente si duole, in sintesi, della errata interpretazione dei motivi di doglianza al lodo sollevati davanti al Tribunale, motivi che assume essere riconducibili alle ipotesi contemplate dall’art. 808 ter cod. proc. civ. per la dedotta violazione delle regole imposte alle parti come condizione di validità del lodo ma omette, in violazione della prescrizione di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., di trascrivere il contenuto del ricorso proposto davanti al Tribunale nonché il contenuto dell’atto con il quale ha adito il Collegio arbitrale, adempimenti questi indispensabili al fine della verifica della fondatezza delle censure articolate sulla base del solo ricorso per cassazione, senza il sussidio di altre fonti, non essendo la Corte di cassazione tenuta a ricercare, al di fuori del contesto del ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo (Cass. n. 4840 del 2006; Cass. n. 16360 del 2004; Cass. Sez. Un. n. 2602 del 2003; Cass. n. 4743 del 2001);
4. il secondo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di interesse ad impugnare posto che la domanda di condanna al risarcimento del danno ex art. 96 cod. proc. civ., se pure ritenuta ammissibile dal primo giudice, non aveva nel merito trovato accoglimento;
5. alla inammissibilità del ricorso consegue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza;
6. ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della Associazione ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 6.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge, con distrazione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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