CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 dicembre 2021, n. 40013

Tributi – IVA di gruppo – Trasferimento del credito delle controllate – Utilizzo in compensazione per imposta di gruppo – Omessa prestazione di garanzia – Indebita compensazione

Rilevato che

L’Agenzia delle entrate impugna per cassazione, con un motivo, la sentenza della CTR del Veneto n. 11310/1/14 che, confermando la decisione della CTP di Treviso, aveva annullato, limitatamente alla sanzione irrogata, gli avvisi di pagamento, per Iva, interessi e sanzioni, emessi per l’anno 2008 nei confronti della società D.D. Spa, controllante, e delle società S. Srl e D. Srl (quest’ultima incorporante della I. Immobiliare Srl), controllate, tutte optanti per la procedura di liquidazione dell’Iva di gruppo, per aver queste seconde trasferito un proprio credito alla controllante, che lo aveva utilizzato in compensazione con il debito d’imposta in capo al Gruppo, in assenza di valida prestazione della garanzia fideiussoria ex art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972.

Le contribuenti resistono con controricorso, poi illustrato con memoria, con cui propongono altresì ricorso incidentale con quattro articolati motivi.

In particolare, le società deducono l’ammissibilità dell’atto, pur notificato in data 26 settembre 2017 a fronte della notifica del ricorso avvenuta il 16 marzo 2015, in quanto già tempestivamente notificato. Rilevano, sul punto, che il controricorso, iscritto al R.G.N. 1184/2015, non era stato riunito al ricorso, qui in esame, proposto dall’Ufficio, per cui la Corte, con ordinanza n. 4590/2016, aveva dichiarato l’improcedibilità del giudizio per difetto di deposito. Nelle more del giudizio di merito„ l’Ufficio, in esito alla sentenza di primo grado della CTP di Treviso, iscriveva a ruolo, in via provvisoria, le somme dovute da D.D., nonché dalle altre società quali responsabili in via solidale, per i tributi non corrisposti.

L’impugnazione delle cartelle da parte delle contribuenti era rigettata dalla CTP di Treviso. La decisione era confermata dalla CTR del Veneto n. 1250/7/16, la quale rilevava altresì la definitività della sentenza n. 1310/1/14 per la “dichiarata improcedibilità del ricorso davanti alla Cassazione”.

Le contribuenti propongono ricorso per cassazione, con cinque motivi, poi illustrato con memoria.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale con due motivi, con cui contesta, in specie, l’ordinanza n. 4590/2016 della Corte.

Considerato che

1. Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso R.G.N. 13514/17 al ricorso R.G.N. 8135/15, sussistendo ragioni soggettive e, come si chiarirà, parzialmente oggettive di connessione.

1.1. Come emerge dalla narrazione in fatto, il ricorso dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza 1310/1/14 della CTR del Veneto (erroneamente indicato con il n. 130/1/14), a seguito della mancata riunione con il controricorso e il ricorso incidentale delle contribuenti, è stato dichiarato improcedibile da questa Corte con l’ordinanza n. 4590/2016 per omesso deposito, ancorché esso fosse stato iscritto al R.G.N. 8135/15 qui in esame.

1.2. Con il ricorso incidentale proposto in relazione a R.G.N. 13514/17 – relativo alla cartella emessa ex art. 68 d.lgs. n. 546 del 1992 sulla statuizione sfavorevole alle contribuenti nel giudizio sul merito dell’accertamento e relativa alla sola imposta – l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso incidentale con due motivi, con i quali da un lato attinge la pronuncia della CTR n. 1250/7/16 nella parte in cui afferma che l’iscrizione a ruolo non ha fatto altro che rendere esecutiva la decisione della sentenza confermata in secondo grado e «cristallizzata poi dichiarata improcedibilità del ricorso avanti alla Cassazione» e, dall’altro, individuata la suddetta decisione, alla luce del ricorso delle contribuenti, con l’ordinanza n. 4590/2016, deduce, al primo motivo, «al di là del ricorso per revocazione di tale ordinanza che viene contestualmente proposto ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c.».

1.3. Si pone, dunque, la necessità di valutare se tale indicazione assurga a ricorso per revocazione dell’ordinanza della Corte n. 4590/2016, tenuto conto degli evidenti riflessi che la questione ha sul ricorso R.G.N. 8135/15 (oltre che sui ricorsi incidentali) e che, dai registri di cancelleria, non risulta presentato alcun autonomo ricorso di tal genere e, anzi, le uniche iscrizioni relative alle medesime parti in giudizio sono quelle qui in discussione.

2. Va escluso che la doglianza integri un ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c.

È del tutto assente, infatti, una richiesta diretta a revocare l’ordinanza n. 4590/2016 di cui si deduce, in realtà, l’irrilevanza sull’assunto che il ricorso relativo al R.G.N. 8135/15 era stato tempestivamente depositato, iscritto ed è tuttora pendente, sicché non può essere ritenuto improcedibile.

Manca, in ogni caso, una qualsivoglia richiesta di statuizione in ordine alla citata ordinanza n. 4590/2016, essendo l’intero ricorso incidentale esplicitamente rivolto a contestare la sentenza della CTR n. 1250/7/16, alla quale – in una prospettiva invero poco chiara – viene imputata la presenza di un errore revocatorio in dipendenza della sopra riportata dichiarazione della “cristallizzazione” della sentenza n. 1310/1/14.

2.1. Anche ammettendo, peraltro, che – sia pure in via indiretta – il motivo del ricorso incidentale possa esser riconducibile ad un ricorso per revocazione dell’ordinanza n. 4590/2016 (o che tale fosse l’intento dell’Agenzia ricorrente nell’affermarne la sua “contestuale” proposizione), lo stesso è inammissibile, non essendo sicuramente proponibile, nella vicenda in giudizio, nelle forme del ricorso incidentale rispetto al ricorso proposto avverso la decisione della CTR n. 1250/7/16.

Ai sensi dell’art. 371 c.p.c., infatti, «La parte di cui all’articolo precedente deve proporre con l’atto contenente il controricorso I ‘eventuale ricorso incidentale contro la stessa sentenza» e tale formulazione rende esplicito che il ricorso incidentale può essere proposto solo contro la medesima sentenza oggetto di impugnazione principale e non avverso un diverso atto. Ne deriva, dunque, che, in linea generale, è ipotizzabile un ricorso per revocazione proposto in via incidentale solo quando anche il ricorso proposto in via principale abbia natura di ricorso per revocazione, venendo in questo caso entrambi i ricorsi ad attingere il medesimo atto.

3. Dalle considerazioni su espresse, risulta dunque intangibile l’ordinanza n. 4590/2016 che ha dichiarato improcedibile il ricorso dell’Agenzia delle entrate.

Da ciò deriva l’inammissibilità del ricorso di cui al R.G.N. 8135/15 attesa l’avvenuta definitiva statuizione dell’indicata ordinanza.

3.1. La medesima sorte spetta al controricorso e al ricorso incidentale delle contribuenti.

L’ordinanza n. 4590/2016, difatti, ha necessariamente travolto anche il controricorso e i ricorsi incidentali che le contribuenti deducono proposti in quella sede, giudizio al quale – giova precisarlo – le stesse hanno partecipato (e non sono state “estromesse”), ottenendo anche la condanna al pagamento delle spese, trattandosi di gravame dipendente dal ricorso principale e di cui è pertanto esclusa – in questa sede – una autonoma reviviscenza.

Né appare ipotizzabile un autonomo rilievo al ricorso incidentale qui riproposto, che, oltre ad accedere ad un ricorso inammissibile (per le ragioni sopra esposte), integra, in sostanza, la riproposizione dei ricorsi incidentali già presentati (dunque inammissibile per la consumazione del potere di impugnazione) ed è tardivo, esclusa ogni rimessione in termini (la cui istanza è stata formulata, peraltro, in dipendenza della eventuale ammissibilità del ricorso dell’Agenzia).

4. Passando all’esame del ricorso R.G.N. 13514/17, va dato atto, preliminarmente, che le contribuenti avevano presentato istanza di definizione agevolata ai sensi dell’art. 11 d.l. n. 50 del 2017, cui l’Amministrazione aveva opposto diniego per l’omesso versamento delle somme dovute, atto questo non impugnato.

5. Il primo motivo del ricorso principale denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la CTR omesso di pronunciare sul motivo con si denunciava la “nullità inesistenza/abnormità della sentenza di primo grado con conseguente rimessione al giudice di prime cure”. La carenza della motivazione della sentenza di primo grado, ad avviso delle ricorrenti, determinava un sostanziale “salto di grado”, da cui la necessità della rimessione al primo giudice.

5.1. Il motivo è inammissibile e per più ragioni. Va detto, in primo luogo, che, per costante giurisprudenza, il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di merito, e non anche, come nella specie, in caso di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito (v. Cass., 25/1/2018, n. 1876; Cass., 26/9/2013, n. 22083; Cass., 23/1/2009, n. 1701).

La censura, per come articolata (assente una esatta riproduzione di quanto dedotto in appello, in carenza di autosufficienza), mira infatti ad invocare una interpretazione analogica dell’art. 59 d.lgs. n. 546 del 1992, da cui la necessaria deduzione dello specifico vizio (in realtà neppure ipotizzabile ponendosi la tesi in contrasto con la consolidata ed unanime giurisprudenza della Corte).

Ove, invece, la censura in appello fosse da intendersi come diretta a lamentare l’adeguatezza della motivazione del giudice di primo grado, la doglianza sarebbe ugualmente inammissibile poiché volta a contestare la decisione della CTP anziché quella della CTR che ha operato un autonomo esame del giudizio.

6. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’eccepita illegittimità della pretesa contenuta nelle cartelle per la sussistenza del diritto alla compensazione ex art. 8 l. n. 212 del 2000.

6.1. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 8 l. n. 212 del 2000 e 53 Cost. dovendosi ritenere cristallizzato, a far data dal 31 dicembre 2013, per decadenza dell’Amministrazione dal potere di controllo, il controcredito Iva utilizzato nell’ambito del gruppo, di pari importo a quello preteso dall’Amministrazione, a seguito del disconoscimento dell’utilizzo dello stesso.

Sottolinea, inoltre, la carente valutazione delle argomentazioni della contribuente (DIA2 in particolare) sul rischio di fallimento conseguente all’azione dell’Amministrazione.

7. I motivi, che possono essere esaminati unitariamente per connessione logica, sono infondati e al limite dell’inammissibile.

7.1. La CTR, in primo luogo, non ha omesso di pronunciare, ma anzi, ha esplicitamente statuito che «il giudizio di questo collegio non può che riguardare solo la legittimità e la correttezza del ruolo a cui le cartelle fanno riferimento, non potendo entrare nel merito della pretesa che è già stata decisa da altre commissioni che si sono interessate degli atti prodromici», ritenendo quindi inammissibile la deduzione sulla asserita eccezione di compensazione.

7.2. La doglianza, inoltre, oltre a non essere proponibile in sede di opposizione alla riscossione, introducendo un accertamento di merito ad essa estraneo, è infondata in diritto.

Va considerato, infatti, che, contrariamente a quanto ritengono le contribuenti, «in materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso ed ogni deduzione sono regolate da specifiche e inderogabili norme di legge», principio che non può considerarsi superato per effetto dell’art. 8, comma 1, l. n. 212 del 2000, che ha comunque lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione dell’istituto ai tributi per i quali non era contemplato (v. Cass. n. 17001 del 09/07/2013; Cass. n. 10207 del 18/05/2016; da ultimo Cass. n. 12136 del 26/01/2021).

7.3. È, in ogni caso, inesatto l’assunto su cui si fonda la pretesa delle ricorrenti, ossia che si sia realizzata una “cristallizzazione” dell’asserito invocato controcredito.

È sufficiente richiamare, sul punto, la recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 21765 del 29/07/2021, secondo la quale «In tema di rimborso dell’eccedenza detraibile di Iva, l’amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente in dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell’imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del potere di accertamento o di rettifica dell’imponibile e dell’imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento», per evidenziare che nessuna decadenza è opponibile all’Amministrazione, né, dunque, una cristallizzazione del credito.

8. Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 1292 c.c., 6, comma 2, d.m. n. 11065 del 13 dicembre 1979 e 53 Cost. in merito alla contestata eccezione di duplicazione dei ruoli e delle pretese della riscossione in  quanto effettuate nei confronti di tutte le società contribuenti.

8.1. Pure tale doglianza è infondata, investendo, come osservato dalla CTR, una questione afferente il merito delle pretese trasposte in cartella, con la quale – come accertato dalla CTR e, in realtà, neppure contestato dalle stesse ricorrenti – era stata semplicemente data esecuzione a quanto statuito con la sentenza.

Va rilevato, del resto, che la cartella di pagamento è equiparata all’atto di precetto rispetto al titolo esecutivo costituito dal ruolo, sicché la stessa non è di per sé illegittima per la duplicazione dei ruoli in mancanza di una previsione normativa in tal senso per i titoli esecutivi, salvo il potere del debitore di opporsi, in sede esecutiva, ove ciò si traduca in una duplicazione della pretesa creditoria (Cass. n. 6526 del 16/03/2018).

9. Il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la CTR omesso di pronunciare sulla dedotta applicazione dello ius superveniens dell’art. 38 bis, come sostituito dall’art. 13 d.lgs. n. 175 del 2014.

9.1. Il motivo è infondato.

La questione, infatti, attiene, ancor più chiaramente, a profili pertinenti al merito della pretesa, sicché essa non era proponibile in sede di ricorso avverso la cartella.

Da ciò, l’evidente esplicitazione della statuizione della CTR che ha escluso l’ammissibilità di tutte le questioni non afferenti la legittimità e la correttezza del ruolo.

10. Con il ricorso incidentale l’Agenzia delle entrate denuncia: 1) ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 369, primo comma, e 324 c.p.c. per aver la CTR ritenuto la decisione della CTR n. 1310/1/14 “cristallizzata dalla dichiarata improcedibilità del ricorso innanzi alla Cassazione”; 2) ultrapetizione in relazione alla medesima affermazione della CTR.

10.1. I motivi, che possono essere esaminati unitariamente investendo la medesima questione, sono inammissibili.

10.2. Oltre a quanto già sopra rilevato in ordine al primo motivo, considerazioni che qui sono espressamente richiamate, è dirimente che le doglianze investono un profilo del tutto estraneo alla ratio della decisione, riducibile ad un merci obiter, in alcun modo rilevante per la statuizione di merito.

L’oggetto del giudizio, infatti, riguardava la cartella emessa, quale attuazione delle decisioni avverso gli avvisi, per i soli tributi, sicché ogni affermazione sulla debenza o meno delle sanzioni ovvero sull’esito ulteriore del giudizio sulle stesse era privo di ogni incidenza ai fini della decisione.

11. In conclusione, vanno dichiarati inammissibili il ricorso principale e quello incidentale di cui al R.G.N. 8135/2015, mentre vanno rigettati il ricorso principale e quello incidentale (quest’ultimo per inammissibilità dei motivi) di cui al R.G.N. 13514/17. Le spese, attesa la reciproca soccombenza, vanno compensate.

P.Q.M.

previa riunione dei ricorsi, dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale di cui al R.G.N. 8135/2015; rigetta il ricorso principale e quello incidentale di cui al R.G.N. 13514/17.

Compensa le spese di entrambi i giudizi.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali di cui al R.G.N. 8135/2015, nonché da parte dei ricorrenti principali di cui al R.G.N. 13514/17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, rispettivamente, per il ricorso incidentale e per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.