CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 febbraio 2020, n. 3735

Tributi – Accertamento – Società in accomandita semplice – Cancellazione senza liquidazione – Società a ristretta base societaria – Presunzione di distribuzione occulta ai soci di utili provenienti dalla società – Responsabilità solidale socio accomandante – Onere di prova contraria

Rilevato

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Toscana, che aveva accolto l’appello proposto dalla contribuente B. A. avverso una sentenza della CTP di Siena, di rigetto del ricorso dalla medesima proposto avverso una cartella di pagamento, emessa nei suoi confronti, quale socia accomandante della s.a.s. “D. TV”, cancellata dal registro delle imprese; la contribuente, in tale sua veste, era stata ritenuta coobbligata con quest’ultima società per il pagamento delle imposte da quest’ultima non versate;

Considerato

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo, l’Agenzia lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 comma 2, 2312 e 2324 cod. civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., in quanto nei confronti della s.a.s. “D. TV”, di cui la contribuente era socia accomandante al 90%, erano stati emessi due avvisi di accertamento per maggiori imponibili anni 2004 e 2005, impugnati dalla società innanzi alla CTP; e, nel corso dei relativi giudizi, la società anzidetta era stata cancellata dal registro delle imprese, i relativi giudizi erano stati dichiarati estinti, con conseguente definitività degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società anzidetta; a seguito di ciò, era stato iscritto a ruolo a titolo straordinario una parte delle somme dovute dalla società nei confronti della contribuente B. A., quale socia accomandante della società, titolare del 90% del capitale sociale; invero, dopo la riforma del diritto societario, di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, anche dopo l’estinzione di una società le obbligazioni dei creditori si trasferivano in capo ai soci in base ad un fenomeno di tipo successorio; ed il conseguimento dei beni all’esito della liquidazione costituiva solo il limite quantitativo della successione dei soci nelle obbligazioni sociali; invero, in caso di accertamenti nei confronti di società di persone cancellate, la prova della percezione di utilità all’esito della liquidazione era in re ipsa; nell’ipotesi poi di società in accomandita semplice, qual’era quella in questione, la presunzione di distribuzione occulta era ancora più appropriata, in quanto l’accertamento era stato emesso nei confronti di un socio accomandante titolare del 90% delle quote sociali e, come tale, dominus sostanziale dell’attività, si che, nella specie, non poteva essere chiesta un’ulteriore prova specifica circa la percezione di quote di liquidazione o di utilità ulteriori da parte del socio, anche perché, nella specie, non vi era stata liquidazione e non era stato depositato alcun bilancio di liquidazione;

che, con il secondo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta nullità della sentenza per omessa motivazione e violazione degli artt. 132 comma 2 n. 4 cod. proc. civ., 118 comma 1 disp. att. cod. proc. civ. e 36 del d. Igs . n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 cod. proc. civ., in quanto la CTR aveva omesso di indicare gli elementi di fatto ritenuti significativi ed era pervenuta in modo apodittico alla conclusione che l’ufficio non aveva fornito alcuna prova dell’attribuzione alla contribuente di quote ed utilità della s.a.s. “D. TV”;

che la contribuente non si è costituita;

che i due motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle entrate, da trattare congiuntamente siccome strettamente correlati fra di loro, sono fondati;

che, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 15474 del 2017; Cass. n. 23916 del 2016), ai sensi dell’art. 2495 comma 2 cod. civ., dopo la cancellazione di una società dal registro delle imprese, i creditori insoddisfatti possono far valere i propri crediti nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, si che, in via generale, l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, ove il socio sia limitatamente responsabile per i debiti sociali e che, pertanto, normalmente è il creditore sociale tenuto a provare che l’importo preteso sia di ammontare uguale o superiore a quello riscosso dal socio, in quanto la percezione di una quota dell’attivo sociale assurge ad elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato dal creditore nei confronti del socio;

che quanto sopra non vale tuttavia per la specie in esame, nella quale la s.a.s. “D. TV” è stata cancellata dal registro delle imprese senza essere stata mai posta in liquidazione e senza che sia stato mai approvato alcun bilancio finale di liquidazione;

che, inoltre, nel caso in esame, il credito azionato è un’obbligazione tributaria, fatta valere nei confronti della contribuente quale socia di una società a ristretta base sociale, non essendo controverso che la contribuente era socia accomandante della citata s.a.s. “D. TV”, titolare del 90% delle quote sociali, e quindi sostanziale “domina” dell’attività commerciale svolta dietro lo schermo societario;

che, pertanto, nel caso in esame, in deroga alla giurisprudenza formatasi in ordine all’applicazione dell’art. 2495 comma 2 cod. civ., è da ritenere ammissibile la presunzione di attribuzione al socio di utili conseguiti dalla società di appartenenza, in quanto la ristrettezza dell’assetto societario implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale; ed è noto che detta presunzione, legittima ai sensi dell’art. 39 comma 1 lettera d del d.P.R. n. 600 del 1973, comporta l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, essendo quest’ultimo tenuto a provare di non avere acquisito utili provenienti dalla società (cfr. Cass. n. 20851 del 2005; Cass. n. 1947 del 2019);

che pertanto la sentenza impugnata va cassata e gli atti trasmessi alla CTR della Toscana in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Toscana in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.